La penitenza del tempo di Quaresima
di Giuliva Di Berardino
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LA VITA CRISTIANA NON È UNA VITA COMODA, MA UNA VITA IN CUI SI CERCA CONTINUAMENTE DI VIVIFICARE, OGNI GIORNO, IL DONO DELLA CONVERSIONE
Il tempo di Quaresima ci ricorda che la vita cristiana non è una vita comoda, ma una vita in cui si cerca continuamente di vivificare, ogni giorno, il dono della conversione.
San Serafino di Sarof, un santo monaco russo ortodosso, affermava che il fine della vita cristiana è acquisire lo Spirito Santo. La quaresima è quel tempo che ci viene offerto per permettere che la vita dello Spirito Santo in noi cresca fino a farci rivivere la gioia di una nuova vita. Per questo la Chiesa ci mette in condizione, grazie al tempo di Quaresima, di fare continuamente memoria della nostra conversione, di quel momento indimenticabile in cui abbiamo visto una luce nuova, sentito uno slancio nuovo, e deciso di dare una direzione nuova alla vita.
Nella nostra vita, vita di cristiani, la prima conversione è importante, ma ancora più importanti e difficili sono le conversioni successive, quelle che ci legano al quotidiano, che ci immettono nel reale con la luce di Dio e non più con i nostri criteri e le nostre visioni della vita. Ecco allora che la sapienza della Chiesa ci insegna a restare giovani nel cuore, sempre disposti alla novità dello Spirito Santo, attraverso la preghiera, l’invocazione del perdono e della misericordia di Dio per noi e per tutta l’umanità, l’ascolto della Parola di Dio, perché continuamente ci apriamo alla possibilità che ciò che non è bello e buono in noi può cambiare, che possiamo migliorare.
La memoria del peccato, della sofferenza procurata a se stessi e agli altri non viene richiesta dalla Chiesa per condannarci, ma perché possiamo sempre ricordarci che possiamo uscire da ogni esperienza negativa che possiamo vivere, perché nella nostra vita già il Signore ci ha salvato e ancora una volta non ci abbandonerà. Il nostro cuore indurito può cambiare non per la nostra convinzione, non per la nostra bravura nel pregare o nel digiunare, ma perché l’amore del Signore ci è venuto incontro, e anche oggi, come sempre e per sempre, è disposto ad ascoltare la nostra supplica, non sarà sordo alle nostre richieste.
Questo amore ci spinge a convertirci ancora di più, a purificarci dai nostri sospetti su noi stessi e sugli altri, e a chiedere con insistenza al Signore un cuore contrito e umiliato, come ha fatto il Re Davide nel Salmo 50, composto nel tempo della sua penitenza. La penitenza quaresimale, quindi, è un percorso interiore, intimo e personale, ma anche di tutta la Chiesa per respingere tutto ciò che ci può portare fuori strada, rifiutare i falsi valori che ci ingannano e che, invece di lasciare spazio a Dio e agli altri in noi, potrebbe alimentare il nostro egoismo, non facendoci più gustare l’amore di Dio.
Allora bisogna ricordare, come ci dice papa Francesco, che la Quaresima non è un tempo di lutto e di tristezza, ma di penitenza. Ascoltiamo le sue parole: “La Quaresima non è un tempo triste! A questo dobbiamo essere attenti. È un tempo di penitenza, non un tempo di lutto. È un impegno gioioso e serio per spogliarci del nostro egoismo, del nostro uomo vecchio, e rinnovarci secondo la grazia del nostro Battesimo”.
Una caratteristica interessante è che la penitenza quaresimale porta una grazia che ci rende nuovi, ma, di fatto, consiste nel praticare tre “esercizi” che non sono nuovi, ma erano già presenti nella tradizione della fede biblica ebraica: il digiuno, la preghiera e l’elemosina.
– Il digiuno significa l’astinenza dal cibo, ma comprende altre forme di privazione per una vita più sobria. Il digiuno infatti è un’usanza molto antica, praticata in quasi tutte le religioni ed è una della pratiche ascetiche più efficaci. Anche Gesù fa del digiuno un’arma spirituale perché pratica questa forma di preghiera per quaranta giorni, come racconta il Vangelo secondo Matteo 4,2, però il Vangelo stesso lascia intendere che per Gesù il digiuno non è una questione di norma, ma una questione relazionale. Si digiuna, secondo Gesù, quando lo sposo è tolto, quando si avverte il bisogno di una presenza che però è assente. Si digiuna non quando si ha bisogno di ottenere un premio per un qualsiasi stato di perfezione di cui si va alla ricerca, ma nello stare nella relazione, anche se c’è un’assenza. La perfezione che altri ricercano nel digiuno, per Gesù è nella relazione, che Lui stesso identifica come sponsale, una relazione che perciò implica la libertà della persona. La parola sponsalità ha a che fare con la radice latina del verbo “rispondere”: Gesù si definisce “sposo” in questa parabola che racconta, perché Lui fa di tutti noi la risposta d’amore che il Padre attende. Ecco allora che comprendiamo perché Gesù non impone il digiuno, perché il cammino con Gesù ci porta alla libertà, una libertà che va oltre i doveri, anzi, che li vanifica perché l’amore supera ogni pratica ascetica, ogni penitenza! E’ per donarci questa libertà che Gesù perde la sua vita, anzi dona la sua vita! Allora, se è vero che il digiuno è un mezzo importante per controllarsi, e dominarsi, ed esiste per questo in quasi tutte le religioni, nella fede cristiana è semplicemente uno dei tanti modi per entrare in relazione con Dio e con gli altri, per sentire nel corpo lo stato di chi è povero e di chi non riesce a sostenersi per vivere. Ieri il Vangelo ci parlava di donare la vita, oggi ce ne indica una possibilità: nel digiuno. Allora oggi se digiuniamo, come la liturgia ci suggerisce, ricordiamoci di farlo per amore, in comunione con chi ogni giorno dona la vita, anzi, in risposta a Colui che ci ha amato per primo, donando la Sua vita. Come Gesù ci ha insegnato, amiamo, digiunando, nella libertà, per dare la possibilità a tutti di rispondere all’amore di Dio nella libertà.
