Lasciarsi provocare dai tratti “pericolosi” delle relazioni tra chiesa, sesso e amore

Lasciarsi provocare dai tratti “pericolosi” delle relazioni tra chiesa, sesso e amore

VA EVITATA OGNI DERIVA “DISORDINATA NELL’USO DELLA SESSUALITÀ. QUESTO IMPIANTO È STATO FORMALIZZATO DAL VATICANO II SOTTO LA RUBRICA «CHIESA-MONDO», ESPRIMENDO UNA FORTE VOLONTÀ DIALOGICA CONIUGATA CON IL CONVINCIMENTO CHE QUANTO LA CHIESA SAPEVA DIRE SU MATRIMONIO E FAMIGLIA AVEVA UNA SUA PORTATA UNIVERSALE”

Di Gilfredo Marengo*

Chiesa sesso amore, Le relazioni «pericolose», titolo che riecheggia volutamente un caposaldo della moderna letteratura d’amore, Les Liaisons dangereuses (1782), il romanzo di Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos (1741-1803). Quest’ultimo, comunque, non è stato certamente fonte d’ispirazione per l’Autore del libro che presentiamo, ma evoca gli inizi di una stagione della cultura europea in cui sesso e amore sono diventati un singolare periculum per la vita della chiesa.

Approfittando della ricchezza di significati con cui la lingua latina declina questo vocabolo (tentativo, prova, esperimento, rischio), si può ben dire che queste realtà sono state uno speciale banco di prova per la comunità ecclesiale a partire dal XIX secolo.

Trascorsi due secoli, densi di sfide e provocazioni, in cui non poche energie sono state spese sia nella riflessione teologica sia nell’azione pastorale, non si può evitare di lasciarsi interrogare da un singolare fenomeno: più la chiesa ha investito su matrimonio e famiglia – soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II – più si è allargata la forbice tra quanto essa insegna e propone, la mentalità dominante e il vissuto degli uomini e delle donne del nostro tempo. Queste pagine cercano di comprendere le ragioni di questo fatto, si propongono di metterne in luce le radici storiche e culturali, al fine di suggerire qualche possibile via di uscita da una tale impasse.                                                            Gilfredo Marengo

È stato decisivo, nella seconda metà del XX secolo, l’affrancarsi del sesso e dell’amore dal legame indissolubile con l’istituto del matrimonio. Tale fenomeno fu l’esito di due dinamiche che presero avvio nell’Ottocento: la nascita di un sapere della sessualità e il diffondersi di una narrazione dell’amore, cui ha provveduto la cultura romantica, presentato come fondamentale centro di gravità dell’umana esistenza.

Sesso e amore acquistarono una soggettività e un’autonomia affatto nuova nel panorama della cultura occidentale e ancor più nella sensibilità ecclesiale. Per secoli l’enfasi sul fine procreativo del matrimonio aveva orientato lo sguardo della chiesa sugli atti della sessualità, con la preoccupazione di sancire la loro liceità a condizione che essi fossero esercitati in ordine a quella finalità, mentre le relazioni coniugali non venivano per lo più ospitate all’interno del vocabolario cristiano dell’amore, tradizionalmente declinato secondo la scansione amore di sé, amore di Dio, amore al prossimo. Per questi motivi si reagì al nuovo protagonismo di sesso e amore cogliendo in questo fenomeno un attacco inaccettabile alla morale del matrimonio e della famiglia: veniva meno la funzione disciplinante del fine procreativo dei rapporti sessuali; d’altra parte, invocare il primato dell’amore nella relazione uomo-donna poteva addirittura giustificare l’esercizio della sessualità anche fuori dal matrimonio.

Nei fatti la presa in carico di queste problematiche ebbe come luogo di elezione la valutazione etica dei differenti metodi di controllo della natalità. Quando essa ha assunto nella vita della chiesa un particolare rilievo, la preoccupazione di ri-motivare i fondamentali dell’insegnamento ecclesiale aprì la strada all’attenzione all’amore coniugale.

Valorizzato di concerto con il ribadito ordinamento alla procreazione degli atti propri dei coniugi, si mise in campo quell’amore a custodia di ogni deriva disordinata nell’uso della sessualità. Questo impianto è stato formalizzato dal Vaticano II sotto la rubrica «chiesa-mondo», esprimendo una forte volontà dialogica coniugata con il convincimento che quanto la chiesa sapeva dire su matrimonio e famiglia aveva una sua portata universale. Non va però dimenticato che il “mondo” a cui la chiesa si rivolgeva fiduciosa in Gaudium et spes, aveva ormai assimilato i fattori di novità che da un secolo riconoscevano al sesso e all’amore la loro autonomia. Era in incubazione un nuovo passo in avanti, comunemente rubricato con l’avvento di una vera e propria “rivoluzione sessuale”. Questa rappresentò il motore di una progressiva rivendicazione del diritto al piacere sessuale e alla gratificazione affettiva per ogni individuo, tappa fondamentale verso una stagione segnata da una dichiarata assolutezza del sesso, poco o tanto addolcita dagli accenti più scontati di un certo romanticismo di maniera.

Quando la chiesa s’impegnò a una differente valorizzazione della relazione di coppia, si è trovata a “chiudere la stalla quando son fuggiti i buoi”: il tentativo di accordarsi con la comprensione moderna dell’amore e del sesso veniva messo all’ordine del giorno mentre la mentalità dominante ormai era avviata su altre traiettorie, ancora più distanti e ostili.

