Dopo il cambio di guida al vertice di CL (già in crisi di identità) quale futuro?
IL MOVIMENTO DI COMUNIONE E LIBERAZIONE, GIÀ IN CRISI DI IDENTITÀ DOPO LA MORTE DEL FONDATORE DON LUIGI GIUSSANI, RISCHIA DI SUBIRE UN DURO COLPO DOPO LE DIMISSIONI ANTICIPATE DI DON JULIÁN CARRÓN
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Di Pietro Licciardi
Le dimissioni di don Julián Carrón, dal 2005 alla guida di Comunione e Liberazione (Cl), un movimento cattolico internazionale fondato da mons. Luigi Giussani (1922-2005), hanno creato sconcerto in molti cristiani e soprattutto nella “base” che si aspettava di essere guidata dal sacerdote spagnolo, designato come successore dallo stesso “don Gius” fino a settembre 2023, secondo le nuove disposizioni volute da Papa Francesco che ha messo una “guida a termine” a tutte le realtà ecclesiali nate sull’onda del Concilio Vaticano II.
Nella sua lettera di commiato dalla presidenza della Fraternità di Cl, Carrón assicura di voler lasciare per permettere che il cambio alla guida a cui ha chiamato il Santo Padre con il Decreto sull’esercizio del governo all’interno dei movimenti si svolga con la dovuta libertà, tuttavia sono in parecchi a nutrire qualche perplessità.
La prima riguarda l’arrendevolezza mostrata da Julián Carrón. Va bene l’obbedienza ma in fondo è stato lo stesso fondatore e guida di Cl a designarlo quale suo successore e soprattutto i più anziani ricordano come anche a Giussani fu chiesto nei primi anni della sua “missione” di sciogliere Gioventù studentesca (Gs), che stava mettendo in ombra l’Azione Cattolica, già sulla via della secolarizzazione. Ma il prete brianzolo rifiutò, chiedendo che gli fossero messi per iscritto i motivi così che le stesse gerarchie si assumessero la responsabilità di stroncare sul nascere una esperienza che già stava mostrando abbondanti frutti. Naturalmente la richiesta non ebbe seguito e Gs prosperò.
Un secondo motivo di preoccupazione è la crisi che Comunione e Liberazione sta attraversando, con una evidente divisione al suo interno, tra chi ancora mantiene vivo lo spirito e il carisma di Luigi Giussani e chi sembra aver smarrito quello spirito combattivo e quella lucidità di giudizio sul mondo che ha caratterizzato per oltre quarant’anni Cl.
Ricordiamo che Comunione e Liberazione è stato uno dei fiori all’occhiello della Chiesa cattolica, in anni di caduta in verticale delle vocazioni, di scomparsa dei cattolici dalle università e dalla politica ed è stato l’unico ad aver portato avanti battaglie nel mondo della cultura, dell’economia e dell’educazione. Per chiarire cosa ha rappresentato Cl per la Chiesa non solo italiana – il movimento ha portato il carisma di Giussani in quasi ogni parte del mondo – basta pensare al Meeting di Rimini, manifestazione unica nel suo genere in cui veramente la fede si è fatta cultura, secondo la celebre esortazione di Papa Giovanni Paolo II, che con il movimento aveva un rapporto speciale.
Costringere Carrón a lasciare proprio adesso non sembra una scelta azzeccata. Come abbiamo ricordato è stato lo stesso Giussani a designare il successore e cosa assicura che altri adesso riescano a far meglio? E se questo successore non risultasse gradito dalla Curia romana? Gli chiederanno nuovamente di lasciare?
Queste dimissioni anticipate lasciano aperta la porta anche ad una preoccupazione che più di un ciellino nutre in cuor suo: la volontà di “normalizzare” un movimento che sicuramente in passato si è trovato a percorrere vie diverse da quelle di una certa chiesa “progressista”, portata più al “dialogo” e al compromesso col mondo che alla difesa della identità cristiana, la quale sembra oggi avere preso il sopravvento. E come si sa, certi chierici hanno la memoria lunga.
Che queste non siano maliziose illazioni potrebbero provarlo alcuni “screzi” avvenuti in passato tra Carrón, Cl e Papa Francesco. Tra il 2020 e il 2021 Carrón si è opposto alla riforma degli statuti dell’ordine laico dei Memores Domini, con il conseguente commissariamento e, inoltre, la mancata partecipazione del sacerdote spagnolo all’incontro tra il Papa e i responsabili dei movimenti – al quale era stato espressamente invitato – . Ma già nel 2015 si era capito che tra papa Francesco e Cl c’era dell’attrito; quando in occasione delle udienze concesse dal Santo Padre ai movimenti in piazza San Pietro tutti hanno avuto la loro bella dose di elogi e incoraggiamento meno Cl, al quale è stato riservato quello che Robi Ronza, tra i primi seguaci di Giussani, ha definito «un discorso di ammonimento», senza alcun cenno positivo se non altro per la presenza antica e affatto irrilevante che ha il movimento proprio in quelle “periferie del mondo” che tanto a cuore stanno a Francesco.
Cosa il Papa sappia realmente di Cl e cosa gli è stato soffiato all’orecchio non ci è dato di sapere. Purtroppo, c’è da aspettarsi ora un rapido e definitivo declino anche per questo movimento che è stato una delle ultime ridotte di resistenza alla irrilevanza dei cattolici e alla secolarizzazione della stessa Chiesa. Anche se lo Spirito soffia dove vuole e su chi vuole.
Non penso che l’iniziativa vaticana sulle centinaia di associazioni e movimenti ecclesiali abbia come fine la normalizzazione degli stessi e men che meno sia specificamente indirizzata a CL. Da ciellino di antico pelo non ho nemmeno visto tutto questo attrito tra papa Francesco e Cl, anzi, in molti il 7 marzo 2015 in Piazza San Pietro abbiamo pensato che le parole del Papa fossero concordate con lo stesso Don Julian Carron (qualcuno dice che il “ghost writer” fosse Massimo Borghesi). Aggiungo che le divisioni interne al movimento, se così le vogliamo definire, si basano proprio sull’accusa mossa da alcuni aderenti a Carron di aver pedissequamente sposato la linea bergogliana, portando il movimento ad abbandonare la peculiare caratteristica di essere pubblicamente e baldanzosamente presenti nel dibattito politico e culturale a beneficio di una linea più “morbida”, non divisiva e dialogante. Un ritorno alla “scelta religiosa”, insomma, sempre aborrita da CL. L’articolo non mi convince.