Il marito può ripudiare la moglie? La risposta di Gesù
VOX DEI (IN LATINO “VOCE DI DIO”), UN COMMENTO AL VANGELO DEL GIORNO DI DON RUGGERO GORLETTI
Il Vangelo di Domenica 3 ottobre 2021
XXVII Domenica per annum
Dal vangelo secondo san Marco 10,2-16
In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione (Dio) li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.
COMMENTO
Il brano di Vangelo che abbiamo appena ascoltato descrive una discussione sorta tra Gesù e i Farisei, relativa alle motivazioni che consentono al marito di ripudiare la moglie. La legge mosaica infatti consentiva al marito che avesse trovato nella moglie alcunché di vergognoso, di rimandarla con un libello di ripudio, stante il disposto di Deuteronomio 24,1: «Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che ella non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualcosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa».
All’epoca questo tema era dibattuto da due scuole rabbiniche: l’una era di interpretazione più rigorosa, l’altra più larga. Non si dibatteva, si badi bene, sulla liceità del ripudio: questa era fuori discussione, ma solamente su ciò che lo poteva giustificare: secondo la prima interpretazione solo fatti molto gravi (per esempio un aduterio) avrebbero giustificato il ripudio. Secondo l’altra invece bastava molto meno, anche solo il fatto di non piacere più al marito.
Non si presti attenzione al fatto che solo all’uomo era permesso il ripudio: non è questo il significato più importante del brano, anche perché è evidente che questa normativa permetteva alla donna che avesse voluto separarsi dal marito di rendersi odiosa ai suoi occhi, mettendolo in condizione di ripudiarla e recuperando così la propria libertà. La domanda dei farisei non era, si badi bene, se il ripudio fosse ammissibile, questo era fuori discussione, ma soltanto in quali casi lo fosse.
Gesù, interrogato su questo argomento, come spesso fa, rivoluziona la prospettiva della domanda, invitando i suoi interlocutori a guardare le cose non secondo la prospettiva umana (che è parziale, limitata e spesso erronea), ma secondo quella di Dio. Per questo riporta il discorso a Dio creatore. È nella descrizione della creazione, come riportata nel libro della Genesi, che si mostra la volontà originaria del Creatore, che ha voluto sin dall’origine il matrimonio unico e indissolubile.
Anche in questa materia, tanto importante e delicata nella vita delle persone, Gesù mostra quale sia lo scopo della sua missione: riportare il mondo, riportare ogni uomo, riportare ciascuno di noi allo splendore originario della Creazione, così come eravamo usciti dalle mani buone e sapienti di Dio, prima che il peccato dei progenitori e quelli personali di ciascuno di noi la corrompessero.
E quale fosse, quale sia, il pensiero del Creatore sul matrimonio è presto detto, basta riascoltare le parole di Gesù: «per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due diventeranno una cosa sola. Così non sono più due ma una sola carne». E da qui il comando: «l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
Oggi non si parla più del matrimonio a partire dall’insegnamento di Cristo, ma si affrontano queste tematiche a partire dai problemi delle famiglie in difficoltà senza approfondire troppo i concetti essenziali del matrimonio. Non si può definire il matrimonio unicamente guardando a ciò che succede nelle famiglie, occorre capire cosa sia il matrimonio, nel quale si realizza la donazione reciproca di due soggetti. Questa donazione della persona all’altro coniuge non può essere ridotta ad una modalità con cui una persona dedica provvisoriamente ad un’altra tempo, affetti e attività sessuale.
Non dobbiamo pensare che la legge dell’indissolubilità sia un fardello che ci è estraneo, che Dio ha voluto imporci per complicarci un po’ una vita già tante volte complicata di suo. Come tutte le leggi di Dio, serve per farci vivere meglio, perché ci aiuta ad essere veramente noi stessi, cioè esseri creati ad immagine e somiglianza di Dio.
Ogni legge che Dio ci da è calibrata su di noi, sulla nostra natura, e la legge dell’indissolubilità del matrimonio non fa eccezione: infatti perché la donazione matrimoniale possa realizzarsi appieno e possa portare frutto nella vita dei coniugi è necessario che sia stabile. Solo un vincolo stabile permette a ciascun coniuge di poter vivere tranquillo, nella sicurezza della presenza dell’altro, potendosi così realizzare pienamente come persona. Potrà vivere sapendo che potrà contare per sempre sulla persona del coniuge. In secondo luogo un vincolo duraturo è essenziale per una efficace educazione dei figli, che dall’armonia e dalla solidità del rapporto dei genitori traggono grande giovamento nella loro crescita. Infine un legame indissolubile è richiesto dal bene della società, che dalla robustezza del vincolo nuziale trova sostegno e fondamento alla propria compattezza ed armonia.
Dio vuole il nostro bene, ma perché questo bene possa realizzarsi, è necessario che collaboriamo al suo progetto, rispondendo alla proposta d’amore del Creatore, che ci dona la sua legge perché noi possiamo essere felici, anche se ci richiede talvolta sacrificio e rinuncia: ci vuole felici in qualche modo e con molte limitazioni su questa terra, per sempre, in modo pieno, completo e definitivo in Paradiso.