La decisione di pubblicare Humanae vitae nel cuore del Sessantotto ha un eloquente potere evocativo. L’eco di queste difficoltà si coglie bene nella stagione post-conciliare, nella quale si è via via allestito un confronto sempre più serrato nello spazio dell’antropologico, nel convincimento che la sessualità fosse un fattore decisivo per mettere a fuoco i modelli di uomo, cristiano o mondano, operanti nella società.

Procedendo in questa direzione si è implicitamente legittimata la centralità guadagnata dalla sessualità nell’epoca presente. Allo stesso tempo, una volta riconosciuta come speciale ambito di verifica della “verità” dell’uomo, essa ha guadagnato un peculiare profilo identitario. Ne è derivata un’ineludibile polarizzazione, quasi scontata, tra la chiesa e la mentalità dominante, ma anche registrabile all’interno della comunità cristiana, nel cui ambito si è prodotto un fenomeno ancora più inquietante: l’ampliarsi della platea di fedeli che, nei fatti, vivono la loro sessualità secondo criteri “mondani”, senza coglierne la contraddizione con la propria appartenenza ecclesiale.

Nel lungo periodo la chiesa e il mondo si sono orientati a riconoscere una speciale centralità antropologica alla sessualità, sebbene in tempi differenti e con esiti obiettivamente distanti. La cultura moderna ha lasciato completamente cadere le istanze di disciplinamento degli atti della sessualità, già ben operanti nella cultura greco-latina, ed è giunta a escludere a priori qualunque istanza normativa, secondo il celebre assioma “vietato vietare”.

La riflessione e la prassi ecclesiali hanno invece investito nell’analisi accurata della differenza sessuale, considerata come dimensione originaria dell’umana esistenza («maschio e femmina li creò»), per ridare smalto e ragioni adeguate ai contenuti propri della morale cattolica in questo ambito. In sintesi, l’istanza etica sarebbe l’unico elemento discriminante e ad essa spetterebbe il compito di esprimere lo specifico che l’esperienza cristiana può dire a proposito della sessualità.

Se questa prospettiva fosse indiscutibile, si dovrebbe concludere che il periculum rappresentato dal sesso e dall’amore potrebbe avere solamente due vie d’uscita: una ribadita insistenza sulle norme morali, ormai dichiarate “inattuali” dal tribunale della storia, ma proprio per questo testimoni privilegiate dell’irriducibilità della vita cristiana al “mondano”, oppure una discreta messa in sordina di questa parte dell’annuncio cristiano, alla fine percepita come ingombrante e fuorviante nel tentativo di rinnovare un incontro dialogico con gli uomini del nostro tempo. Entrambe le direttrici sono state percorse con risultati della cui positività e fecondità si può ampiamente dubitare.

Il lettore troverà in questo saggio una ricostruzione storico-critica del cammino che ha portato a questi scenari e il tentativo di scovare all’interno di questo percorso quell’elemento, apparentemente ben presente, ma allo stesso tempo mai pienamente messo a fuoco, che può avere la pretesa di mettere in discussione un impianto che nel tempo mostra sempre di più i suoi limiti. Questo fattore è il carattere sacramentale del matrimonio cristiano, in cui l’agire grazioso di Cristo protesta la volontà di donare agli uomini e alle donne l’esperienza della redenzione all’interno delle loro relazioni coniugali.

Lasciarsi provocare dai tratti “pericolosi” delle relazioni tra chiesa, sesso e amore non sembra, dunque, preludere innanzitutto all’elaborazione sistematica di una “teologia della sessualità”, ma semmai invita a portare alla luce la capacità della rivelazione cristiana di valorizzare appieno questa dimensione dell’umana esistenza, senza per questo cedere alle equivoche derive orientate ad assegnarle un ruolo totalizzante. Solamente a queste condizioni si può giungere a registrare un auspicabile e prezioso “scampato pericolo”, al riparo dalla pretesa di chiudere una volta per tutte la partita: lo vieta l’insuperabile dimensione storica dell’esperienza cristiana in cui la libertà dell’uomo è sempre messa alla prova. Per questi motivi non sembra utile impegnarsi innanzitutto a “definire” il sesso e l’amore, per guadagnare tutti i necessari strumenti utili a padroneggiare le complesse e drammatiche tensioni che essi alimentano nell’umana esistenza. Il Vangelo della famiglia dona piuttosto agli uomini e alle donne la possibilità di abitare senza timore quelle tensioni e verificare passo passo la fecondità della presenza operosa di Cristo nella loro vita, nelle relazioni coniugali, negli affetti, nel riconoscersi maschio e femmina.

Il presente volume, praticando un approccio “transdisciplinare” – come oggi si ama dire – non intende offrire una trattazione sistematica di tutti i temi frequentati, analizzati e approfonditi criticamente da varie discipline come la sociologia, la teologia, la storia della cultura, la filosofia. Facendo tesoro della ricchezza di questi studi si è cercato di favorire l’incontro tra varie chiavi di lettura: la complessità dei problemi in campo non sempre è letta adeguatamente da un approccio monografico, mentre l’incontro tra differenti prospettive promette di valorizzare il contributo di ciascuna a una più equilibrata visione d’insieme. Al lettore il compito di valutare se sia valsa la pena di correre il periculum di comporre questo saggio.

* Introduzione a Chiesa sesso amore, Le relazioni «pericolose»
(Edizioni San Paolo 2021, pp. 224, euro 20)

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