Natale è… Natale! E non si tocca!

Natale è… Natale! E non si tocca!

di Diego Torre

QUELLO DI QUEST’ANNO È UN NATALE VERAMENTE GELIDO IN QUESTA EUROPA RELATIVISTA

 

E’ un Natale veramente gelido questo in cui l’Europa del relativismo, quella che nega le radici cristiane e l’antropologia naturale promossa e difesa dal cristianesimo, butta quel po’ di maschera che le rimane e aggredisce la parola “Natale” e il nome di “Maria”… sempre per non offendere …. Non si capisce bene chi; forse le loro delicate orecchie politicamente corrette.

Stavolta il tentativo è rientrato ma siamo certi che ci riproveranno con questo o con altro. Ma gli uomini di fede si nutrono di realtà che vanno aldilà del chiacchiericcio europeo e sanno che la grande verità è che Dio si è fatto uomo, il Creatore si è fatto creatura, per ricapitolare in sé tutte le cose (cf Ef 1 – 10,12) e ha diviso la storia in due parti, prima e dopo la sua nascita. Non sarà lo starnazzare delle oche europee ad offuscare questa grande verità.  Forti di essa, ma pronti a difenderla e promuoverla, ricordiamo con grande commozione come S. Massimiliano Kolbe dipinge con poche struggenti pennellate gli usi della sua Polonia:

“Mentre la sera della vigilia di Natale scende sulle città e i villaggi, e la prima stella comincia a brillare nel cielo, in quasi tutte le case polacche accanto all’albero di Natale fa la sua apparizione anche il presepio. Una piccola frotta di ragazzi travestiti va da una casa all’altra per rappresentare la scena del presepio, oppure per portare qua e là un presepietto e cantare le pastorali natalizie. Verso mezzanotte, al pallido chiarore della luna, da ogni parte gruppi di persone si incamminano verso la chiesa: facendo scricchiolare la neve ghiacciata sotto le scarpe, vanno alla Messa di mezzanotte. E in chiesa davanti al presepio si celebra la s. Messa”  (SK 1020).

E’ una notte la cui bellezza e tenerezza raggiungono tutti, anche i più lontani. E’ complesso spiegare il perché, ma è così. Francesco d’Assisi, con cui nasce il presepio, è talmente  convinto dell’eccezionalità dell’evento da dire spesso:

 “Se conoscessi l’imperatore lo pregherei di emanare l’ordine di spargere, in quel giorno, il grano per tutti gli uccelli, specialmente per le rondini, e di comandare a tutti coloro che hanno del bestiame nelle stalle, di dare ai propri animali, in ricordo della nascita di Cristo in una mangiatoia, un nutrimento più abbondante. Desidererei pure che in quel giorno solenne tutti i ricchi di questo mondo accogliessero dei poveri alla loro mensa!” (Celano, Vita secunda, 151; Speculum Perfectionis, 124).

E quando a Greccio , nel 1223,incarica l’amico Giovanni Velita, di ricostruire la natività chissà se era cosciente di creare una delle usanze più bella della fede cristiana, il presepio. Disse così: “ Potessi almeno una volta vedere con i miei occhi come il Divin Bambino riposò nella stalla, come il Signore si sottopose al disprezzo e all’estrema povertà per amor nostro!”. L’amico con l’aiuto dei frati realizzò quel desiderio e invitò la gente dei dintorni, che verso mezzanotte giunse con fiaccole in mano, mentre i frati circondarono la grotta con le candele accese. Al canto del vangelo racconta Tommaso da Celano (Vita Prima, 80), che era presente,  Francesco avanzò vestito da diacono e, continua la narrazione, “ Con profondi sospiri, tutto compenetrato dall’ardore della devozione e raggiante di gioia interiore, il santo si portò davanti alla mangiatoia e la sua voce si elevò al di sopra della folla per insegnare dove bisogna cercare il sommo bene. Parlò con ineffabile dolcezza del Bambino Gesù, del grande Re che si è degnato di assumere forma umana, del Cristo nato nella città di David. E ad ogni istante, quando doveva pronunziare il nome di Gesù, l’interiore fiamma del suo cuore gli portava alle labbra le parole: ‘il Bimbo di Betlemme’, e questa espressione sulle sue labbra acquistava un fascino straordinario. Stava davanti al popolo come l’Agnello di Dio’ in tutta la santità del suo sacrificio. Terminato il rito tutti se ne andarono col cuore ricolmo di gioia celeste”.

Che altro aggiungere? Sprofondiamo senza pudore nell’abisso di dolcezza e commozione indicato dai due santi frati e, nel mare di bruttezza che ci circonda, godiamo questa gioia che è appena il preludio di quella eterna; quella per la quale siamo stati creati.

 

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