Il delirio di Saviano: è un dovere odiare Giorgia Meloni
di Dalila di Dio
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SAVIANO, IL TUTTOLOGO, CI HA SVELATO LA SUA VERITÀ
Non si dà pace Corrado Formigli: ad Atreju – manifestazione di Fratelli d’Italia che si è svolta nel centro di Roma nella settimana passata e che si conclude oggi con l’intervento finale della presidente Giorgia Meloni- sono andati tutti, ma proprio tutti.
«Una brillante operazione politica», è costretto ad ammettere il giornalista con la bava alla bocca.
Da Giuseppe Conte a Enrico Letta, da Antonio Tajani a Matteo Renzi, passando per il Ministro della Giustizia Marta Cartabia e quello degli Esteri Luigi Di Maio, «tutti intorno a lei…non si era mai vista una forza così istituzionale, così al centro del sistema come il suo partito».
È provato, Formigli, quando giovedì sera apre una delle puntate più grottesche che si siano mai viste del suo Piazza Pulita: «Giorgia Meloni è tornata al centro della scena, omaggiata da tutti i leader».
Probabilmente, grazie a questa sua diabolica operazione, la terribile tiranna senza cuore, «lei che ospitava Bannon, che ospitava Orban…lei che è amica dei polacchi», potrebbe riuscire a spacciarsi per un essere umano.
Che fare?
Ma certo! C’è la «fortissima, splendida inchiesta lobby nera» da ritirare fuori e una nutrita schiera di amici da chiamare a raccolta per dimostrare che il successo di Atreju 2021 rappresenta una pericolosissima minaccia per la nostra democrazia.
Giorgia Meloni, non dimentichiamolo, è la stessa terribile donna che ad Atreju ha ospitato mostri come Viktor Orban – il dittatore che vuole addirittura impedire la propaganda LGBT nelle scuole – e poi è una madre, una italiana, una cristiana: insomma, è il nemico pubblico numero uno.
Occorre mettere in guardia il Paese dall’incombente pericolo di una deriva fascista. Occorre attivare tutti i meccanismi di cui la democrazia moderna – quella in cui decide Mario Draghi e tutti gli altri eseguono, per capirci – dispone per autodifendersi.
Così, la puntata di giovedì sera si è trasformata in una raccapricciante sfilata di feticci progressisti, con le loro facce contrite, preoccupate, provate dalla diuturna battaglia contro la deriva autoritaria della destra brutta, sporca e cattiva.
Il momento più alto è stato certamente quello in cui Roberto Saviano ha regalato al pubblico un gustoso delirio destinato a raggiungere vette inenarrabili: tra lunghi sospiri, pause teatrali e sguardi profondissimi, il sopravvissuto – comprensibilmente divenuto oracolo della sinistra – sciorina tutto il suo repertorio contro la destra italiana.
«Ha cambiato pelle, Giorgia Meloni, o è solo una partita temporanea che riguarda il Quirinale?» lo interroga un preoccupato Formigli.
«È tutta tattica…non ha fatto nessun passo reale verso una destra democratica, per niente…la loro comunicazione…è tutta contro i migranti, tutta volta a creare tensione, a rovinare vite a migliaia di persone, a radicalizzare temi senza affrontarli» e prosegue «la questione del ragazzo ucciso a New York, terribile…ma si può davvero assecondare questa fesseria di dire che siccome è stato ucciso da un criminale nero non c’è racconto? Sai qual è la VERITÀ? La verità è che non conoscono il territorio criminale newyorkese…a New York i crimini sono aumentati del 100%…guarda come è molto più facile cavalcare la questione dell’odio razziale» risponde, con fare teatrale, l’uomo con la scorta.
«Il ragazzo ucciso a New York»: non ci risulta che Saviano si sia mai riferito a Patrick Zaki come al “ragazzo egiziano detenuto in Egitto” né a George Floyd come il “tizio ammazzato a Minneapolis».
Eppure, Davide Giri, lo studente italiano di 30 anni ucciso barbaramente, senza un motivo, dall’afroamericano Vincent Pinkney membro della banda EveryBody Killer (che nella stessa notte ha ferito gravemente un altro nostro connazionale, Roberto Malaspina), per Saviano è solo «il ragazzo ucciso a New York»: certo, non siamo così ingenui da aspettarci inginocchiamenti e petizioni di giustizia per lui, ma sorprende che Roberto Il Giusto non sia stato capace di riconoscere a Davide neppure la dignità di chiamarlo per nome.
Davide Giri è un morto troppo bianco, troppo caucasico, troppo italiano e privo di appeal per meritare di essere chiamato per nome da cotanto intellettuale.
E Formigli è troppo concentrato sulle nefandezze della destra di Giorgia Meloni per obiettare che, forse, se i crimini a New York sono aumentati del 100%, la colpa è un po’ del Sindaco De Blasio – Partito Democratico – e del Governatore Cuomo – Partito Democratico – dimessosi dopo essere stato accusato di molestie da 11 donne.
Saviano, il tuttologo, ci ha svelato la verità sul «ragazzo ucciso a New York», quindi si può passare oltre: «il gioco della Meloni è su un doppio binario. Mediaticamente cerca di accreditarsi come un leader democratico che non è con i toni e non è nei programmi, nessuna democrazia accetterebbe questo modo di aggredire immigrati, di aggredire chiunque…»
«Però lei ha una legittimazione democratica che le deriva dai voti, i cittadini la votano sulla base del programma» finge di obiettare Formigli. «È sufficiente? Non sono sicuro!» risponde Saviano.
La legittimazione del voto non è sufficiente. Per avere agibilità politica in questo Paese devi piacere a Roberto Saviano.
Il delirio prosegue, poi, con l’accusa a Fratelli d’Italia di aver «fregato Atreju»: la storia infinita non avrebbe niente a che vedere con le vicende di quella accolita di razzisti, fascisti, omofobi riuniti in questi giorni a Piazza Risorgimento.
Bisogna combattere Giorgia Meloni, quindi l’eroe di tutti i plagi rivendica in capo a sé il dover «alzare la tensione» perché «non possiamo permettere che le loro menzogne continuino ad avvelenare…la mia è una campagna d’odio, lo sia contro questi politici».
Dunque, come sempre, l’odio è sbagliato, l’odio va combattuto, l’odio va represso, purché non sia il loro.
Di fronte a cotanta profondissima analisi politica, non si può che rimanere disarmati: venti minuti di diretta in prima serata per spiegare che il nemico – che è tale perché non obbedisce pedissequamente alla loro agenda politica – è brutto, sporco e cattivo e, probabilmente, puzza pure.
La puntata di Piazza Pulita, poi, prosegue in scioltezza, tra l’ennesima rivisitazione della super inchiesta lobby nera – due cialtroni che fanno il saluto romano e chiedono di pagare un aperitivo elettorale cash – e le dissertazioni sull’antifascismo di Andrea Scanzi, esilarante mentre tenta di spiegare le cose del mondo a Franco Cardini e Marco Tarchi.
La sedicente rockstar del giornalismo, più ebbro di sé del solito, a un certo punto del processo a Fratelli d’Italia, sentenzia: «ricordiamoci anche chi è la Meloni, cioè quella che fa quelle uscite quando va da vox, quella che applaude o che è leader di un partito che applaude quando viene affossato il ddl Zan, quella che va al congresso di Verona bigotto, quella che parla con Orban, quella che ha una certa idea di famiglia…»
Per caso, ha anche dei difetti?