La Chiesa, sull’omosessualità, distingue tra persone, inclinazione, pratica e convivenze gay

La Chiesa, sull’omosessualità, distingue tra persone, inclinazione, pratica e convivenze gay

L’UNIONE OMOSESSUALE GENERA UNA CONCEZIONE DELLA SESSUALITÀ DEL TUTTO DIFFORME DALLA LOGICA DELLA NATURA (IL PIANO DI DIO) E INDUCE A PENSARE CHE IL COMPORTAMENTO OMOSESSUALE SIA UNA FORMA DIFFERENZIATA RISPETTO AL PERCORSO DEL MATRIMONIO TRA UN UOMO E UNA DONNA…

A cura di Angelica La Rosa

 

Nell’interpretare la legge di Dio la Chiesa Cattolica è assistita dall’alto, dallo Spirito Santo. In virtù di questa assistenza divina può parlare di fede e di morale senza commettere errori perché Nostro Signore Gesù Cristo non può permettere al Suo Corpo mistico di sbagliare e vivere nell’errore.

Sul tema dell’omosessualità ricordiamo due oramai storici interventi di rilievo a cura della Congregazione per la Dottrina della Fede: la dichiarazione Persona humana (PH) del 29.12.1975 e Homosexualitatis problema (HP) sulla cura pastorale delle persone omosessuali del 1.10.1986.

A questi possiamo aggiungere il Catechismo della Chiesa Cattolica e il recente Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede ad un dubium circa la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso del 15 marzo 2021.

Coniugando tutti questi documenti viene fuori che la Chiesa distingue tra: – persone omosessuali, – inclinazione omosessuale, – pratica omosessuale, – convivenze omosessuali.

Circa le persone omosessuali il Catechismo della Chiesa Cattolica, al numero 2358, rileva che “un numero non trascurabile di uomini e di donne presentano tendenze omosessuali profondamente radicate”. Queste persone, indipendentemente dalla loro inclinazione, secondo lo stesso punto del Catechismo, “devono essere accolte con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione”.

La tanto citata, parzialmente e quindi erroneamente, frase di Papa Francesco durante un viaggio aereo (“Chi sono io per giudicare…“) andava proprio nella direzione di questo punto del Catechismo.

Per quanto riguarda l’inclinazione omosessuale, il numero 3 del documento sulla cura pastorale delle persone omosessuali ricorda che “occorre precisare che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata. Pertanto coloro che si trovano in questa condizione dovrebbero essere oggetto di una particolare sollecitudine pastorale perché non siano portati a credere che l’attuazione di tale tendenza nelle relazioni omosessuali sia un’opzione moralmente accettabile” (HP 3).

Non a caso il numero 2358 del Catechismo spiega che “questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte una prova”.

Relativamente alla pratica omosessuale (non descriviamo come viene praticata e con quali parti del corpo, ma è facilmente intuibile), la dichiarazione Persona humana del 1975 ricorda che i rapporti omosessuali “sono intrinsecamente disordinati e che in nessun modo possono ricevere una qualche approvazione”. I motivi, a giudizio della Chiesa, sono la palese difformità dalla legge di Dio espressa nella natura della persona: “Secondo l’ordine morale oggettivo le relazioni omosessuali sono atti privi della loro regola essenziale e indispensabile” (PH 8). Manca, infatti, ad essi la complementarità dei sessi e la connessa capacità di suscitare la vita. “Solo nella relazione coniugale l’uso della facoltà sessuale può essere moralmente retto. Pertanto una persona che si comporti in modo omosessuale agisce immoralmente”, spiega il numero 7 della Homosexualitatis problema. Lo stesso numero ricorda che “l’attività omosessuale rafforza un inclinazione sessuale disordinata, per se stessa caratterizzata dall’autocompiacimento”. In aggiunta la Dichiarazione Persona humana afferma al numero 8 che “le relazioni omosessuali sono condannate nella Sacra Scrittura come gravi depravazioni”.

Nella Prima Lettera ai Corinti, capitolo 6, versetto 10 san Paolo è molto esplicito: “Non illudetevi: né effeminati, né sodomiti… erediteranno il Regno di Dio”. E lo stesso autore, nella lettera ai Romani parla della pratica omosessuale come di “passione infame”, di “atti ignominiosi”, di “traviamento”. E conclude: “E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa” (Rm 1, 24.26-27.32).

Non a caso il Catechismo Cattolico ricorda che si tratta di un peccato gravissimo che “grida verso il cielo” (n. 1867). Con molta chiarezza il Magistero della Chiesa dice: “Come accade per ogni altro disordine morale, l’attività omosessuale impedisce la propria realizzazione e felicità, perché è contraria alla sapienza creatrice di Dio. Quando respinge le dottrine erronee riguardanti l’omosessualità, la Chiesa non limita ma piuttosto difende la libertà e la dignità della persona, intese in modo realistico e autentico” (HP 7).

