In Dante i germi della rivoluzione modernista non possono essere trovati, se non a costo di imperdonabili forzature
Di Aurelio Porfiri
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RIVOLUZIONARI INCONSAPEVOLI: IL CASO DI DANTE ALIGHERI
Ho visitato la Fiera della piccola e media editoria a Roma e ho constato che l’argomento più trattato nei vari libri, più ancora del coronavirus, era riferito ad un personaggio storico che è certamente al centro della nostra cultura: Dante Alighieri (1265-1321).
Certo, il recente anniversario ha molto aiutato nell’avere questo poeta immenso ben presente nel nostro dibattito culturale. Marcello Veneziani, nel suo Dante nostro padre dice che “Dante è il Padre dell’Italia, come realtà spirituale e culturale, prima che storica e politica; colui che ha affermato la necessità di riunire le sparse e riottose membra d’Italia e far risorgere la civiltà italiana, figlia della romanità e della cristianità, erede della civilitas romana e del pensiero greco ripensato alla luce del pensiero arabo e cristiano; figlia dell’Imperium, del diritto romano e della Chiesa cattolica apostolica romana”.
Poi aggiunge che “l’inattualità fu il destino di Dante e non solo nel suo tempo, ma anche nei tempi che ne seguirono; anche quando fu onorato come altissimo poeta Dante fu sempre considerato al di là del tempo, un modello quasi celeste, un archetipo platonico che desta ammirazione ma non suscita emulazione. E non solo per la sua inarrivabile grandezza. Quadrelli notava che Dante è rimasto senza eredi, perché nella nostra letteratura ha prevalso il criterio dell’imitazione su quello della tradizione, e Petrarca è poeta che si imita più facilmente di Dante. Da qui il petrarchismo come tendenza letteraria ma non il dantismo, se non come esegesi critico-letteraria dell’opera di Dante. Infatti nel linguaggio corrente petrarchista è un poeta che imita Petrarca o è nel suo solco poetico; dantista è invece lo studioso di Dante. Questa differenza la dice lunga sul diverso rapporto non solo tra i due poeti e la nostra letteratura, ma sul ruolo unico e imparagonabile, al contempo isolato e in disparte di Dante”.
Questo essere una cosa a sé di Dante lo ha fatto a volte sembrare quasi come un rivoluzionario, anche nell’ambito della Chiesa. Ecco perché alcuni hanno potuto adombrare un Dante quasi precursore del riformismo cattolico e del modernismo, anche se lui, ne sono certo, non si sarebbe riconosciuto in questa classificazione.
Del resto anche la lettura esoterica di Dante (a tal proposito si possono leggere i lavori di Luigi Valli) ha conosciuto una certa fortuna. Dante fu certamente ribelle a certi aspetti della Chiesa del suo tempo, anche ai pontefici come Bonifacio VIII, ma questo non volle dire mettere in questione la dottrina.
Certo, la lettura di Ernesto Buonaiuti di Dante, come profeta, lo proiettò giocoforza nell’olimpo modernista, ma questa fu una interpretazione certo forzata che ci deve far vigilare su come leggiamo la storia.
In Dante i germi della rivoluzione modernista non possono essere trovati, se non a costo di imperdonabili forzature.