Dante, Isabella Tomasi di Lampedusa e il distacco dalle cose del mondo
di Francesco Bellanti
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IL SOMMO POETA, ISABELLA TOMASI DI LAMPEDUSA E I GRANDI SOLITARI: COME COMPRENDERE IL DESTINO DEL MONDO
“O insensata cura de’ mortali,
quanto son difettivi silogismi,
quei che ti fanno in basso batter l’ali!
Chi dietro a iura, e chi ad amforismi
sen giva, e chi seguendo sacerdozio,
e chi regnar per forza o per sofismi,
e chi rubare e chi civil negozio,
chi nel diletto de la carne involto
s’affaticava e chi si dava a l’ozio,
quando, da tutte queste cose sciolto,
con Bëatrice m’era suso in cielo
cotanto glorïosamente accolto”.
(Dante, Paradiso, XI, vv. 1-12)
Le cose del mondo spesso si comprendono con la lontananza, lo sguardo dall’alto, il distacco. Fisico o spirituale, uno slancio della mente. Con il silenzio di una stanza solitaria o di un deserto, di una foresta, di un eremo lontano. Così gli anacoreti, i mistici, i grandi fondatori di religione, i profeti, i santi. Buddha, Gesù, Maometto. I poeti.
Così una umile mistica di Palma di Montechiaro, Isabella Tomasi di Lampedusa, nella solitudine e nella lontananza di una cella poté incontrare il suo silenzio e conoscere la verità. Così Dante poté comprendere le insensate preoccupazioni dei mortali dall’alto del Paradiso dove lo aveva condotto Beatrice, e Leopardi il senso della vita e della morte immedesimandosi, in quella poesia stupenda e arcana che è il “Coro dei morti nello studio di Federico Ruysch”, nelle mummie che dalla loro estrema lontananza e dal distacco giudicano la vita dal punto di vista dei morti, e dicono che è “quel punto acerbo che di vita ebbe nome”.
I poeti e gli scrittori con la loro capacità di astrazione spesso sono i più indicati per comprendere le cose del mondo. Per esempio, Machiavelli, che ebbe importanti incarichi politici e diplomatici come Segretario della Seconda Cancelleria della Repubblica Fiorentina solo nella solitudine del suo podere all’Albergaccio (podere agricolo presso San Casciano) poté scrivere le leggi fondamentali della storia.
Così Verga poté rappresentare nella maniera più precisa la vita reale dei contadini e dei pescatori, ancorché in una visione desolata della realtà, col distacco di scrittore aristocratico che parla delle classi subalterne, o anche Émile Zola il mondo dei minatori e degli operai nelle industrie con il suo sguardo dall’alto di scrittore democratico e socialista ma culturalmente superiore. Così il genio di Pirandello poté intuire e cantare la complessità del mondo moderno, astraendosi dalla realtà siciliana. Un’operazione che non sempre riuscì a Sciascia, benché lo scrittore di Racalmuto sia entrato più profondamente nella decifrazione di taluni fenomeni sociali.
Sguardo dall’alto o distacco vuol dire allontanarsi dalla società per ritornarci più ricchi, in possesso della verità da comunicare al popolo. Bisogna tornare sempre al popolo da cui proveniamo, perché il vizio d’origine della cultura italiana è stato, sosteneva Antonio Gramsci, il fatto che gli intellettuali in Italia sono lontani dal popolo, cioè dalla “nazione”, e sono invece legati a una tradizione di casta, libresca, astratta, che non è mai stata spezzata da un forte movimento politico popolare e nazionale dal basso.
Ecco spiegato il successo dei pochi scrittori popolari italiani, Dante, Ariosto, Leopardi, Manzoni, o il fatto che gli italiani leggono di preferenza gli scrittori stranieri, educati a scrivere per un pubblico borghese.
Ma torniamo alla lontananza, al distacco per cogliere l’essenza della realtà. Abbiamo parlato di letteratura, ma anche in altri campi del sapere spesso accade quel che sosteniamo. Penso alle più alte creazioni musicali, a Mozart, a Beethoven, a Bach. Penso alle leggi fondamentali della matematica e della fisica, a Galileo, a Newton, alla fisica dei quanti e al Principio di indeterminazione di Heisenberg, che sconvolgono il senso comune e che sono create con un’intuizione della mente.
Albert Einstein diceva che “la mente intuitiva è un dono sacro e la mente razionale è un servo fedele. Abbiamo creato una società che onora il servo e ha dimenticato il dono”. Einstein fu prima di tutto un poeta e poi un fisico, le sue leggi della relatività nacquero da un’intuizione, da un nuovo modo di guardare l’universo. “La più sorprendente combinazione di penetrazione filosofica, intuizione fisica e abilità matematica fu definita “La Teoria della relatività generale” da un altro grande fisico, Max Born. Ci fermiamo qui. Aggiungo soltanto che è con questo atteggiamento di distacco che ci dobbiamo porre di fronte alla vita, alla politica e alle cose del mondo. Si rischia di non capire un singolo accadimento, ma si ha la certezza che è l’unico strumento per comprendere il vero destino del mondo. Tornando a Dante, egli comprende veramente la natura dell’universo e il significato di tutti gli accadimenti quando è di fronte a Dio.
Nel suo profondo vidi che s’interna,
legato con amore in un volume,
ciò che per l’universo si squaderna:
sustanze e accidenti e lor costume
quasi conflati insieme, per tal modo
che ciò ch’i’ dico è un semplice lume.
La forma universal di questo nodo
credo ch’i’ vidi, perché più di largo,
dicendo questo, mi sento ch’i’ godo.
(Dante, Paradiso, XXXIII, vv. 85-93)
Qual è, dunque, il senso della nostra riflessione? L’uomo è un animale sociale e deve vivere e agire dentro la società, ma spesso i problemi che assillano l’umanità non vengono compresi se si è oppressi dalle piccole miserie della quotidianità, che inducono a guardare, direbbe Pirandello, non oltre la poca luce prodotta dai nostri piccoli lanternini.
Così la realtà è solo un’illusione e noi non conosciamo il mondo nella sua interezza. Per comprendere e governare il destino del mondo, il nostro viaggio deve andare oltre, nelle estreme lontananze, nel silenzio, nella solitudine, simile al viaggio di Dante che solo e distaccato dalle cose del mondo, accompagnato però dalla teologia e dall’amore (Beatrice), dal misticismo (San Bernardo), dalla Grazia di Dio (la Madre di Cristo), giunge davanti a Dio, e vede la verità, l’armonia e l’ordine di tutto il Creato, e torna sulla terra ad annunciarlo.