In Italia le cure palliative esistono solo sulla carta…
IL DOTTOR FRANCESCO SCARCELLA: “RENDIAMO LA LEGGE 38/2010 PIENAMENTE OPERATIVA E, FORSE, CI ACCORGEREMO CHE POTREBBE NON SERVIRE ALCUNA LEGGE SUL FINE VITA”
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Di Emanuela Maccarrone
Nella lettera ‘Samaritanus bonus’, la Congregazione per la Dottrina della fede ha ribadito il primato della vita e l’importante impegno, sociale e medico, nel difenderla.
“La cura della vita è dunque la prima responsabilità che il medico sperimenta nell’incontro con il malato. Essa non è riducibile alla capacità di guarire l’ammalato, essendo il suo orizzonte antropologico e morale più ampio: anche quando la guarigione è impossibile o improbabile, l’accompagnamento medico-infermieristico (cura delle funzioni fisiologiche essenziali del corpo), psicologico e spirituale, è un dovere ineludibile, poiché l’opposto costituirebbe un disumano abbandono del malato“.
San Giovanni Paolo II, nella lettera enciclica ‘Evangelium Vitae’, ci ricorda che l’eutanasia “oltre che per una presunta pietà di fronte al dolore del paziente, viene talora giustificata con una ragione utilitaristica, volta ad evitare spese improduttive troppo gravose per la società. Si propone così la soppressione dei neonati malformati, degli handicappati gravi, degli inabili, degli anziani, soprattutto se non autosufficienti, e dei malati terminali. Né ci è lecito tacere di fronte ad altre forme più subdole, ma non meno gravi e reali, di eutanasia“.
È legittimo acconsentire all’affermazione di una ‘cultura della morte’ o di quella che papa Francesco ha chiamato la ‘cultura dello scarto’, per la quale ogni vita umana che non risponde più al criterio di utilità è una “vita indegna”?
Una risposta potremmo già trovarla analizzando quanto accade in Paesi come l’Olanda. Rinviamo a quanto scritto dalla ricercatrice Vera van de Berg, che ha denunciato l’abuso assurdo di queste leggi, che diventano strumenti utili per la soppressione di svariate categorie di persone.
Recentemente il dottor Francesco Scarcella, medico specializzato nelle cure palliative, ha espresso il suo dispiacere per l’approvazione, da parte delle commissioni Giustizia ed Affari Sociali, del testo di legge base sul Fine Vita.
“Tema delicato quello del fine vita e della gestione dei cosiddetti malati terminali. Non è facile parlarne né, tantomeno, affrontarlo. Ma in uno Stato di diritto civile e moderno, prima di affrontare la terminalità con una legge sul fine vita, mi preoccuperei di potenziare e rendere efficienti le Cure Palliative, nate appositamente per gestire il fine vita”, ha dichiarato il dottor Scarcella.
In base alla sua formazione scientifica sulla materia, il dottore ha affermato che le cure palliative hanno un forte potenziale ma che in Italia c’è un grave deficit nell’organizzazione, nella gestione e nell’applicazione delle stesse.
“In molte regioni le reti locali di cure palliative esistono solo sulla carta. Circa l’accreditamento delle reti di cure palliative, solo poche regioni virtuose hanno intrapreso questa strada mentre la maggior parte naviga in una palude di ignoranza ed incompetenza”.
L’invito conclusivo del dottore è stato quello di incrementare la formazione degli operatori che lavorano nelle equipe delle cure palliative, ma anche supportare e facilitare le famiglie ed i caregiver attraverso leggi che favoriscano l’assistenza domiciliare, riducendone la burocrazia.
“Uniformiamo ed ottimizziamo i percorsi per accedere alle cure palliative. Introduciamo il medico palliativista in ospedale come figura centrale e non come specialista di serie B da coinvolgere soltanto quando si deve liberare un posto letto. Sviluppiamo le cure palliative di base con coinvolgimento massimo dei medici di famiglia. Insomma rendiamo la Legge 38/2010 pienamente operativa e, forse, ci accorgeremo che potrebbe non servire alcuna legge sul fine vita”.