“Obbedire e non domandare”, dal Covid alla guerra lo schema è lo stesso…
di Dalila di Dio
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LA PARTE GIUSTA È SEMPRE QUELLA DI CHI SI FA DIRE COSA PENSARE DAI RONZULLI, LETTA E MENTANA DI TURNO?
Lo schema di rinuncia al dubbio, al ragionamento, alla facoltà di porsi domande, nella settimana del conflitto tra Russia e Ucraina è stato pedissequamente trasposto dall’emergenza sanitaria alla geopolitica.
Cambia l’argomento, rimane immutato l’approccio.
E le parole d’ordine sono sempre le stesse: obbedire e non domandare.
Così, questa settimana, dopo aver appreso da Graziano Delrio che i confini esistono – ma solo quelli degli altri Paesi – e che sono inviolabili – a meno che a violarli sia la sua amica Carola Rackete – abbiamo potuto assistere ad un susseguirsi di finissime analisi geopolitiche ad uso e consumo di quanti, troppi purtroppo, hanno deciso che domandarsi se la storia sia davvero come ce la raccontano è troppo impegnativo: in fondo, questa linea retta tracciata dal mainstream, che segna il confine tra ciò che è buono, civile, umano e ragionevole e ciò che è cattivo, incivile, disumano e folle è come calda coltre che tiene al riparo dal freddo del dubbio e lascia indenni dalle fatiche del ragionamento, della ricerca, dell’applicazione della logica alle cose del mondo.
Perché domandarsi le ragioni profonde di un conflitto, se si può risolvere tutto con “Putin cattivo, noi buoni, a morte Putin!”?
Perché provare a documentarsi quando la risposta è lì, sulle labbra di Alessandra ladylike Moretti?
«Putin è un folle…si vede dalla mimica facciale!» ha sentenziato un paio di giorni fa l’europarlamentare eroina di tutte le estetiste.
Come è possibile che qualcuno possa mettere in discussione un’argomentazione del genere?
Deve essere senz’altro così.
D’altronde, a mostrarci la via sono gli stessi che giubilavano all’indomani dell’elezione di Joe Biden: «Si apre una nuova pagina per gli Stati Uniti e per il mondo» scriveva Piero Fassino all’indomani delle presidenziali 2020. «Coesione, non lacerazione. Integrazione, non razzismo. Solidarietà, non egoismo. Multilateralismo, non arrogante solitudine. Con lui i democratici di tutto il mondo.»
Sorvolando sulle capacità divinatorie di Fassino – l’uomo che tutti vorremmo a pronosticare la vittoria del nostro peggior nemico – probabilmente basterebbe un’occhiata alla incommensurabile mole di tweet invecchiati malissimo per capire che il mondo non è – e non può essere – come ci viene quotidianamente raccontato dal mainstream.
Eppure, per molti anche questo sembra uno sforzo inaccettabile.
La via più semplice è (non) ragionare per schieramenti.
Anche di fronte alle questioni più complesse la risposta è una e semplice: vuoi stare dalla parte giusta o da quella sbagliata?
E la parte giusta, ça va sans dire, è sempre quella di chi si fa dire cosa pensare dai Ronzulli, Letta e Mentana di turno.
Dall’altra parte, puntualmente, una accolita di complottisti, indottrinati, senza i mezzi per capire.
Chi vorrebbe stare dalla parte di chi si pone domande, se porsi domande, nella narrazione imposta, equivale ad essere terrapiattisti, ignoranti, gretti, beceri e disumani?
Quello che si è andato consolidando negli ultimi anni è un meccanismo di condizionamento mentale assolutamente spaventoso ma terribilmente efficace sublimato, da qualche ora, nel recentissimo parto dell’associazione “no vax = sì Putin”: se non sei d’accordo con la narrazione mainstream sul conflitto tra Russia e Ucraina sei sicuramente portatore delle medesime tare mentali dei no vax (da intendersi tali tutti i non adoratori del vaccino).
Non può esserci altra spiegazione: «Leggi i deliri dei disagiati No Vax (e dei loro ideologi primatisti, patriarchisti, patrioti, fascisti etc etc). Scopri che inneggiano tutti all’invasione russa dell’Ucraina. E hai la certezza di essere dalla parte giusta della barricata» afferma, sicuro, il custode del fuoco sacro della fede vaccinista Giuseppe Brindisi.
Nel meraviglioso mondo di quelli che stanno dalla parte giusta, i disagiati sono i no vax, mentre quelli dalla parte giusta spiegano una crisi geopolitica di portata globale con «Putin è un folle… si vede dalla mimica facciale».
I disagiati sono quelli che si pongono domande, mentre quelli dalla parte giusta spiegano le azioni di Putin con «vuole ricostituire l’Unione Sovietica».
I disagiati sono quelli che non corrono alle fiaccolate piddine, mentre quelli dalla parte giusta sventolano bandiere arcobaleno condannando le guerre ma a intermittenza, perché alcune guerre sono più guerre di altre.
I disagiati sono quelli che non invocano l’esecuzione di Putin in pubblica piazza mentre quelli dalla parte giusta propugnano “l’autodeterminazione dei popoli e la difesa dei confini” dopo aver sostenuto che non esistono popoli né confini.
D’altronde, disagiati erano quelli che avevano pronosticato il disastro della presidenza Biden mentre quelli dalla parte giusta si autoabbracciavano giubilanti per la sconfitta di Trump.
Facciamo così: stateci voi dalla parte giusta con Brindisi.
Noi ci teniamo volentieri il disagio.