Ha ancora senso fare gli auguri di Natale?
di Enzo Vitale
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SE PENSIAMO DI NON AVERE BUONE RAGIONI PER FESTEGGIARLO, ABBIAMO, SEMPLICEMENTE, DIMENTICATO IL SENSO DI QUESTA GIORNATA
Immersi come siamo in una condizione da cui sembra impossibile venirne fuori, sempre più spesso, sento gente lamentarsi che non hanno ragioni per festeggiare il Natale: «…come possiamo festeggiare il Natale se tutto va male?… è normale che non abbiamo la possibilità di stare con familiari e amici?… che Natale è?». Per non parlare, poi, di coloro che portano addosso conseguenze di lutti, malattie e sofferenze che più che togliere la salute contribuiscono a estinguere ogni speranza.
Ciò nonostante, nelle ore trascorse ad ascoltare confessioni, nei giorni immediatamente precedenti al Natale, ti rendi conto che il cuore umano, espressione somma di ogni contraddizione e sede di quel mistero di iniquità conseguenza del peccato dei progenitori, cerca, anela, pretende e dà per scontata una speranza che non delude. Il cuore umano sembra dire “non abbiamo nulla per festeggiare il Natale eppure ne sentiamo il bisogno”. Quanto è incomprensibile il cuore umano: non vuol dare spazio alla gioia del Natale pur avvertendone la necessità. Che contraddizione!
La mente, però, davanti a queste incoerenze va a quel primo Natale, ragione e significato di quanto celebriamo ogni anno. Grande cosa è la memoria: perderla significherebbe distruggere il motivo della nostra stessa esistenza. Senza memoria un popolo non esiste. Ecco perché tutte le dittature, lungo la storia, come primo passo, hanno sempre cercato di annullare ogni riferimento e prova di quanto accaduto e vissuto. Addirittura, c’è chi ha preteso che gli stessi anni, la stessa storia e il tempo avessero una datazione diversa da quella che, invece, ci ricorda che il tempo nasce e si spiega a partire dal Bambino di Betlemme: avanti Cristo e dopo Cristo.
Proviamo un attimo, aiutati dalla fantasia, a pensare cosa stiamo celebrando.
Un uomo, maturo, anche se ancora giovane, con una ragazza, presa in sposa, più giovane di lui. Bella, sia per la purezza che trasalisce dai suoi modi, sia per il naturale splendore che emanano tutte le donne con un pancione. Lui a piedi, lei a dorso d’asino. Arrivano in un paesino sperduto del Medio Oriente, Betlemme, tra gli ultimi paesi del mondo conosciuto. Arrivano lì per ordine di un re, lontano e potente, che approfittando della pace che regnava in quel periodo, dimostrazione della forza dell’Impero Romano, aveva indetto un censimento.
A cosa serve un censimento? A misurare la potenza, l’autorevolezza di un popolo, a determinare l’entità delle tasse, a fare scelte di tipo politico. Ragioni importanti ma che costringono questa semplice e povera famiglia, ad un viaggio pericoloso e duro, invece di restare, nella loro Nazareth, ad attendere il termine della gravidanza. Tutto si complica, quando, arrivati a Betlemme, non essendoci posto per loro nella locanda, sono alloggiati in una stalla e lì, riscaldati dal calore e dal respiro del bue e dell’asinello, viene al mondo il Re dei Re. Non hanno niente da mangiare: qualcosa sarà offerto loro dai pastori andati a Betlemme avvertiti dagli angeli e, poi, in seguito, dai Magi che lasceranno oro, incenso e mirra. Niente era andato come doveva andare. Nulla era pronto, nulla era in ordine, partorisce di notte, eppure era quello il momento.
Ed oggi ricordiamo il Natale, che non è leggenda, non è storiella per bambini, non è fantasia, non è favola… è il Verbo che si fa Carne!
Quindi: cosa è il Natale se non la storia di Chi, Signore del tutto, non ha nulla!
Per un piccolo o grande contrattempo, oggi, diciamo che non è il caso di festeggiare il Natale, mentre Colui che dà ragione ad ogni cosa, regge il sole e l’altre stelle, nasce completamente nudo, povero e solo.
Eppure, chi potrebbe obiettare al fatto che in quel luogo, dove si respira il tanfo del letame, ci fosse tutto l’amore dell’universo? Mancava al divin Bambino l’Amore della Vergine Santa? Mancava al Bimbo e Sua Madre tutta l’attenzione del santo falegname di Nazareth? Forse scarseggiavano di beni materiali; erano, però, ricchissimi di tutti i beni che contano nella vita.
Se, in fondo, diciamo che non si può dire “buon Natale” è perché abbiamo, senza accorgercene, abbassato le aspettative e diminuito le pretese. Ci siamo convinti che conta ciò che non serve dimenticando che serve quello che non si può pagare: l’amore di chi ci ama!
Sarà sempre un buon Natale, se ci ricordiamo che nasce la Speranza nel mondo e viene la Salvezza a squarciare le tenebre della morte.
Buon Natale a noi tutti… nella speranza di comprendere, contemplando la bellezza del presepio, che si ha tutto anche quando sembra mancare ogni cosa.