L’occidente, già cristiano, procede velocemente verso la totale scristianizzazione

L’occidente, già cristiano, procede velocemente verso la totale scristianizzazione

di Diego Torre

AVANZA UNA CULTURA CHE RELEGA LA FEDE IN UN CANTUCCIO, IN ATTESA DI ESTINGUERLA: DOBBIAMO REAGIRE

Nel caos spirituale, mentale, sociale sanitario, finanziario in cui viviamo l’ammonimento paolino «resistete fermi e saldi nella fede» (Col. 1,23) è di bruciante attualità. L’Apostolo delle genti lo diceva ai cristiani del suo tempo; ma oggi? Procediamo con fede in mezzo alle avversità del nostro tempo? Già il Concilio Vaticano II denunciava: “la dissociazione che si constata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverato tra i più gravi errori del nostro tempo” (Gaudium et Spes, 7 dicembre 1965, n. 43).

Questa è una delle ragioni per le quali l’occidente già cristiano procede velocemente verso la totale scristianizzazione. Il problema nasce dalla debolezza umana; non scandalizziamoci! Oggi però al di là delle ipocrisie e delle infedeltà di comportamento dei singoli, avanza una cultura che relega sempre più la fede in un cantuccio in attesa di estinguerla, e molti cristiani sono succubi, se non complici di ciò. Risuona attuale come non mai il monito paolino: «Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia, con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo» (Col. 2,8).

Nelle scelte fondamentali: matrimonio o convivenza o eterno celibato e nubilato (ma con tanti “passatempi” amorosi), la famiglia, i figli (quando e quanti?), il rispetto del prossimo… quanto conta lo straccio di fede sopravvissuto dopo il battesimo? L’uomo moderno prende sempre più come punto di riferimento la ricerca di ciò che sembra appagante sul momento, orientato dal proprio piacere, con la riserva mentale di potere sempre cambiare dopo avere sperimentato. Verità oggettive a lui preesistenti? Rivelazioni divine? La stessa legge di natura? Vengono ormai vissute come valori di un passato morto o come vincoli fastidiosi, o al massimo come piacevoli ricordi, che non incidono più nelle scelte.

I sacramenti di massima fastosità (battesimi, matrimoni, prime comunioni) vengono vissuti con grande impegno economico e coreografico; ma chi ricorda più il loro valore e significato? Quanti nubendi sono coscienti che il matrimonio è una vocazione a cui Dio invita gli sposi, solo quei due sposi, a quel matrimonio? Quanti matrimoni sono nulli in partenza? E gli altri sacramenti? Non solo i fedeli, ma gli stessi sacerdoti, quanta attenzione hanno al sacramento della riconciliazione?

La fede, ridotta ad un fatto privatissimo, è ininfluente nei comportamenti e nella sfera sociale. La cultura in cui viviamo è secolarizzata e sempre più anticristiana, e la tentazione di adeguarsi al pensiero dominante, cedere, tacere è sempre più forte. Andare a Messa e non fare attivamente il male sembra sufficiente alla salvezza eterna; ma non lo è. La si può sempre chiamare prudenza o misericordia, ma è soltanto debolezza o viltà. Problema nuovo? Già San Paolo ammoniva i cristiani di Roma: «non conformatevi alla mentalità di questo mondo» (Rm 12,2).

La società e la cultura di quel tempo non erano affatto cristiane e per molti aspetti erano disumane. Eppure vinse il cristianesimo, lentamente ed irresistibilmente. Perché? Perché quei cristiani erano intrisi di fede. Vivevano il profondo anelito religioso naturale, che, sublimato dalla fede ricevuta, li proiettava nell’eternità, facendoli vivere ogni attimo in modo diverso dai pagani e rendendoli attraenti e convincenti. Una luce diversa e più intensa, una capacità di donazione e sacrificio, testimoniavano la presenza in loro di una energia e di una convinzione che non erano di questo mondo.

Troppi hanno finito invece per piegare quella forza dall’Alto al servizio delle proprie terrene esigenze fino a ridurla ad una sorta di assicurazione contro gli imprevisti spiacevoli di questa valle di lacrime. La preghiera è diventata l’elenco delle lagne e ci si è dimenticato di lodare e ringraziare Dio. Così pregando e pensando, l’azione del cristiano nel mondo si è ridotta esclusivamente allo sforzo di miglioramento della vita terrena, con grande attenzione alle opere di misericordia corporale e la totale dimenticanza di quelle di misericordia spirituale. Il cielo a servizio della terra! Il sale perde così di sapore, non si capisce più la logica della croce e quella luce che scintillava prima nello sguardo dei cristiani si è quasi spenta. Si è persa la fondamentale certezza che la vita è un dono di Dio, dal quale siamo stati «creati per conoscerlo, amarlo e servirlo quaggiù onde poterlo godere per sempre in Paradiso», come ci insegnava con brillante sintesi il catechismo di San Pio X.

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