Attraverso il nostro abbigliamento esprimiamo una visione del mondo
di Enzo Vitale
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LA MODA È L’ESPRESSIONE STORICA DEL MODO DI PENSARE E DI VIVERE DI UNA SOCIETÀ E, PER QUESTO, PUÒ ESSERE OGGETTO DI UN GIUDIZIO, NON NECESSARIAMENTE MORALE, MA STORICO
«Amo la volgarità. Il buon gusto è la morte, la volgarità è la vita»: ci credereste che chi ha pronunciato queste parole è Mary Quant, colei alla quale si attribuisce l’invenzione della minigonna e degli hot pants? Sì, la volgarità: questo il tema dominante delle mode diffuse a partire dagli anni ’60. E a dirlo non è un baciapile cattolico, ma colei che ha fatto di un segno di trasgressione, la bandiera di una rivoluzione: quella della moda.
Leggevo le sopracitate parole nell’ultimo testo di Virginia Coda Nunziante, La moda cristiana nell’insegnamento della Chiesa delle Edizioni Fiducia (Roma 2022, pp. 117, € 12), un saggio che appare, sin dal titolo, tanto originale quanto opportuno (considerate le notizie che nelle ultime settimane ci hanno accompagnato circa il dress-code da tenere nelle scuole e non solo) e che mi ha riportato alla mente la verità di un’altra massima carpita in un opuscolo (non più reperibile in commercio) di un po’ di anni fa: «la moda non è la madre del buon gusto, ma la suocera, perché la tiranneggia».
Devo confessare che non sapevo che c’era stato un Papa (Pio XII) che aveva fatto un Discorso al congresso internazionale dei Maestri Sarti (in lingua francese) e un Discorso ai partecipanti al I Congresso Internazionale di Alta Moda, come anche che esistessero altri pronunciamenti magisteriali (riportati integralmente in lingua italiana nel testo) tanto precisi e –oggi non si può fare a meno di definire – profetici. Di certo l’autrice (presidente dell’Associazione Famiglia Domani e, dal 2011 al 2021, presidente della Marcia per la Vita italiana) non sbaglia nell’affermare che tali pronunciamenti «possono costituire i fondamenti dottrinali di una rinascita morale che, a partire dalla moda, si estenda alla società intera. Attraverso il nostro abbigliamento esprimiamo infatti una visione del mondo e se è vero che l’esempio conta quanto le idee, è anche nel modo di vestirci che potremo esprimere il nostro “cristianesimo vissuto”» (p. 42).
Ciò che, inoltre, rende interessante e consigliata la lettura di questo saggio è l’analisi di come «la moda sia anche l’espressione storica del modo di pensare e di vivere di una società e, sotto questo aspetto, possa essere oggetto di un giudizio, non necessariamente morale, ma storico» (p. 17). Modificatasi nel tempo, per “adattarsi” ai tempi, porta in sé un’anima che non la rende indifferente da un punto di vista morale perché sempre espressione di un preciso pensiero e momento culturale.
«La moda, dunque, è una formidabile arma rivoluzionaria ed esige di essere combattuta quando minaccia di stravolgere non solo i principi della morale cattolica, ma gli stessi valori portanti della cultura occidentale» (p. 38).
Non è un caso, forse, che tra le ultime parole che la Vergine Maria disse alla piccola Giacinta di Fatima (oggi santa), poco prima di morire, ricordiamo queste: «Verranno mode che offenderanno molto Mio Figlio» e, si sa che per “moda” si intende non solo un modo di vestire ma anche un modo di pensare, di comportarsi, di vivere.
Il testo è anche ricco, nelle note, di una buona bibliografia atta a favorire l’approfondimento di un tema che, riprendendo le parole di Pio XII al riguardo, ci spinge a rimettere al centro e a rivalutare anche un’altra virtù, quella della modestia, travolta dalla moda e dai tempi: «Moda e modestia dovrebbero andare e camminare insieme come due sorelle, perché ambedue i vocaboli hanno la medesima etimologia, dal latino modus vale a dire la retta misura, al di là e al di qua della quale non può trovarsi il giusto» (p. 40).