L’impatto del COVID-19 sulla libertà religiosa e il consolidamento dei gruppi Jihadisti

L’impatto del COVID-19 sulla libertà religiosa e il consolidamento dei gruppi Jihadisti

INTANTO I GRUPPI JIHADISTI HANNO ULTERIORMENTE CONSOLIDATO LA LORO PRESENZA NEL CONTINENTE AFRICANO

Di Miriam Diez-Bosch e Oscar Mateos*

I Paesi dell’Africa orientale e occidentale, situati principalmente nella regione subsahariana, ospitano un complesso mosaico di gruppi etnici, religiosi e linguistici e una popolazione prevalentemente giovane. Sebbene la regione abbia notevoli risorse umane e naturali, fenomeni quali povertà, corruzione e mancanza di opportunità di istruzione e di lavoro per i giovani si traducono in frustrazione e instabilità sociale. Tale contesto viene prontamente sfruttato da gruppi criminali e jihadisti sia locali che transnazionali.

Come conseguenza delle norme di distanziamento sociale imposte per contenere la diffusione del virus COVID-19, nella maggior parte dei Paesi della regione i luoghi di culto sono rimasti chiusi per diversi mesi, anche durante festività importanti quali la Settimana Santa per i cristiani e il Ramadan per i musulmani.

In alcuni Paesi, la chiusura dei luoghi di culto è stata accolta da proteste. Nelle Comore e in Niger, i fedeli si sono riuniti nelle moschee per protestare contro la chiusura, soprattutto perché fino a quel momento nelle due nazioni non erano stati segnalati contagi. In Mozambico e Gabon, sono sorte tensioni quando il governo ha prolungato la chiusura dei luoghi di culto nonostante la riapertura dei mercati, delle scuole e degli alberghi.

In Liberia, Guinea Bissau e Zambia i leaders religiosi hanno deciso di continuare a tenere chiuse chiese e moschee, nonostante il permesso di riaprire da parte del governo. Le schede relative a Mali e Senegal indicano che le moschee hanno riaperto per le celebrazioni del Ramadan, ma la leadership della Chiesa ha deciso di non riaprire i luoghi di culto a causa dell’alto numero di casi di COVID-19 registrati.

I gruppi jihadisti hanno ulteriormente consolidato la loro presenza nel continente africano, con l’instabile regione del Sahel che è divenuta un rifugio per lo Stato islamico e i gruppi armati affiliati ad Al-Qaeda. L’impatto di questa presenza fondamentalista è reso più complesso dalle violenze intercomunitarie e dai conflitti etno-politici, con conseguenze preoccupanti per i gruppi religiosi. Sebbene in alcuni casi la religione non rappresenti la ragione principale alla base delle violenze, l’affiliazione religiosa dei credenti è spesso utilizzata dalle parti in lotta per identificarli in quanto appartenenti a un particolare gruppo etnico, il che li rende particolarmente vulnerabili ad eventuali attacchi.

Le missioni militari multinazionali schierate in Africa occidentale non hanno finora avuto successo nella lotta contro Boko Haram, che ha giurato fedeltà allo Stato Islamico nel 2015. I jihadisti si sono assicurati e hanno stabilito una presenza anche in altre aree: lo Stato Islamico ha stabilito sei cosiddette “province del califfato” in Africa e negli ultimi due anni ha intensificato i propri attacchi nella regione settentrionale del Mozambico.

Allo stesso modo, in Somalia Al-Shabaab continua a compiere violenti attacchi e resta da vedere quanto seriamente le circostanze si deterioreranno in seguito alla fine della missione AMISOM nel dicembre 2020. Infine, uno sviluppo positivo si è verificato durante il periodo in esame con il cambio di regime in Sudan.

In seguito alla caduta di Omar Al-Bashir, il governo di transizione ha compiuto dei passi per cercare di promuovere la coesistenza religiosa, in netto contrasto con il precedente regime islamista, inaugurando così una nuova era per la libertà religiosa nel Paese. Uno di questi passi è rappresentato dalle scuse pubbliche del ministro degli Affari religiosi e delle dotazioni, Nasredin Mufreh, ai cristiani sudanesi «per l’oppressione e i danni inflitti ai vostri corpi, la distruzione dei vostri templi, il furto delle vostre proprietà, l’ingiusto arresto e la persecuzione dei vostri seguaci e la confisca degli edifici della Chiesa».

 

* Estratto da: Aiuto alla Chiesa che Soffre Internazionale, Libertà religiosa nel
mondo 2021, aprile 2021, https://acninternational.org/religious-freedom-report/

Il Rapporto 2021 sulla libertà religiosa nel mondo è un prezioso studio pubblicato dalla Fondazione Pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre. Quella del 2021 è la quindicesima edizione del Rapporto, prodotto ogni due anni e pubblicato in inglese, francese, tedesco, italiano, portoghese e spagnolo.

 

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