Dopo la crisi Ucraina sarà la volta dell’occupazione cinese di Taiwan
di Pietro Licciardi
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STATI UNITI E NATO NON ESCONO BENE DAL CONFRONTO CON MOSCA, AGEVOLANDO L’APERTURA DI UNA NUOVA CRISI, QUESTA VOLTA CON LA CINA CHE GRAZIE A PUTIN FARÀ TESORO DELLA “LEZIONE UCRAINA“
L’irresponsabile e ipocrita gestione della vicenda russo-ucraina da parte degli Stati Uniti di Biden, ha portato al bombardamento di Kiev; esito inevitabile, specialmente dopo la clamorosa gaffe del presidente Usa, il quale in conferenza stampa nei giorni scorsi aveva detto che gli Stati Uniti non si sarebbero opposti ad un’azione militare russa, purché “limitata”. Detto, fatto.
Eppure una escalation in quella crisi non conveniva a nessuno in Occidente. Non conveniva all’Europa, fortemente dipendente dal gas russo e non conveniva a Washington, che ha perso la sua indipendenza energetica e ha bisogno del petrolio e dal gas siberiano. Soprattutto non conveniva a Biden il quale ha interessi personali in Cina, alleata della Russia, e l’opinione pubblica americana è adesso meno che mai interessata a sostenerlo in una nuova guerra dopo lo smacco in Iraq e Afghanistan.
L’unico vantaggio che i “democratici” potevano ottenere dal far la voce grossa con Putin era di poter attribuire qualsiasi loro rovescio alle trame del premier russo, specialmente in vista delle elezioni di metà mandato che si preannunciano catastrofiche per gli occupanti della Casa Bianca.
Gli Stati Uniti e la Nato oltretutto si son messi ad abbaiare sapendo di non poter intervenire militarmente, non essendo l’Ucraina un partner atlantico, e che le sanzioni economiche contro la Russia, più volte minacciate, lasciano il tempo che trovano, rischiando di ritorcersi più che altro contro i vassalli europei degli Usa, dal momento che Putin è tra i loro maggiori partner commerciali, mentre lui, non deve fare altro che rinsaldare i suoi legami con la Cina, la quale si è già assicurata le forniture energetiche destinate agli europei a prezzi oltretutto maggiori e perciò con notevole vantaggio economico per Mosca.
Alla fine della giostra con ogni probabilità la Russia farà quel che vuole, magari annettendo il Donbass o invadendo pure il lembo di terra ucraino che si affaccia sul Mar Nero, tra il Donbass e la Crimea, mettendo al sicuro l’accesso al Mediterraneo della sua flotta. In ogni caso ridimensionando le velleità filo-occidentali di Kiev. Ad uscire con le ossa rotte saranno invece gli Stati Uniti e la Nato, poiché quest’ultima ha dimostrato di essere un cane che abbaia ma non morde – il che metterà ancor più in dubbio il suo ruolo e la sua utilità -mentre gli Usa dovranno molto presto affrontare un’altra crisi forse più seria: l’invasione di Taiwan da parte della Cina.
La vicenda Ucraina ha infatti fatto si che i legami economici e militari tra Mosca e Pechino di rinsaldassero ancor più e se la Russia da sola doveva pensarci due volte prima di mostrare i muscoli, considerato che il suo esercito non è più quello della ex Urss, adesso può contare su un alleato di tutto rispetto anche sul piano militare.
Ma soprattutto Putin bombardando Kiev ha mostrato alla Cina che in caso di aggressione a Taiwan probabilmente gli Usa non saranno in grado di proteggere l’alleato. Con la differenza che mentre l’Ucraina è solo un territorio di transito per dei combustibili che possono essere acquistati altrove, Taiwan ha il quasi monopolio della produzione di semiconduttori, indispensabili nelle tecnologie informatiche. Monopolio che passerebbe in mani cinesi.
A questo punto non ci resta che sperare al più presto in un ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, il più vituperato dalla sinistra “democratica” di tutto il mondo, ma che durante la sua presidenza non solo ha evitato nuove guerre ma ha anche disinnescato diversi focolai di tensione.
Purtroppo il problema di Formosa gioca a danno degli Usa dell’Occidente e sprattutto dell’Ucraina.