Perché Gesù proclama beati coloro che si trovano in situazioni difficili?
di don Ruggero Gorletti
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COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 13 FEBBRAIO 2022
VI Domenica per annum
Dal Vangelo secondo san Luca 6,17.20-26
In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone. Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete. Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete gia la vostra consolazione. Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete. Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti».
COMMENTO
Perché Gesù proclama beati coloro che si trovano in situazioni difficili, in situazioni poco piacevoli? Quale è il senso di queste affermazioni?
Gesù non sta parlando solo ai discepoli: sta parlando a una gran folla, tra l’altro una gran folla venuta anche da città pagane. Non sta parlando solo ai discepoli, non sta parlando solo al popolo di Israele: il messaggio che sta mandando, l’insegnamento che sta lasciando vale per tutti gli uomini, di ogni tempo, di ogni luogo e di ogni situazione.
Quale è il messaggio delle beatitudini? Che c’è una giustizia nel mondo, che Dio non lascerà le cose storte così come sono. Annuncia che le cose si ribalteranno. E si stanno già ribaltando, perché il Signore Gesù è venuto, è venuto a ristabilire le cose come le aveva pensate il Padre quando ha creato il mondo, prima che il peccato deturpasse la sua opera.
Questo brano si ricollega direttamente ad altri due brani di Vangelo: uno è il brano di Gesù che insegna nella Sinagoga di Nazareth, che abbiamo ascoltato qualche settimana fa: Gesù dice che è venuto ad annunciare ai poveri il lieto messaggio, ridare la vista ai ciechi, mettere in libertà i prigionieri eccetera, l’altro è il brano del Magnificat, il cantico che Maria ha pronunciato quando si è recata a trovare la cugina Elisabetta, in cui dice che Dio ha disperso i superbi ed esaltato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati e ha rimandato a mani vuote i ricchi e quant’altro. Gesù e Maria ci dicono che con l’avvento di Gesù le cose sono dunque cambiate.
Ma, se vogliamo essere onesti, c’è un grosso problema: non vediamo che il mondo che ci circonda sia poi così cambiato. Le cose che non vanno le vediamo continuamente, vediamo l’ingiustizia, la povertà, non vediamo afflitti consolati o umili esaltati, non vediamo perseguitati a cui viene data una grande ricompensa, anzi!
E anche la seconda parte del brano, in cui dice «guai a voi» ai ricchi, a coloro che sono sazi, a coloro che ridono, e a coloro dei quali tutti dicono bene: anche questo non è un concetto che si comprende subito. Infatti cosa c’è di male ad essere ricchi, quando non si è stati disonesti e non si dimenticano i bisogni dei più poveri? Cosa c’è di male ad essere sazi? Cosa c’è di male a ridere, o ad avere una buona fama? Sembra un discorso sbagliato, senza senso.
Eppure non è così: con queste parole Gesù ci avvisa di non fidarci delle cose di questo mondo, perché non è questa la realtà definitiva. Non destiniamo tutte le nostre energie a cercare di arricchirci, di saziarci delle cose di questo mondo, di divertirci e di godere di ciò che questa vita ci può offrire, non abbiamo come unico scopo quello di avere una immagine positiva presso gli uomini. Tutte queste cose verranno spazzate via: la realtà sarà trasformata. «Chi si umilia sarà esaltato e chi si esalta sarà umiliato».
Il fatto che la giustizia trionferà nell’altro mondo, e non in questo, non vuol dire però che dobbiamo disinteressarci dei bisogni di questa vita, pensando che tanto tutto verrà ristabilito nell’Aldilà. Il discepolo di Gesù è chiamato, per quanto gli è possibile, a far sì che il Regno di Dio in qualche modo diffonda i suoi benefici già su questa terra. Il discepolo non si disinteressa delle cose del mondo, ma nel contempo sa che non è tutto qui. Che ci aspetta un mondo, migliore, più giusto.
Il Vangelo risponde alla domanda di giustizia che c’è in ogni uomo, ma lo fa in modo sorprendente, diverso da quello che ci aspetteremmo: non lo fa proponendo una rivoluzione di tipo sociale o politico, ma lo fa chiedendoci di cambiare la nostra mente e il nostro cuore alla luce della rivoluzione dell’amore di Dio, quella rivoluzione che mostrerà pienamente i suoi effetti nella vita eterna, ma che già in questo mondo ha realizzato con la sua croce e la sua resurrezione.
Il Signore ci da la speranza, ma nel contempo ci ammonisce: guai a noi se pensiamo alla nostra vita come a qualcosa che esaurisce i suoi effetti in questa nostra esistenza terrena, guai a noi se pensiamo di poter realizzare noi stessi facendo a meno di Dio! E’ impegnandoci a vivere nell’amore di Dio che noi possiamo essere beati, in qualche modo e con tanti limiti in questa esistenza terrena, pienamente nella vita eterna.