Patrick Zaki, un prigioniero pericoloso perché afferma la verità
di Vincenzo Silvestrelli
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LA POSITIVA EVOLUZIONE DELLA VICENDA DI PATRICK ZAKI FA BEN SPERARE CIRCA IL RISPETTO ANCHE IN EGITTO DELLE LIBERTÀ ESSENZIALI DELLA PERSONA UMANA, ELEMENTO FONDAMENTALE PER L’IMPOSTAZIONE DI UN CORRETTO RAPPORTO CON L’ISLAM
Ci siamo chiesti molte volte perché l’Egitto non volesse liberare un giovane studente, incarcerato al suo arrivo in Egitto e al centro di un contenzioso diplomatico con l’Italia. Ieri però Patrick Zaki è stato finalmente scarcerato dal commissariato di Mansura dopo ben 22 mesi di detenzione.
Gli affari che legano il nostro Paese all’Egitto sono importanti e certamente questo ragazzo rappresenta un fatto marginale rispetto agli interessi comuni. Le attività dell’ENI in Egitto sono strategiche per il nostro Paese in quanto consentono all’Italia di differenziare le proprie fonti energetiche, fatto particolarmente importante dopo la nostra sostanziale espulsione dalla Libia grazie all’azione congiunta, seppur conflittuale, di Francia e Turchia che danneggia anche l’Egitto. Abbiamo capito meglio le ragioni dell’intransigenza egiziana non appena abbiamo letto l’articolo da lui firmato e per il quale ha avuto tanti problemi.
In questo editoriale Zaki espone fatti concreti di discriminazione dei cristiani in Egitto che indicano la difficoltà per l’islam, anche “moderato”, di dare parità di diritti ai cittadini di altra religione anche dopo secoli di convivenza. La Chiesa Copta, originaria dell’Egitto e presente da prima dell’invasione islamica, ha resistito nei secoli e, con la sua presenza, ha reso diverso questo Paese dalle altre comunità islamiche. Una cosa analoga è avvenuta in Siria e Iraq, grazie alla presenza di comunità cristiane che hanno contribuito allo sviluppo di quei Paesi e ad una “laicizzazione” dell’islam che, come noto, non conosce il principio della autonomia fra la sfera religiosa e quella politica. Richiedere la parità di diritti civili in un Paese musulmano è ancora un tabù. Eppure l’Egitto conosce bene la violenza dell’ideologia salafita (Fratelli Musulmani) che è alla base di una ideologia totalitaria pericolosa che strumentalizza la religione per fini politici e rende non inclusive le società islamiche. L’evoluzione negativa della Turchia ne è un esempio. In Siria i salafiti sono stati in prima linea nella lotta per rovesciare il regime laico di Assad e nella persecuzione dei cristiani siriani. Insieme ai wahabiti, appoggiati dall’Arabia Saudita, sono la parte più pericolosa dell’islam. Essi hanno ancora importanza perché sono stati appoggiati dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna e dalla Francia e, in definitiva, dalla NATO soprattutto in funzione antirussa.
L’Occidente ha così tradito la sua identità, non solo cristiana ma anche genuinamente “laica”, cioè di difesa dell’autonomia della sfera politica da quella religiosa, per perseguire interessi geopolitici con l’utilizzo di forze retrive e pericolose.
Diversa è la vicenda di Giulio Regeni, che ha avuto un destino tragico di cui bisogna chiedere conto agli egiziani, ma anche agli inglesi che, in competizione con l’Italia per le fonti energetiche egiziane, lo hanno mandato al macello affidando incarichi legati ai servizi inglesi.
Speriamo che la vicenda di Patrick Zaki possa costituire un segnale positivo, sia per lui che ha subito una ingiusta detenzione, sia per l’Egitto che da tempo è sottoposto alla violenza dei Fratelli Musulmani che causano episodi di vera e propria guerra civile. L’Egitto è un partner fondamentale per far evolvere l’islam verso una visione diversa, come affermato più volte dal Presidente Abdel Al Sisi. Questa positiva evoluzione deve passare inevitabilmente per il riconoscimento dei diritti ai cittadini di altra religione.
Un’altra riflessione che possiamo trarre dalla vicenda Zaki è quella che ci porta a considerare la presenza, anche in Italia, dei Fratelli Musulmani, che hanno la più forte rappresentanza fra le comunità islamiche. Questo movimento va represso e vietato in quanto è all’origine del terrorismo islamico. Sembra talvolta che ciò non si faccia perché considerazioni legate al suo utilizzo strumentale siano prevalenti. L’Occidente che non difende i cristiani all’estero e nei nostri Paesi, però, è destinato alla rovina.