Nella stampa italiana troppi gli amici della dittatura comunista cinese
Di Pietro Licciardi
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LA PIOVRA CINESE SI INSINUA IN OCCIDENTE, ANCHE GRAZIE ALLA SUDDITANZA IDEOLOGICA DI TANTI NOSTALGICI DELLA FALCE E MARTELLO
Che la Rai – ma purtroppo non solo la Rai – abbia il “vizietto” di fare il megafono del regime è cosa nota. Almeno da quanto avvenne la spartizione della struttura con l’approvazione il 14 aprile 1975 della legge di riforma dell’azienda televisiva nazionale con la quale il controllo della società passava dal Governo al Parlamento, attraverso la Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi che avrebbe dovuto garantire il pluralismo della società ma che di fatto consegnò ciascuno dei tre canali nazionali alle segreterie dei partiti della prima repubblica; Democrazia cristiana e Partito comunista in primis.
Da quel momento l’azienda radiotelevisiva “pubblica” è divenuta una agenzia per l’indottrinamento della società italiana – come peraltro stiamo vedendo in maniera chiarissima in questo periodo di emergenza sanitaria – e anche se non ci sono più le segreterie dei partiti a dettare la linea vi sono i giornalisti, per lo più di sinistra, i quali devono per lo più le loro brillanti e ben remunerate carriere ad una raccomandazione politica – in Rai per trent’anni non sono stati fatti concorsi pubblici per assumere nuovi praticanti – mentre quelli “bravi” si sono comunque formati nella scuola e nella università pubblica di Stato da decenni ormai saldamente in mano alla sinistra.
Campione e prototipo di questa fauna giornalistica è senz’altro Giovanna Botteri, laureata in Filosofia a Trieste e con un dottorato in storia del cinema alla Sorbona di Parigi, tempio della gauche francese, di cui tutti ricorderanno le corrispondenze da Washington durante l’era Trump. Fervente sostenitrice della fazione “antitrumpista” catalizzò su di se non poche critiche per la parzialità delle sue corrispondenze e la sua informazione a senso unico.
Di lei si è lamentata anche la Fondazione Laogai Research, – fondata da Harry Wu perseguitato dal regime cinese e morto in circostanze misteriose nel 2016 negli Usa dove aveva ricevuto asilo – quando, trasferita dall’azienda a Pechino, la Botteri ha cominciato a deliziare il pubblico dei Tg Rai con altre imbarazzanti corrispondenze tutte tese a lodare le magnifiche e progressive sorti del maggiore regime comunista sopravvissuto al mondo.
In non poche occasioni, come nell’agosto del 2021 e nell’aprile del 2020 la giornalista ha mostrato la propria “simpatia” per il regime di Xi Jinping, il nuovo “Grande timoniere” senza mai emettere un fiato, ad esempio, sulla sistematica violazione dei diritti umani, sull’esistenza di un universo concentrazionario nel quale sono rinchiusi migliaia di dissidenti, tra cui molti cattolici, usati spesso e volentieri come serbatoi di organi umani venduti sul mercato interno e internazionale dei trapianti o della repressione in atto a Hong Kong.
Purtroppo Giovanna Botteri non è la sola. Come ha denunciato sempre la Fondazione Laogai in Italia sono parecchi i giornalisti che fanno il tifo per la tirannia cinese assieme a non pochi membri dell’attuale governo. Ma i tentacoli del regime si allungano anche nel mondo della cultura e delle università, dove sono all’opera gli Istituti Confucio, i quali ufficialmente hanno lo scopo di promuovere la lingua e la cultura cinese e che in pratica sono lo strumento col quale Pechino veicola in Occidente la versione ufficiale ed edulcorata della Cina che sta bene al Partito comunista.
La Cina in pratica sta facendo quello che a suo tempo faceva l’Urss: compra membri influenti dell’establishment – politici, giornalisti, docenti universitari… – per penetrare e influenzare le troppo aperte e oggi più che mai indifese società del mondo capitalista.
Brutto esempio di questa vera e propria ingerenza si è avuto recentemente a Pisa, dove la Scuola Superiore Sant’Anna, scuola di eccellenza di livello internazionale ha festeggiato assieme al locale Istituto Confucio i 72 anni della nascita del Partito comunista cinese diffondendo tra l’altro un manifesto con tanto di punto esclamativo.