Lo spirito che deve guidarci nel tempo di Quaresima
di Giuliva di Berardino
–
LA CELEBRAZIONE DELLE CENERI –ELEMENTI DELLA LITURGIA
Fin dalle origini della liturgia cristiana, il mercoledì delle ceneri era il giorno destinato a introdurre i penitenti nella penitenza pubblica con riti che comprendevano, fra l’altro, l’imposizione delle ceneri. La riforma della liturgia ha stimato bene conservare l’importanza tradizionale di questo giorno, destinato, nelle sue origini, a introdurre i penitenti nella penitenza pubblica con riti che comprendevano, fra l’altro, l’imposizione delle ceneri.
Il gesto è d’origine biblica e giudaica, ed è un segno di lutto e di dolore. Nel Libro di Genesi quando si racconta la negoziazione che Abramo intesse con Dio quando si allontana dalla sua tenda per andare a distruggere la città di Sodoma per i suoi peccati, troviamo scritte queste parole: “Riprese Abramo e disse: ‘Ecco che ricomincio a parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere…’” (Gen 18,27). Troviamo il segno della cenere anche nel libro di Giobbe, quando, provato dal dolore Giobbe esclama: “Mi getta nel fango, e mi confondo con la polvere e con la cenere” (Gb 30, 19).
Nel Libro della Sapienza è scritto. “Siamo nati per caso e dopo saremo come se non fossimo nati. È un fumo il soffio delle nostre narici, il pensiero è una scintilla nel palpito del nostro cuore. Una volta spentasi questa, il corpo diventerà cenere e lo spirito si dissiperà come aria leggera” (Sap 2, 2-3), e nel Libro del Siracide si può leggere:“Perché mai s’insuperbisce chi è terra e cenere? Anche da vivo le sue viscere sono ripugnanti” (Sir 10,9); “Esso sorveglia le schiere dell’alto cielo, ma gli uomini sono tutti terra e cenere” (Sir 17,27).
Ma la cenere è anche il segno concreto di chi si è pentito e con cuore rinnovato riprende il proprio cammino verso il Signore, come si legge nel Libro di Giona in cui il re di Ninive, ricevuta la notizia della conversione del suo popolo, si siede sulla cenere, e in quello di Giuditta in cui gli abitanti di Gerusalemme che vogliono pregare Dio perché intervenga a liberarli, si cospargono il capo con la cenere. Questo segno biblico, quindi, è entrato nella liturgia della Chiesa, potremmo dire per continuità col popolo ebraico-biblico.
Nel secolo IX, quando la penitenza pubblica cominciò a essere sostituita dalla confessione privata e dall’assoluzione individuale dei peccati, il rito dell’imposizione delle ceneri non solo non scomparve, ma fu esteso a tutti i fedeli. Oggi, la cenere della quale si occupa il Messale non è tanto destinata a ricordare all’uomo che è polvere (cfr. Gn 3,19) quanto piuttosto a essere un segno della volontà di conversione di rinnovamento pasquale. Per questo, sono stati introdotti nuovi testi e una nuova formula da usare nell’imposizione: «Convertitevi e credete al Vangelo» (Me 1,15).
Nella liturgia attuale delle ceneri, è significativo il momento in cui deve essere compiuto il rito: dopo l’omelia, per dimostrare che la conversione e la penitenza nascono dai sentimenti che suscita in noi la Parola divina.
Le letture contengono un forte invito all’interiorizzazione delle opere penitenziali della Quaresima (Mt 6,1-6.16-18 nel Vangelo) e all’autenticità della conversione (Gl 2,12-18 nella I lett.).
La seconda lettura è un magnifico proclama quaresimale: « Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio… Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza » (2Cor 5,20-6,2).
La Liturgia delle Ore completa questo programma con testi dei profeti, e specialmente di Is 58,1-12: « Il digiuno che io voglio è questo: sciogliere le catene inique… » e con un ricco testo di san Clemente Romano (lett. patr.).
Lo spirito che deve guidarci nel tempo di Quaresima è sintetizzato nella preghiera seguente:
O Dio, nostro Padre, concedi al popolo cristiano di iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione, per affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male (Coll.).