Dirigenti pubblici criticano il Governo su gestione Covid e condizionamenti dalla dittatura economico-europea
di Giuseppe Brienza
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LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DRAGHI DALLA “FEDERAZIONE FRA LE ASSOCIAZIONI ED I SINDACATI NAZIONALI DEI DIRIGENTI, VICEDIRIGENTI, FUNZIONARI, PROFESSIONISTI E PENSIONATI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE-DIRSTAT” SULL’EMERGENZA SANITARIA E SULLA NECESSARIA IMMEDIATA RIPARTENZA
«Alcune considerazioni, pertinenti le prioritarie questioni che in questi ultimi tempi continuano a condizionare pesantemente la vita degli italiani», sono state sottoposte al Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi da una lettera aperta pubblicata sull’ultimo numero di Riforma Amministrativa (anno LXXIII n. 1 – Roma gennaio 2022, pp. 4), la rivista mensile della DIRSTAT, “Federazione fra le Associazioni ed i Sindacati Nazionali dei Dirigenti, Vicedirigenti, Funzionari, Professionisti e Pensionati della Pubblica Amministrazione”.
Nell’ampia missiva, intitolata Emergenza sanitaria e ripartenza, sono state avanzate anzitutto critiche alla disastrosa attività di informazione ufficiale rivolta alla cittadinanza durante la crisi Covid-19. Negli oltre due anni di “stato di emergenza nazionale”, infatti, è stata rilevata una totale «mancanza di coordinamento delle informazioni – comunque eccessive quanto ansiogene – fornite tramite i media pubblici e privati, con la confusione che ne è scaturita; in tal senso, si auspica che, in caso di emergenza dichiarata, lo Stato possa accentrare e gestire in modo esclusivo le relative informazioni, tramite i canali pubblici della RAI».
In secondo luogo, i dirigenti e funzionari dello Stato rappresentati dalla DIRSTAT hanno obiettato, da parte dei Governi Conte 2 e Draghi, «il mancato ascolto di numerosi gruppi di medici, che hanno contestato le terapie adottate dal protocollo sanitario ufficiale, ritenute inefficaci se non dannose (paracetamolo, ecc.), specie nelle cure domiciliari, il cui fallimento ha provocato l’intasamento delle terapie intensive e molti decessi più che evitabili».
Considerando infine il dato stimato dalla Corte dei Conti sull’aumento catastrofico del debito pubblico italiano, tra il 2019 e il 2022, di 560 miliardi di euro, pari al 113% del PIL nazionale, si denota «l’assenza di chiarimenti sul perché le nostre aziende farmaceutiche non siano riuscite a piazzare neppure un vaccino, quale il LeCoVax2, che può essere confezionato e trasportato in forma liofilizzata, senza il rischio del mancato rispetto della catena del freddo, mentre a livello europeo si stipulano con società tedesche ed anglo americane contratti d’oro, che hanno come unità di misura il miliardo di euro; il tutto, purtroppo, nell’ipotesi di dittatura economico-europea e possibili pesanti condizionamenti della funzione decisionale nazionale».
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