Infine, circa le convivenze omosessuali, se è già di suo grave il peccato di omosessualità, l’unione omosessuale introduce un disordine ancora più grave, perché genera una concezione della sessualità del tutto difforme dalla logica della natura (il piano di Dio) e induce a pensare che il comportamento omosessuale sia una forma differenziata rispetto al percorso del matrimonio tra un uomo e una donna.

San Giovanni Paolo II, attraverso un Discorso al Tribunale della Rota romana, del 21 gennaio del 1999, ha detto che è “incongrua la pretesa di attribuire una realtà coniugale all’unione fra persone dello stesso sesso. Vi si oppone, innanzitutto, l’oggettiva impossibilità di far fruttificare il connubio mediante la trasmissione della vita, secondo il progetto inscritto da Dio nella stessa struttura dell’essere umano. È di ostacolo, inoltre, l’assenza dei presupposti per quella complementarità interpersonale che il Creatore ha voluto, tanto sul piano fisico-biologico quanto su quello eminentemente psicologico, tra il maschio e la femmina”. E lo stesso Papa polacco spiegava che “molto meno si può attribuire a quest’unione il diritto di adottare bambini senza famiglia”.

Chiaramente il numero 15 della dichiarazione Persona humana aggiunge che “nessun programma pastorale autentico potrà includere organizzazioni nelle quali persone omosessuali si associno tra loro, senza che sia chiaramente stabilito che l’attività omosessuale è immorale. Un atteggiamento veramente pastorale comprenderà la necessità di evitare alle persone omosessuali le occasioni prossime di peccato”.

Come si vede il pensiero della Chiesa è molto coerente con la realtà umana e oggettivamente è inoppugnabile, oltre ad essere pienamente biblico. Qualsiasi persona di buona volontà, indipendentemente dalla fede, può riconoscere la validità dei giudizi. Non si tratta di partito preso, ma di nozioni elementari che sono già intuite come valide dal buon senso.

Da ultimo, il Responsum del 15 marzo 2021, voluto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, e avallato da Papa Francesco, dopo aver ricordato che in “alcuni ambiti ecclesiali si stanno diffondendo progetti e proposte di benedizioni per unioni di persone dello stesso sesso“, spiega che “per essere coerenti con la natura dei sacramentali, quando si invoca una benedizione su alcune relazioni umane occorre – oltre alla retta intenzione di coloro che ne partecipano – che ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere e ad esprimere la grazia, in funzione dei disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore. Sono quindi compatibili con l’essenza della benedizione impartita dalla Chiesa solo quelle realtà che sono di per sé ordinate a servire quei disegni. Per tale motivo, non è lecito impartire una benedizione a relazioni, o a partenariati anche stabili, che implicano una prassi sessuale fuori dal matrimonio (vale a dire, fuori dell’unione indissolubile di un uomo e una donna aperta di per sé alla trasmissione della vita), come è il caso delle unioni fra persone dello stesso sesso”, una unione “non ordinata al disegno del Creatore“.

Come sappiamo, invece, la benedizione del matrimonio eterosessuale rimanda al racconto della Creazione, nel quale la benedizione di Dio sull’uomo e sulla donna è in relazione alla loro unione feconda (cfr. Gen 1, 28) e alla loro complementarietà (cfr. Gen 2, 18-24). Non a caso per la Congregazione per la Dottrina della Fede la benedizione delle unioni omosessuali “non può essere considerata lecita, in quanto costituirebbe in certo qual modo una imitazione o un rimando di analogia con la benedizione nuziale, invocata sull’uomo e la donna che si uniscono nel sacramento del Matrimonio“, dato che, come spiega Papa Francesco al numero 251 dell’Esortazione apostolica post-sinodale “Amoris laetitia“, “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppur remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia“.

La dichiarazione di illiceità delle benedizioni di unioni tra persone dello stesso sesso, ha spiegato la Congregazione per la Dottrina della Fede, “non intende essere un’ingiusta discriminazione, quanto invece richiamare la verità del rito liturgico e di quanto corrisponde profondamente all’essenza dei sacramentali, così come la Chiesa li intende“. Inoltre una benedizione delle unioni omosessuali manifesterebbe l’intenzione “di approvare e incoraggiare una scelta ed una prassi di vita che non possono essere riconosciute come oggettivamente ordinate ai disegni rivelati di Dio. La Chiesa ‘non benedice né può benedire il peccato'”.

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