Il ribelle a tutto tondo: Martin Lutero
di Aurelio Porfiri
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ECCO COLUI CHE HA FATTO UN GRANDE MALE ALLA CHIESA DI CRISTO
Credo che esistono poche figure di ribelli all’interno della Chiesa che abbiano avuto la notorietà di Martin Lutero (1483-1546), il monaco agostiniano che si rivolta non contro questo o quell’aspetto della Chiesa, ma cerca di tirarla giù completamente. Ma cominciamo con la questione delle indulgenze.
La Chiesa, per poter portare avanti le sue opere, ha ovviamente bisogno di soldi. Una accusa che le veniva rivolta nel periodo di cui stiamo trattando, era quella di procurarsi denaro vendendo le indulgenze. Cosa sono le indulgenze? Dice la Treccani che l’indulgenza è “nella Chiesa cattolica, remissione di tutte o parte delle pene temporali con cui si deve dare soddisfazione a Dio delle offese recategli con i proprî peccati; è concessa dall’autorità ecclesiastica ai vivi, a titolo di completa e definitiva assoluzione, e ai defunti a titolo di suffragio”. Ora, c’era chi probabilmente aveva giocato sporco su queste indulgenze, cercando guadagni dal commercio di questi benefici spirituali. Questo non era certo piaciuto, e anche giustamente. C’era stata gente come Ulrich von Hutten (1488-1523), uno studioso che, sull’onda dello sdegno, proclamava la grandezza germanica e un conseguente odio per Roma. Un odio che non doveva essere poco diffuso da quelle latitudini e che sarà sfogato ben bene grazie proprio alla questione delle indulgenze. Certo non dobbiamo confondere l’abuso delle indulgenze con il loro uso, che è del tutto legittimo. Eppure i recenti scandali finanziari che coinvolgono il vaticano ci fanno capire che alcuni uomini di Chiesa a volte approfittano delle loro prerogative quando c’è di mezzo il denaro. Questo non ci dice molto sulla Chiesa, ma ci dice molto sugli uomini stessi, ma a volte è difficile tenere separate le due cose.
In quel tempo servivano soldi anche per costruire la nuova Basilica di san Pietro. Ecco che il Papa si serve anche delle indulgenze per fare cassa e c’era chi probabilmente calcava un po’ troppo la mano, come sembra facesse il domenicano Johann Tetzel (1465-1519), che alcuni moderni giudicano quasi un genio del marketing per il modo in cui era in grado di promuovere le indulgenze e il loro commercio, con slogan che farebbero invidia a moderne campagne pubblicitarie come questo: “Sobald das Geld im Kasten klingt / die Seele in den Himmel springt” che significa “Tintinna la moneta nella cassetta / e l’anima subito verso il Cielo svetta”. Sembra poi che per rendere più vivida l’idea dell’inferno ponesse la sua mano su un fuoco davanti a tutti per mostrarla poi annerita e ammonendo tutti su come sarebbe stato terribile se a bruciare fosse stata non solo la mano per qualche secondo, ma il corpo per l’eternità.
