Sul nuovo preparato Nuvaxovid (Novavax) c’è già molta delusione

Sul nuovo preparato Nuvaxovid (Novavax) c’è già molta delusione

di Raffaele Cerbini

IL NUOVO VACCINO NUVAXOVID È STATO REALIZZATO ANCORA UNA VOLTA SUL VIRUS ORIGINALE E PERTANTO NON PROTEGGE DALLE VARIANTI DEL COVID-19

Anche se tutta l’attenzione è stata ormai dirottata sulla guerra in Ucraina non dimentichiamoci che è ancora in vigore il decreto di emergenza pandemica in seguito al quale centinaia di migliaia di lavoratori ultracinquantenni sono a casa senza poter lavorare. Inoltre, considerata la gestione superficiale della pandemia da parte del nostro governo c’è da chiedersi cosa avverrà in seguito, poiché già si parla di sottoporre la popolazione – tutta quanta? i soli soggetti a rischio? da una certa età in poi? – a richiami vaccinali annuali. Magari, visto che gli è andata bene già una volta, obbligatori.

A questo proposito soffermiamoci sul nuovo preparato Nuvaxovid, della Novavax, per il quale c’è già molta delusione. Ma partiamo dal principio.

Dopo parecchi mesi di attesa solo a metà Dicembre 2021 l’Agenzia Europea dei Medicinali ha approvato il vaccino Nuvaxovid, su base proteica, dopo aver valutato tutti i dati disponibili, che si sono aggiunti ai dati preliminari pubblicati sul New England Journal of Medicine lo scorso 30 Giugno.

EMA ha valutato i dati derivanti da due grandi studi clinici che hanno coinvolto più di 45000 persone. Il primo studio, sempre pubblicato nel NEJM il 15 Dicembre 2021, è stato condotto negli Stati Uniti ed in Messico ed ha dimostrato il 90,4% di riduzione nel numero di casi di COVID-19 sintomatici a partire da 7 giorni dopo la seconda dose in coloro che erano stati vaccinati rispetto a coloro che non lo erano stati. Il secondo studio è stato condotto nel Regno Unito ed ha mostrato una simile efficacia, dell’89,7%. Fin qui tutto bene, e si aggiunge anche il fatto che per ora non sembrano esserci problematiche particolari dal punto di vista della sicurezza.

Tuttavia, se andiamo a vedere i risultati dello studio pubblicato, appaiono immediatamente evidenti due gravi problematiche. La prima riguarda l’analisi dei dati, che non va oltre circa 100 giorni dalla somministrazione iniziale, e quindi circa 79 giorni post seconda dose: si tratta pertanto, ed ancora una volta, di una analisi molto breve, che non ci dice se questo vaccino sia in grado di assicurare una durata più lunga della risposta immunitaria rispetto agli altri vaccini attualmente in commercio. La seconda osservazione, che appare immediatamente evidente dal momento che è testualmente scritta anche negli articoli scientifici, riguarda il fatto che l’analisi di efficacia di questo vaccino, come anche quella relativa agli altri vaccini, è stata condotta quasi esclusivamente sul virus originale e sulle varianti Alfa e Beta.

Mi chiedo pertanto che senso abbia utilizzare un vaccino che non ha dati di protezione nei confronti delle varianti attualmente e quasi esclusivamente diffuse come la Delta e la Omicron e la stessa Agenzia Europea dei Medicinali scrive testualmente: «there is currently limited data on the efficacy of Nuvaxovid against other variants of concern, including Omicron».

Perché non sono stati sfruttati i 6 mesi di attesa prima dell’approvazione per proseguire l’analisi dei dati includendo pazienti esposti alla variante Delta? Che senso ha ora utilizzare un vaccino “vecchio” quando il virus originale e le varianti Alfa e Beta sono completamente scomparse dalla circolazione? In breve, in tutta onestà non credo che vi sia molto spazio per il vaccino Nuvaxovid se confrontato con gli altri vaccini già in commercio, nonostante il meccanismo di azione sembri più fisiologico rispetto agli altri.

Quello che serve adesso, come ho scritto già mesi fa, è avere vaccini specificamente diretti contro le varianti attualmente prevalenti ma sembra non ci sia alcuna intenzione da parte dei produttori di muoversi in questa direzione né dei debolissimi governi ad obbligarli a farlo. Anche lo studio da poco iniziato da Pfizer nei confronti della Omicron appare essere una barzelletta: 600 soli pazienti per braccio di trattamento. Scherziamo?

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