Sull’eutanasia, di proposito, i laicisti creano confusione sul reale Magistero della Chiesa
Di Sofia Prezzia
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UN BREVE CONTRIBUTO PER RICORDARE QUALE SIA L’INSEGNAMENTO DEL MAGISTERO IN TEMA DI FINE VITA IN ALCUNI IMPORTANTI DOCUMENTI ECCLESIASTICI
Da decenni oramai, il dibattito sulla legalizzazione dell’eutanasia è un tema caldo che, come quello dell’aborto, conduce inevitabilmente alla radicalizzazione e aggressività del dibattito. Nel mirino dei movimenti e dei partiti politici a favore dell’eutanasia legale, oltre alle associazioni pro-vita, c’è ovviamente la Chiesa Cattolica e, come sempre, attorno alle posizioni di questa si crea (di proposito) così tanta confusione da rendere il messaggio cristiano della sacralità della vita umana (dal concepimento fino alla morte naturale) fuorviante e distante dal suo profondo significato.
Non è una novità sentire frasi come: “la Chiesa non rispetta la donna perché condanna l’aborto” oppure “la Chiesa opponendosi all’eutanasia lede la dignità del malato che vuole scegliere di morire per non soffrire più”. Sono, questi, concetti sono totalmente falsi. Anzi, la Chiesa si è sempre interrogata sui cambiamenti della società e ha guardato con attenzione a come i cambiamenti culturali influissero sul modo di considerare la sofferenza e la morte (che, non dimentichiamo, sono modi per avvertire la carezza di Cristo).
La Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede nella Iura et Bona. Dichiarazione sull’Eutanasia del 1980, ha dichiarato che la vita umana è il fondamento di tutti i beni e se la maggior parte degli uomini ritiene che nessuno possa disporre a piacimento della vita, di conseguenza, nessuno può attentare alla vita di un uomo innocente senza violarne un diritto fondamentale, inammissibile e inalienabile [1]; pertanto, la morte volontaria ossia il suicidio (anche assistito) è inaccettabile al pari dell’omicidio.
L’eutanasia, quindi non è il diritto del malato di decidere della propria vita, di porre fine a stenti e sofferenze fisiche come i suoi promotori vogliono far credere; infatti, pongono tale questione nell’area delle libertà personali dell’individuo. Al contrario, l’eutanasia è “un’azione o un’omissione che di natura sua, o nelle intenzioni, procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore. L’eutanasia si situa, dunque, al livello delle intenzioni e dei metodi usati [2]”.
Inoltre, secondo la Congregazione della Dottrina della Fede, è importante proteggere, nel momento della morte, la dignità della persona umana e la concezione cristiana della vita contro un tecnicismo che rischia di divenire abusivo [3].
A maggior chiarimento della contrarietà di molti cattolici all’eutanasia, si faccia riferimento agli insegnamenti del Catechismo della Chiesta Cattolica (2276-2279 – dove per la prima volta si tratta il tema dell’accanimento terapeutico [4]): “l’errore di giudizio, nel quale si può essere incorsi in buona fede, non muta la natura di quest’atto omicida, sempre da condannare e da escludere. […]l’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’«accanimento terapeutico». Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. […] anche se la morte è considerata imminente, le cure che d’ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte […] le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate [5]”.
Il rifiuto cieco di accettare l’eutanasia (come l’aborto) per quello che realmente è, un omicidio, deriva dalla cultura della morte che dilaga in ogni ambiente e giustifica l’ingiustificabile, ciò che non dovrebbe essere neanche pensabile. Nella Nuova Carta Degli Operatori Sanitari [6], attraverso parole semplici e dirette si spiega il perché di questa tendenza alla distruzione della dignità e sacralità della vita umana.
Sostanzialmente, l’idea di fondo che accompagna i promotori dell’eutanasia è che possano esistere “vite non degne di essere vissute”, troppo care e pesanti da mantenere come appunto quelle dei malati terminali, anziani, bambini con gravi malattie, persone con handicap e/o con malattie degenerative. Cos’è questo se non un pensiero di tipo eugenetico?
