La domenica è ancora un giorno di festa o sta diventando per molti un contenitore informe?
DOMENICA È SEMPRE DOMENICA?
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Di Nicola Sajeva
Domenica è sempre Domenica? Se togliamo il punto interrogativo evochiamo il ritornello che gioiosamente introduceva “il Musichiere”, la popolare trasmissione del compianto Mario Riva. Il suo sorriso portava serenità, distensione, disimpegno perché riusciva a scrollarci di dosso le tossine di tutta una settimana di lavoro, di impegni, di problemi, di ansie. Note festose cullavano stupendamente le belle parole del testo e il nostro cuore si apriva alla speranza, alla quiete, al riposo, al relax sereno e ristoratore del corpo e dello spirito. Il suono delle campane che dialogavano per trasmettere tutta la gioia della domenica riusciva a farci vivere bene il giorno di festa.
Soffermiamoci ora al punto interrogativo che sempre impegna la nostra attenzione e la indirizza ad una riflessione seria, consapevole, costruttiva. E’ un invito ad esaminare tutto il contesto, a mettere i piedi per terra per prendere coscienza se la nostra posizione è quella giusta o risulta alquanto incerta e bisognevole di un necessario confronto. La domenica è ancora un giorno di festa o sta diventando per molti un contenitore informe dove scaricare, nei modi più vari, tutte le frustrazioni della settimana? Purtroppo per un numero crescente di famiglie la domenica diventa anche il giorno del pianto, del dolore, della disperazione perché all’uscita di una discoteca qualcosa aveva tragicamente interrotto l’avventura della vita di una persona cara.
San Giovanni Paolo II, che è stato un grande pastore universale della Chiesa, immagine di Cristo tra noi, padre trepidante e molto preoccupato di quanto succedeva nel mondo, ha cercato, con una determinazione che destava ammirazione in tutti credenti e non, di riprendere, di indirizzare, di segnalare, di indicare percorsi alternativi che potevano far approdare a mete più serene ed umanizzanti.
La rilettura di una sua lettera apostolica ci porta a riconsiderare la domenica per viverla alla luce della riflessione che la Chiesa compie analizzando la realtà esistenziale dell’oggi. “Dies Domini”, il giorno del Signore, è appunto il titolo di questa lettera apostolica che vi invitiamo a rileggere.
Cercherò adesso, dando accoglienza a qualche suo passo, di condurre l’amico lettore a valorizzare questo giorno per trarne i maggiori vantaggi spirituali.
E’ il momento di invitare a vedere nella santificazione della domenica non un obbligo inserito nei dieci comandamenti, ma una necessità vitale per la nostra fede, un risvolto ineludibile della nostra scelta battesimale. Scriveva il Papa santo: «Per quanto il giorno del Signore affondi la radice nell’opera stessa della creazione, e più direttamente nel mistero del biblico “riposo” in Dio, è tuttavia alla risurrezione di Cristo che bisogna far specifico riferimento per coglierne a pieno il significato. E’ quanto avviene nelle domenica cristiana, la quale ripropone ogni settimana alla considerazione e alla vita dei fedeli l’evento pasquale, da cui sgorga la salvezza del mondo».
Interessante a questo punto il cammino dal sabato ebraico, che si rifaceva al riposo biblico, alla nostra celebrazione domenicale che, essendo cristocentrica, considera maggiormente il mistero della nostra salvezza e “proietta il cristiano verso il traguardo della vita eterna”. Continuava il Papa: «Un’accorta intuizione pastorale suggerì alla Chiesa di cristianizzare, per la domenica, la connotazione di “giorno del sole”, sottraendo i fedeli alle seduzioni di culti che divinizzavano il sole e indirizzando la celebrazione di questo giorno a Cristo, vero “sole” dell’umanità».
La lettera del Papa si soffermava poi a sottolineare come la domenica cristiana sia legata agli avvenimenti più importanti della nostra fede: la risurrezione, la discesa dello Spirito Santo e tutti gli incontri degli apostoli col Risorto. «Sì, la domenica è il giorno della fede. Il battezzato rinnova la propria adesione a Cristo ed al suo Vangelo. Accogliendo la Parola e ricevendo il Corpo del Signore, egli contempla Gesù risorto presente nei “santi segni” e confessa con l’apostolo Tommaso: “Mio Signore e mio Dio”».
Concludeva il Papa polacco: «Alle soglie del terzo millennio, la celebrazione della domenica per i significati che evoca e le dimensioni che implica, in rapporto ai fondamenti stessi della fede, rimane un elemento qualificante dell’identità cristiana».
Domenica è sempre domenica? La lettera del Papa Woytila che abbiamo visto rivelava la sua tensione di rievangelizzare un contesto che, sempre più, si configura come scristianizzato e rivelatore di una fede senza mordente, abitudinaria, sonnecchiante, abbarbicata a devozionismi senza altra uscita se non quella di somigliare ad una buona polizza assicurativa. Che le campane riescano ancora una volta a riempire il nostro cuore di luce, di festa, di eternità!