Draghi: il Super-tecnico che ha incenerito la politica
È GIÀ SUCCESSO CON CIAMPI, CON DINI, CON MONTI E ORA CON DRAGHI: SIAMO I SOLI IN EUROPA A NON AVERE UN PRESIDENTE DEL CONSIGLIO ELETTO. NON SOLO, MA L’AMPIA MAGGIORANZA CHE LO SOSTIENE SI AFFIDA A LUI QUASI CON SOGGEZIONE. C’È POI DA STUPIRSI SE GLI ELETTORI SI SENTONO LONTANI? A CHE SERVE VOTARE SE POI A GUIDARE IL PAESE FINISCONO SEMPRE PERSONALITÀ CHE NON DEVONO PASSARE DALLE ELEZIONI? MA UNA DEMOCRAZIA SI REGGE SULLE ORGANIZZAZIONI POLITICHE CHE RICEVONO DAGLI ELETTORI IL MANDATO A GOVERNARE
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Di Giuseppe Brienza
Caricatura del presidente del Consiglio sulla copertina dell’ultimo numero de “Il Borghese”, disegnata da Alessio Di Mauro, con su la scritta: “Draghi. Il supertecnico che ha incenerito la politica”. La vignetta si riferisce al titolo dell’editoriale di apertura, “Bruciati da Draghi”, del numero di novembre della rivista mensile di cultura e politica pubblicata dall’editore Pagine di Roma.
Nel suo fondo il direttore Giuseppe Sanzotta parte dalla clamorosa opportunità mancata il 3 e 4 ottobre scorso dal centrodestra di “capitalizzare” lo scontento verso il Governo e l’attuale situazione di pandemia permanente dei circa 12 milioni di Italiani chiamati alle urne per le amministrative. Si trattava di un banco di prova importante per il futuro del nostro Paese, non solo perché queste elezioni costituivano una prova generale della competizione nazionale che si avrà al massimo tra un anno e mezzo, ma anche perché hanno spianato la prospettiva politico-istituzionale per i prossimi mesi. In particolare, secondo Sanzotta, se nel 2023 il centrodestra vorrà veramente governare l’Italia dovrà subito «indicare agli elettori una strada. C’è una strategia comune, o si punta solo a una somma matematica di voti? È lecito sapere se la linea sia quella della Meloni, di opposizione al governo Draghi, oppure è quella di Berlusconi che sostiene apertamente e acriticamente il Governo o è quella di Salvini, che un giorno si veste da Meloni per cercare di non lasciare campo libero all’alleata rivale, e un altro sogna di unirsi a Forza Italia. Così come cavalcare la protesta a giorni alterni non porta consensi o fiducia. Si rischia l’inaffidabilità e nello stesso tempo la sfiducia di chi protesta. Così annunciare di essersi vaccinati e strizzare l’occhio ai no-vax non produce alcun effetto positivo, anzi disorienta. Sarebbe fin troppo facile affermare che la politica non si può fare con i sondaggi, non si possono inseguire le tendenze del momento. Occorrerebbe avere una visione più ampia, una linea chiara» (p. 3).
Al tema centrale dell’involuzione della politica interna (ma, in verità, non solo questa) italiana, a partire dallo scoppio della pandemia, è dedicato l’articolo del filosofo Hervé Cavallera, ordinario di Storia della pedagogia all’Università del Salento, intitolato “Le fosche nubi d’autunno. Il fallimento della politica del Come se” (p. 15). Si riferisce alla connotazione essenziale del nostro mondo occidentale post-ideologico – quindi in un mondo senza idee guida –, nel quale nella politica si osserva «la compresenza di una promiscuità di comportamenti e stati d’animo, che possono essere ora puritani ora goderecci a seconda del nemico da colpire o dei propri costumi da difendere. […] uno svilimento dei valori che spinge a ridurci a vivere alla giornata, con gravi lacerazioni all’interno di coalizioni che tali non risultano di fatto. Non a caso si esalta il pragmatismo, l’atteggiamento che si giudica utile al conseguimento di risultati concreti e immediati. Una vita senza un significato che vada oltre l’hic et nunc. Il presente appare come una estenuante dissoluzione dei valori e delle certezze, e tutto si tiene nell’universo incontrollato dei social, ove il vero si confonde col falso, l’opinione col ponderato giudizio».
L’opinionista di destra Marcello Veneziani dedica la sua rubrica mensile Ultimatum al declino dei valori che hanno allegato generazioni, ovvero quelli della Fede, della patria e della famiglia. Nel pezzo, intitolato “Dio, patria e famiglia OGGI”, il giornalista e scrittore confuta anzitutto i due pregiudizi che ne vietano la riproposizione in qualsiasi attuale ambito pubblico: «uno, vecchio, che ne decretava la cieca osservanza e un altro [per cui] il riferimento a Dio, patria e famiglia è di natura politica. Ma non è così, questo riferimento sorge da un pensiero metapolitico e da un’apertura dell’anima che precedono o superano l’agire politico e sono compresi fra due estremi: biologia e metafisica, anima e corpo. Dio patria e famiglia sono proiezioni e protezioni oltre sé» (p. 80).
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