“In realtà, ciò che potrebbe sembrare logico e umano, visto in profondità si presenta assurdo e disumano. Siamo di fronte a uno dei sintomi più allarmanti della cultura della morte che, soprattutto nelle società più sviluppate, fa apparire troppo oneroso e insopportabile l’onere assistenziale che persone disabili e debilitate richiedono. Società quasi esclusivamente organizzate sulla base di criteri di efficienza produttiva, secondo i quali una vita irrimediabilmente inabile non ha più alcun valore [7]. Ma ogni uomo, sinceramente aperto alla verità e al bene, con la luce della ragione e non senza il segreto influsso della grazia, può arrivare a riconoscere nella legge naturale scritta nel cuore (cfr.Rm 2, 14-15) il valore sacro della vita umana e il diritto di ogni essere umano a vedere sommamente rispettato questo suo bene primario [8]. L’eutanasia, pertanto, è un atto omicida, che nessun fine può legittimare” [9] e [10].
Un altro punto su cui mi sento di riflettere e far riflettere, è sulla certezza quasi matematica con cui i pro-eutanasia affermano che il malato brama morire.
Come si può essere così certi e sicuri che una persona che soffre nella carne, malata, paralizzata, inferma, “bloccata in un corpo che non sente più come suo” desideri ardentemente la morte? E allo stesso modo, come si può credere con una tale convinzione che una persona in queste condizioni possa avere la lucidità e la ragione intatta per decidere se vivere o morire? Non sarebbe possibile provare a pensare che le richieste di porre fine al dolore fisico siano una preghiera di sostegno e amore, di accompagnamento nella malattia e nelle sofferenze del corpo? Non sarebbe possibile credere che non siamo fatti soltanto di carne e sangue ma che abbiamo anche un’anima da nutrire, un’anima che si spegnerebbe nella disperazione se morisse uccisa prima del suo naturale finire?
A tali domande, la Chiesa dà una risposta: “Le suppliche dei malati molto gravi, che talvolta invocano la morte, non devono essere intese come espressione di una vera volontà di eutanasia; esse, infatti, sono quasi sempre richieste angosciate di aiuto e di affetto. Oltre le cure mediche, ciò di cui l’ammalato ha bisogno è l’amore, il calore umano e soprannaturale, col quale possono e debbono circondarlo tutti coloro che gli sono vicini, genitori e figli, medici e altri operatori sanitari [11]”. “L’ammalato, che si sente circondato da presenza amorevole umana e cristiana, non cade nella depressione e nell’angoscia di chi, invece, si sente abbandonato al suo destino di sofferenza e di morte, e chiede di porvi fine. È per questo che l’eutanasia è una sconfitta di chi la teorizza, la decide e la pratica [12]”.
In questi tempi difficili, in una società spaccata e confusa dove tutti combattono quotidianamente le proprie battaglie e camminiamo nella prova, dovremmo più spesso portare alla mente queste parole del Vangelo di Matteo: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo, infatti, è dolce e il mio peso leggero” (Mt 11, 28-30).
[1] Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione sull’eutanasia, I: AAS 72 (1980)
[2] Ibidem
[3]Ibidem
[4] https://www.vatican.va/archive/catechism_it/p3s2c2a5_it.htm
[5] Ibidem
[6]https://www.humandevelopment.va/content/dam/sviluppoumano/pubblicazioni-documenti/documenti/Nuova%20Carta%20Operatori%20Sanitari%20-%20IT.pdf
[7] Cfr. S. Giovanni Paolo, Lett. enc. Evangelium vitae, n. 64: AAS 87 (1995), 474.
[8] Cfr. S. Giovanni Paolo, Lett. enc. Evangelium vitae, n. 2: AAS 87 (1995), 402.
[9] Cfr. S. Giovanni Paolo, Lett. enc. Evangelium vitae, n. 65: AAS 87 (1995), 477.
[10]https://www.humandevelopment.va/content/dam/sviluppoumano/pubblicazioni-documenti/documenti/Nuova%20Carta%20Operatori%20Sanitari%20-%20IT.pdf
[11] Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione sull’eutanasia, II: AAS 72 (1980), 546; S. Giovanni Paolo, Discorso ai partecipanti al Convegno Internazionale sull’assistenza ai morenti (17 marzo 1992), n. 3, 5: AAS 85 (1993), 341-343.
[12]https://www.humandevelopment.va/content/dam/sviluppoumano/pubblicazioni-documenti/documenti/Nuova%20Carta%20Operatori%20Sanitari%20-%20IT.pdf