– L’elemosina che significa provare il sentimento della pietà, questo ci dice l’etimologia di questa parola. Dio ha pietà di noi, perciò in noi l’amore di pietà diventa un’esigenza che, se ascoltata e attuata, ci migliora. Come la pratica del digiuno, anche l’elemosina nasce dalla relazione con Dio, che ci porta non solo a privarci del cibo col digiuno, ma a compiere ogni gesto di generosità che dona ai poveri e ai bisognosi il frutto di una privazione che scegliamo liberamente di donare. Per questo per i cristiani donare con cuore libero è compiere un atto d’amore. Come ci ricorda papa Francesco, «l’esercizio dell’elemosina ci libera dall’avidità e ci aiuta a scoprire che l’altro è mio fratello».
– La preghiera che può essere fatta di parole, ma anche di silenzio, di formule, ma anche di azioni. La preghiera, infatti, non è altro che la relazione stessa tra me e Dio. È far entrare la luce nel profondo di noi stessi, delle nostre intenzioni. La Quaresima ci offre un tempo in cui poter intensificare la preghiera per essere più veri con noi stessi.
Poiché, come ci conferma il Concilio Vaticano II in SC109, il tempo di Quaresima è considerato un percorso penitenziale e battesimale insieme, la penitenza che pratichiamo in questo tempo deve sempre portarci a riscoprire il senso vero della nostra vita cristiana, che è la gioia di sentirci figli di Dio, liberi, sicuri di essere sempre amati da Dio Padre, in ogni tempo della nostra vita.
Concludo questo approfondimento con un inno penitenziale che prega la Chiesa Ortodossa nel tempo di Quaresima, il grande Canone penitenziale di Sant’Andrea di Creta: “E’ il tempo della penitenza; mi accosto a te, mio creatore, togli da me il pesante giogo, il giogo del peccato; dammi, nella tua amorosa pietà, la remissione delle colpe. Non avere orrore di me, o Salvatore, non respingermi dal tuo volto, togli da me il pesante giogo, il giogo del peccato, e dammi, nella tua amorosa pietà, la remissione delle colpe. Salvatore, le mie colpe volontarie e involontarie, quelle manifeste e quelle nascoste, conosciute e sconosciute: tutto perdona, tu che sei Dio; sii a me propizio e salvami…. O dodici apostoli da Dio eletti, presentate ora una supplica a Cristo perché tutti portiamo a compimento la corsa del digiuno, pregando con compunzione, operando di buon animo le virtù, per poter giungere in questo modo a vedere la gloriosa risurrezione del Cristo Dio, offrendo lode e gloria. Insieme agli apostoli, o Madre di Dio, prega l’incomprensibile Figlio e Logos di Dio, da te inesprimibilmente partorito oltre ogni comprensione, perché conceda al mondo pace genuina, perché ci doni prima della fine il perdono delle colpe, e faccia degni i tuoi servi del regno dei cieli, per sua somma bontà…. Trinità consustanziale, Unità in tre persone, te noi celebriamo glorificando il Padre, magnificando il Figlio e adorando lo Spirito, realmente unico Dio per natura, vita e vite, regno senza fine. Custodisci la tua Città, Genitrice di Dio tutta pura: essa infatti, con te fedelmente regnando, in te anche trova forza; e grazie a te vincendo, respinge ogni prova, spoglia i nemici e governa i sudditi. Incappata negli assalti dei predoni, anima mia, sei rimasta gravemente ferita per i tuoi propri errori, consegnata a folli nemici: ma poiché ne hai il tempo, grida con compunzione: Speranza degli sfiduciati, vita dei disperati, o Salvatore, rialzami e salvami. Accogli le preghiere dei tuoi servi, o purissima vergine Madre di Dio, e incessantemente intercedi perché ci siano donati il perdono delle colpe e la pace”.