Ecco chi c’è dietro l’allarmismo climatico
WORLD ECONOMIC FORUM, USAID (AGENZIA DEGLI STATI UNITI PER LO SVILUPPO INTERNAZIONALE), GREEN CLIMATE FUND, PRO ABORTO E PRO GENDER TRA I PIU’ INTERESSATI “SPONSOR” DELL’EMERGENZA CLIMATICA…
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Di Emanuela Maccarrone
Fino al 12 novembre si terrà presso la città di Glasgow il vertice intergovernativo sull’emergenza climatica, noto come COP 26.
Annunciato come la serie più cruciale di colloqui sul clima dal 2015 (quando le nazioni hanno firmato il cosiddetto accordo di Parigi che le vincolava a limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi sopra i livelli preindustriali), quello scozzese si preannuncia come un evento fallimentare.
Edward Petin, corrispondente del ‘National Catholic Register’, ha sintetizzato i piani d’azione e le perplessità di alcuni critici riguardo i traguardi del COP26.
Il vaticanista di lungo corso scrive che questo vertice genererà obiettivi ancora più ambiziosi (e irrealizzabili), esasperando gli studi sul clima condotti dalle Nazioni Unite e la crescente preoccupazione per la frequenza dei disastri naturali, una delle cause del crescente allarmismo mediatico sulla questione del clima.
Al di là di cosa sarà deciso, molti critici temono che l’emergenza climatica sia la scusa che tenderà a favorire gli interessi di qualcuno. Accanto al monito di padre Haffner, che ha denunciato il pericolo della nascita di una “religione climatica” (vedi qui) si sono aggiunti altri critici che hanno manifestato forti perplessità riguardo a eccessivi antropocentrismi, visioni utopiche ed ecologismi.
Secondo questi esperti, ci sarebbero vari gruppi che gridando alla “crisi climatica” vogliono attuare i propri programmi.
Tra questi è stato citato il World Economic Forum (WEF), una ONG internazionale di élite politiche e imprenditoriali (e uno dei principali partner del COP26), accusato di essere il fautore dell’ambigua iniziativa del “Great Reset” che alcuni esperti vedono come un progetto per una tecnocrazia digitale centralizzata che porterebbe ad una “società scristianizzata”.
Altri gruppi che appoggiano proposte radicali sull’agenda climatica (e chiedono una quota dei fondi per il clima) sono i fornitori di aborti a livello internazionale e le organizzazioni che si occupano di pianificazione familiare.
L’USAID, l’agenzia per lo sviluppo del governo federale degli Stati Uniti, ha annunciato che integrerà l’ideologia di genere nelle politiche climatiche.
John Klink, che è stato un negoziatore della Santa Sede al Vertice ambientale di Rio nel 1992 ed ha svolto un ruolo chiave nelle battaglie pro-vita della Chiesa in altre importanti discussioni delle Nazioni Unite negli anni ’90, ha dichiarato al Register di considerare un “chiaro pericolo” l’utilizzo di miliardi di dollari per il Green Climate Fund, un organismo delle Nazioni Unite finalizzato a finanziare le nazioni in via di sviluppo per adattarsi a contrastare i cambiamenti climatici.
Secondo Klink questi dollari “saranno incanalati anche verso i fornitori di aborti”. In questa prospettiva, l’ex negoziatore del Vaticano ha anche evidenziato che il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) sta collegando i programmi per ridurre l’impatto del cambiamento climatico sull’Africa all’accesso universale all’aborto e alla contraccezione con il pretesto di “salute riproduttiva”.
Stefano Gennarini, vicepresidente per gli studi legali presso il Center for Family and Human Rights (C-Fam), un’organizzazione che fa pressione sulle Nazioni Unite su questioni pro-vita, è preoccupato che le politiche climatiche delle Nazioni Unite danneggino i poveri attraverso una “nuova rivoluzione industriale promossa dall’alto, dai paesi ricchi”.
A riguardo è bene ricordare il monito di papa Francesco contenuto nell’enciclica sull’ambiente del 2015, cioè di non incolpare per i danni ambientali il dato che registra la crescita della popolazione mondiale quanto, piuttosto, il “consumismo estremo e selettivo” esercitato da parte di alcuni.