Ecco che in tutto questo si inserisce l’agostiniano Martin Lutero, carattere focoso e probabilmente influenzato dai sentimenti anti romani di alcuni della sua stirpe. Non importa cosa vide durante il suo viaggio a Roma, è ovvio che vide quello che volle vedere. Certo non era solo un monastero la Roma che vide Lutero, o un convento rigorista, avrà anche visto qualche prete, suora o cardinale che se la spassavano un po’ troppo. In realtà questo gli avrebbe dovuto dire molto su quelle persone ma non molto sulla Chiesa, perché lui da padre agostiniano doveva ben sapere che essa è fatta di santi e peccatori. Ma niente, non ci fu verso, al buon Martino non andava proprio giù e preso da furore non le mandò a dire alla “Roma ladrona” ante litteram. Da professore di teologia, per lo più tedesco, articolò la sua protesta andando sempre più in profondità nelle sue critiche e il 31 ottobre 1517 rese pubbliche, affiggendole sulla porta del castello di Wittenberg, le sue rimostranze o tesi. E da buon tedesco fu molto puntiglioso, perché non si limitò a qualche generica protesta, ma espose 95 punti in cui contestava a Roma altrettanti elementi della dottrina e della disciplina ecclesiastica, prendendo ovviamente di petto il problema delle indulgenze in primis. Ora, voi se giudicate Leone X dal ritratto di Raffaello con il suo viso pacioso potreste essere ingannati, perché il Papa non fu contento affatto di questo agostiniano che stava un po’ troppo alzando la cresta. Infatti la notizia fu comunicata da un vescovo tedesco abbastanza tempestivamente, per chiedere come si doveva comportare. Eppure, almeno secondo alcuni osservatori, Leone X non fu in grado di capire fino in fondo la portata della rivoluzione che stava montando, considerava le proteste di Lutero “cose da frati”, a lui stava pure simpatico Erasmo da Rotterdam, a cui Lutero dovette molto e di cui abbiamo già parlato. Noi potremmo oggi dire “cose da umanisti”, ma papa Leone X in fondo deve esserci simpatico perché fece anche molto di buono. Era molto affezionato ai Camaldolesi che ricoprì di attenzioni e canonizzò san Francesco di Paola, che sembra gli predisse l’elezione a Papa quando Giovanni de’ Medici era ancora un bambino. Leone X cercò di spiegare il sentire cattolico sulle indulgenze con il Decreto Postquam del 9 novembre 1518 ma non ebbe molto successo con il frate agostiniano ribelle.
Il Papa fece incontrare Martin Lutero con il cardinale Tommaso de Vio (1468-1533) che per la sua provenienza da Gaeta veniva anche chiamato cardinal Gaetano. Era stato da poco nominato cardinale da Leone X, avendo occupato la carica di padre generale dell’ordine domenicano. Insieme a lui fu creato cardinale, tra gli altri, anche il padre generale degli agostiniani, un altro insigne teologo che rispondeva al nome di Egidio da Viterbo. Il cardinal Gaetano, era un insigne teologo ma il suo incontro con Martin Lutero non ebbe molto successo, anzi il contrario. Lutero godeva infatti di buone protezioni politiche nella sua patria, il che lo protesse dalla richiesta del cardinal Gaetano di consegnarlo a Roma per essere giudicato come eretico. Perché dal punto di vista cattolico, eretico era certamente, perché dal problema delle indulgenze aveva poi contestato quasi tutto, la Chiesa cattolica nei suoi fondamenti. A me sembra quasi come quelle liti tra coniugi che partono da motivi non particolarmente gravi per poi degenerare in lotte furibonde che mettono tutto in questione. In realtà sembra che Lutero non volesse creare una Chiesa luterana, ma riformare in profondità quella cattolica. Troppo in profondità. Il cardinale Gaetano comunque qualcosa fu in grado di trarre dal suo incontro con Martin Lutero, in quanto sembra che nei suoi lavori teologici successivi a questo incontro diede maggior importanza all’esegesi del testo biblico rispetto a quanto aveva fatto in precedenza. Certamente capiva che la Chiesa non poteva farsi strappare il primato sulla Sacra Scrittura da questi contestatori.
Leone X era ora preoccupato del problema che stava avendo con Lutero, anche se, come detto, gli storici successivi lo giudicheranno abbastanza incauto in questa materia. C’è da dire che, forse, quello che influenzò un poco l’atteggiamento del Papa fu un fatto personale, cioè il tentativo di avvelenamento da parte di alcuni cardinali proprio nel 1517. Forse questo episodio tramautico, poi lavato nel sangue per molti dei cospiratori, occupò la sua mente e non gli fece vedere chiaramente quello che si preparava in Germania. Sta di fatto che nel 1520, in vari concistori, affrontò il problema che il frate agostiniano poneva e si decise di procedere con estrema durezza nel condannare una critica che, pure se era partita da premesse comprensibili, come quelle degli abusi nelle indulgenze di cui probabilmente era colpevole la gerarchia ai livelli più alti e la situazione di corruzione morale anche nella Chiesa tedesca, era ora arrivata a minare fin dalle fondamenta la stessa essenza della Chiesa.
