Un racconto ben noto a tutti che tanto ha dato all’immaginario cristiano
di Aurelio Porfiri
SIGNORE, RESTA CON NOI…
Ci sono pochi dubbi sul fatto che i soggetti eucaristici nell’arte pittorica sono fra i più popolari. Dalla famosa “ultima cena” e via dicendo, sono numerosissimi i soggetti che si rifanno a questo soggetto così importante per la fede cristiana.
Osserviamo un dipinto del 1525, che si trova agli Uffizi in Firenze, la “Cena in Emmaus” di Jacopo Carucci detto il Pontormo (1494-1552). Si tratta di un olio su tela di 230 x 173 cm.
In Luca (24,13-53) abbiamo il racconto di Emmaus.
“Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l’hanno visto». Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e disse: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio lodando Dio”.
Un racconto ben noto a tutti che tanto ha dato all’immaginario cristiano.
Pontormo frequenta grandi artisti come Leonardo, Andrea del Sarto e Rosso fiorentino, abbeverandosi alla scuola pittorica fiorente in Firenze. E a Firenze darà il meglio della sua arte (vedi la voce su questo pittore di Silvia Meloni Trkulja in Dizionario Biografico degli Italiani).
Dicevamo della “Cena in Emmaus” che così viene descritta nel sito degli Uffizi: “Nel 1523, per sfuggire alla peste che imperversava a Firenze Jacopo si rifugiò presso la certosa del Galluzzo dove si dedicò al ciclo di affreschi con le Storie della Passione nelle lunette del chiostro grande. Al termine della realizzazione del ciclo i monaci certosini gli commissionarono questa grande tavola destinata alla foresteria.
Il dipinto raffigura l’apparizione di Cristo agli Apostoli così come la riporta il Vangelo di Luca (24,13-35): dopo la sua Resurrezione Gesù, vestito da viandante, incontrò due dei suoi discepoli lungo la strada che portava ad Emmaus, un piccolo villaggio vicino a Gerusalemme, ma questi non lo riconobbero fino al momento della cena quando egli prese il pane, lo benedisse, lo spezzò e lo distribuì tra i commensali. Il dipinto si ispira all’incisione di analogo soggetto nella serie della Piccola Passione di Dürer.
Lo schema compositivo è incentrato attorno alla figura di Cristo, ritratto nell’atto di benedire il pane. L’improvvisa rivelazione ai discepoli, che lo riconoscono dal gesto, è enfatizzata dal fascio di luce che ne illumina il volto. La mensa è evocata con pochi semplici elementi di grande naturalismo: la brocca di metallo, i vetri limpidi, il cane e i gatti che si nascondono sotto la tavola in attesa degli avanzi. Sullo sfondo emergono dall’oscurità i monaci certosini, chiamati ad essere testimoni dell’episodio sacro.
Tra essi spicca il ritratto penetrante di Leonardo Buonafede, vecchio priore della certosa, riconoscibile nel frate in piedi alla destra di Cristo. L’occhio divino in alto, simbolo di Dio Padre entro il triangolo trinitario, è frutto di una ridipintura posteriore volta a celare l’originale volto trifronte, rappresentazione della Trinità, vietata dalla Controriforma”.
In effetti colpisce la differenza fra i commensali e i monaci certosini che sono alle spalle di Cristo. I commensali sembrano attendere qualcosa, con il pane in mano e la brocca di vino, presi nel momento in cui Cristo sta benedicendo, mentre i monaci che rappresentano la Chiesa nella storia indicano il Signore, perché già testimoni della sia opera nei secoli. Essi sono presenti al prodigio eucaristico ma come se fossero ad una Messa, quando questo Sacrificio viene rinnovato incruentemente per noi. Gli astanti vedono e non vedono, mentre i monaci che osservano dall’alto della storia di salvezza possono dire con la certezza della fede: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente, e noi con loro.