Dai manganellati di Trieste è venuta una fortissima lezione di dignità
GRAZIE, PORTUALI DI TRIESTE!
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Di Gianmaria Spagnoletti
Ormai da parecchi giorni va avanti la protesta dei portuali di Trieste contro il Green Pass. Non è un semplice “vezzo” di alcuni piantagrane, ma una ribellione dettata dall’elementare buonsenso, che chiede: “Perché essere costretti a pagare per poter lavorare?”.
È questo l’assurdo dell’Italia di oggi, dove formalmente la Costituzione è ancora in vigore, ma il diritto al lavoro è diventato di fatto una “concessione”. C’è da scommettere che sarebbe tutto caduto nell’apatia generale e nella sufficienza di chi accetta tutto per “quieto vivere” (“Qual è il problema? Paghi, oppure ti fai la puntura”) se non fosse partita la protesta dei lavoratori triestini, nata da un’esigenza elementare: poter lavorare e portare a casa il pane, senza lasciapassare di sorta.
Una manifestazione fatta “per” dignità, “con” dignità e grande unità (un miracolo, in una società così individualista) che ha accomunato lavoratori vaccinati e non vaccinati, tanto per dire come le ragioni fossero talmente ovvie e “sentite” da essere trasversali (altro che “vax” contro “no vax”!); una protesta del tutto pacifica, che ha bloccato la città giuliana senza sfasciare nulla, e anzi portando in piazza anche le famiglie dei portuali: le madri, le mogli, i figli. Eppure, la reazione della Polizia è stata immediata e rabbiosa, colpendo con manganelli e idranti queste persone anche se erano sedute per terra, senza risparmiare nemmeno una donna incinta lì presente. Sono stati lanciati lacrimogeni persino in una scuola.
Scene indegne di un Paese normale: da noi è possibile fare un “rave party” drogandosi in santa pace, o sfasciare impuniti la sede della CGIL, ma si viene pestati in una manifestazione pacifica. Il tutto, mentre altrove i sindacati erano impegnati in una manifestazione “contro i fascismi” (boh).
E tuttavia a uscire idealmente vincitori da questa lotta sono proprio i manganellati: da loro è venuta una fortissima lezione di dignità, perché non hanno reagito alla violenza subita con altra violenza. Lavoratori che forse qualcuno disprezza perché probabilmente hanno solo la terza Media e le mani callose di chi fa un lavoro manuale, ma che hanno ricordato a tutti che bisogna essere disposti a lottare pur di difendere la propria città, il proprio lavoro, la propria famiglia. Uomini sconosciuti, senza diritto al “quarto d’ora di celebrità”, che hanno mostrato un coraggio da leoni, al contrario degli smidollati (anche se magari più istruiti) sempre pronti a piegarsi a ogni vento di passaggio, come un giunco, pur di vivacchiare ancora un po’ (ma fino a quando?).
Colpiscono a questo riguardo anche le parole di uno dei portuali che, tenendosi per mano con gli altri, quando lo sgombero del porto era ormai imminente, piangeva dicendo “Ai miei tre figli Sabrina, Antonio, Sofia: papà è qua per voi!”.
Questo e altri filmati dello sgombero sono talmente strappalacrime che, secondo me, chi non si commuove guardandoli non ha cuore. L’uomo che piange (non certo per paura, ma per commozione al pensiero dei suoi figli) mostra al mondo intero una grande verità: si può combattere unicamente per ciò che si ama.
Chissà se qualche manifestante conosce “Il potere dei senza potere” di Vaclav Havel. In questo libro si prende a esempio un ortolano, a cui viene ordinato di esporre un cartello con uno slogan nel proprio negozio. Egli può aderire, facendolo “per quieto vivere”, per tutelarsi contro le critiche altrui, contro i delatori, contro possibili sanzioni. Ma se si rifiuta di farlo, tutto il “gioco” va sicuramente in crisi. Anche se verrà punito, l’ortolano mostra che questa vita è “nella menzogna”, e un atto di ribellione è l’uscita dalla menzogna e un passo verso la verità.
Allo stesso modo i portuali di Trieste hanno dimostrato, con il loro essere “senza potere”, che l’attuale situazione si regge su una menzogna, sostenuta dalla connivenza di molti, eppure fragile di fronte al coraggio di pochi. E non è un caso che a trovare somiglianze con la dittatura sono spesso persone originarie dell’Est europeo trapiantate qui, che hanno già vissuto sotto regimi totalitari (come lo stesso Havel) e sanno riconoscerne le caratteristiche.
Qualcuno ancora crede alla “menzogna collettiva”? Basta rendersi conto che sui grossi media non si parla affatto della protesta di Trieste. E quando accade li si addita come “violenti” (che non esistono). Per leggere notizie “giuste” su una manifestazione italiana bisogna ricorrere a notiziari esteri, o altrimenti usare il “metodo Pravda” dei dissidenti d’Oltrecortina: leggere i quotidiani italiani e trarre le conclusioni per antitesi. Ogni commento è superfluo. Ma la protesta si espande: Genova, Ancona (ma anche città non portuali come Milano, Brescia, Treviso, Vicenza…) hanno organizzato manifestazioni di supporto, ed è segno che sempre più gente si sveglia dalla menzogna per scegliere la verità. Un plauso ai portuali che stanno ancora manifestando.
Non gettate la spugna. Siamo con voi.