Il risultato fu la bolla papale Exsurge Domine del 15 giugno 1520, in cui il Papa controbatte con la condanna di 41 errori contenuti nell’insegnamento di Lutero. Naturalmente, si sarà già capito, il Cardinale Gaetano fu tra coloro che lavorò alla stesura di questo documento. Un documento che vi invito a leggere anche per la sua bellezza letteraria, un esordio in cui invita il Signore in primis, tutti i santi e i martiri e la Chiesa tutta, con lui come Papa fra questi, a sorgere per affrontare il cinghiale della foresta, certamente una definizione delicata per definire Martin Lutero, che stava facendo sfracelli nella vigna del Signore. Si duole poi, il Pontefice, che questi disordini provengano proprio dalla Germania, una terra tanto cara a lui e ai suoi predecessori. Insomma, un esordio in cui il Papa fa notare, con una forbita ed elegante captatio benevolentiae, che aveva capito che qualcosa di grosso stava avanzando dal nord Europa. Certo, alcuni sono abbastanza critici di questa Bolla, la giudicano non sempre accurata nel citare gli errori di Lutero. Come detto, si potrebbe ben affermare che tutta la questione con padre Martino precipitò da una contestazione delimitata ad una molto più radicale. All’inizio Lutero era ancora molto rispettoso con il Papa e la gerarchia, lo sarà molto meno in seguito, come vedremo. Il Papa condanna al rogo tutti gli scritti di Lutero e verso il frate ribelle mostra quasi i sentimenti di un padre tradito da un figlio. Si chiede cosa non abbia fatto per riportarlo sulla retta via. Anzi, lo aveva invitato a Roma per parlare con lui faccia a faccia e per essere convinto di come egli fosse su una via di grave errore. Considerando però che proprio nella Exsurge Domine viene dichiarato tra gli errori da condannare che era contro la volontà dello Spirito bruciare gli eretici, possiamo indovinare che Lutero ringraziò per il gentile invito ma preferì starsene a casa sua, per non fare la fine dei suoi stessi libri. Il Papa concede 60 giorni a Lutero dal tempo dell’affissione della Bolla per desistere dai suoi errori e terminare la sua predicazione erronea. Poi, gli concede altri 60 giorni per presentare per scritto la sua ritrattazione che gli può inviare tramite due prelati o, e il Papa insiste su questo, portare personalmente anche se per Lutero l’eventualità di finire come un galletto amburghese non era particolarmente attraente.
Ma Lutero non ritrattò, anzi bruciò pubblicamente il documento papale e così nel gennaio del 1521, con la Bolla Decet Romanum Pontificem Leone X lo scomunica. Ma Martin Lutero continuerà fino alla fine a tirare dritto per la sua strada, forse avendo scambiato l’istituzione umana, certamente fallace, con la sua essenza soprannaturale. Malgrado egli fosse un professore di teologia, o forse grazie a questo, aveva incontrato un Dio solo giudicante e questa parola, “solo”, avrà un ruolo centrale nella sua predicazione. Parlerà di sola Scrittura, sola fede, sola grazia, solo Cristo non comprendendo che l’aut aut non funziona bene nel Cristianesimo, dove regna l’et et, perché Dio è uno e trino, Cristo è uomo e Dio, Maria è Vergine e Madre, la Chiesa è santa e peccatrice e via dicendo. Comunque la sua rivolta ci porterà al Concilio di Trento e alla contro riforma, alla Chiesa che come istituzione umana comprende di essere sempre nella necessità di purificarsi. Ma deve farlo secondo verità verso la sua essenza soprannaturale, non seguendo le smanie del momento. Certo tornasse oggi, si accorgerebbe che tutte le sue riforme oggi attecchirebbero molto meglio e non sarebbe scomunicato, ma forse pure fatto Cardinale. Il che rende tutta questa storia ancora più triste. Egli fu naturalmente molto popolare nel periodo modernista, anche se con alterne visioni ed interpretazioni.