Le violazioni della libertà religiosa in Asia Centrale e Ucraina
LE TUTELE O LE PERSECUZIONI VARIANO AMPIAMENTE DA STATO A STATO
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Di Ellen Kryger Fantini*
La regione dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) viene spesso suddivisa utilizzando le frasi «a est di Vienna» e «a ovest di Vienna». La stessa area è stata anche definita «da Vancouver a Vladivostok», a significare non soltanto l’estensione geografica degli Stati partecipanti, ma anche la vasta gamma di etnie, religioni e strutture politiche che vi agiscono. La regione comprende più di un miliardo di persone e 57 Paesi, tra cui gli USA, il Canada, l’Europa, la Federazione Russa, i Paesi Baltici, i Balcani, le ex Repubbliche sovietiche, l’Asia centrale e il Caucaso.
Gli Stati partecipanti includono alcuni dei Paesi più potenti e influenti del mondo: Stati Uniti, Federazione Russa, Germania, Francia, Regno Unito e Turchia. Altri Stati della regione sono tra i più poveri o meno potenti, come Tajikistan, Kirghizistan e Uzbekistan. Sebbene tutti i Paesi della regione abbiano posto in essere una qualche forma di tutela costituzionale per la libertà religiosa, l’effettiva applicazione – e il rispetto sociale – di queste tutele varia ampiamente da Stato a Stato.
Nel 2020 si è osservato un fenomeno di notevole importanza relativo alle regolamentazioni legate alla pandemia di COVID-19 e al loro impatto sulla libertà religiosa in tutta la regione dei Paesi OSCE.
In molti Stati dell’Osce si evidenzia un ampio spettro di violazioni della libertà religiosa, che vanno dai gravi abusi dei diritti umani e della libertà religiosa alle discriminazioni contro specifici gruppi religiosi.
In Asia Centrale, il Turkmenistan è rimasto tra i Paesi al mondo in cui la libertà religiosa è maggiormente violata e, nel periodo in esame, non ha mostrato segni di miglioramento. Nello stesso periodo, invece, il suo vicino Uzbekistan – grazie ai molti passi compiuti verso una maggiore tutela della libertà religiosa – ha fatto sì che il Dipartimento di Stato americano promuovesse la nazione da «Paese che desta particolare preoccupazione» alla sua “Lista di controllo speciale”.
L’Economist ha nominato l’Uzbekistan il «Paese dell’anno 2019» perché «nessun’altra nazione si era spinta così lontano» in termini di riforme. Altri Paesi di questa regione, pur essendo ancora classificati come aventi livelli da medi a molto gravi di violazioni della libertà religiosa, hanno mostrato qualche segno di speranza circa un futuro miglioramento.
Nelle ex Repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale, permangono preoccupazioni tra le autorità per quella che viene percepita come una crescita dell’«Islam non tradizionale». Ciò ha portato a regolamenti più severi volti a prevenire l’espansione di forme più estreme di Islam e il conseguente jihadismo. Alcuni gruppi per i diritti civili, tuttavia, hanno espresso il timore che il pretesto del jihadismo possa rappresentare un mezzo per lo Stato per controllare ulteriormente le forme non tradizionali dell’Islam.
Nel Caucaso, il riaccendersi dello storico conflitto tra Azerbaijan e Armenia alla fine del 2020 ha indebolito la stabilità generale della regione e ha favorito la nascita di nuove alleanze. L’Azerbaijan poteva contare sull’appoggio della Turchia nella guerra e solo un cessate il fuoco mediato dalla Russia è riuscito a fermarne l’escalation.
In Turchia, che si trova a cavallo tra l’Europa sudorientale, il Medio Oriente e l’Asia centrale, si è rivelato segni inquietanti per la libertà religiosa. Durante il biennio in esame sono state osservate prove di crescenti tensioni sociali e politico-religiose, tra cui: la decisione politica di riconvertire in moschee Hagia Sophia e la chiesa bizantina di Chora; gli attacchi e la retorica anticristiani; una mancanza di diritti e riconoscimento per le minoranze religiose, così come per atei e agnostici. L’influenza di Ankara è stata osservata anche in relazione alla diminuzione della libertà religiosa nelle regioni vicine. Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo e Azerbaijan, per non parlare della parte settentrionale dell’isola di Cipro, hanno sopportato il peso degli interessi espansionistici della Turchia. La libertà religiosa in Russia è ancora sotto pressione a causa di leggi e politiche troppo ampie che prendono di mira le minoranze religiose «non tradizionali» in nome della lotta all’«estremismo».
L’applicazione di tali leggi ha comportato delle violazioni che includono la criminalizzazione delle attività missionarie e della preghiera collettiva (anche in case private), la sorveglianza diffusa di gruppi e individui e punizioni quali sanzioni pecuniarie o pene detentive. Alcuni gruppi religiosi, come i Testimoni di Geova, sono ancora considerati «organizzazioni estremiste» e sottoposti a processi giudiziari a porte chiuse. Sono state riscontrate discriminazioni contro i protestanti (che includono battisti, luterani e pentecostali), la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, la Chiesa ortodossa riformata ucraina e alcune comunità musulmane.
In Ucraina, e in particolare nella penisola occupata di Crimea e nei territori di Lugansk e Donetsk, alcune comunità religiose, come la Chiesa ortodossa ucraina, la Chiesa greco-cattolica ucraina, i protestanti e i Testimoni di Geova hanno continuato a subire gravissime violazioni dei diritti umani e della libertà religiosa. Esse hanno incluso detenzioni e imprigionamenti arbitrari, la confisca di proprietà, le violenze fisiche, il divieto di organizzare incontri e cerimonie e quello di detenere o diffondere letteratura religiosa.
* Estratto da: Aiuto alla Chiesa che Soffre Internazionale, Libertà religiosa nel
mondo 2021, aprile 2021, https://acninternational.org/religious-freedom-report/
Il Rapporto 2021 sulla libertà religiosa nel mondo è un prezioso studio pubblicato dalla Fondazione Pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre. Quella del 2021 è la quindicesima edizione del Rapporto, prodotto ogni due anni e pubblicato in inglese, francese, tedesco, italiano, portoghese e spagnolo