Questi mesi hanno portato a galla alcune debolezze e fragilità nel nostro modo di vivere la fede
LA VITA PARROCCHIALE È STATA MESSA A DURA PROVA, CON LA SOSPENSIONE DEI GRUPPI…
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Di Don Mirko Pozzobon*
Abbiamo vissuto per diversi mesi un tempo particolare, legato alla diffusione del Covid-19 e al pericolo del contagio. In Italia abbiamo assistito a una varietà di misure prese dai governanti, tra cui anche quella estrema del cosiddetto lockdown. La vita parrocchiale è stata messa a dura prova, con la sospensione dei gruppi (catechismo, Azione Cattolica ragazzi, scout, gruppi giovani…) e delle celebrazioni delle messe aperte ai fedeli.
L’estate scorsa sono stati sospesi diversi campeggi e gruppi estivi. Al momento attuale non siamo ancora del tutto tornati alla normalità, e viviamo delle limitazioni. Questi mesi hanno portato a galla alcune debolezze e fragilità nel nostro modo di vivere la fede: senza più la possibilità di partecipare alla messa, diverse persone hanno detto (sconsolate o arrabbiate): «È saltato tutto», «Ci hanno tolto tutto», «Non c’è più niente». Ci siamo dimenticati che, certo, la celebrazione della messa è il centro nella proposta di vita cristiana delle nostre parrocchie, ma che allo stesso tempo la messa non esaurisce le dimensioni dell’esistenza. Eravamo in pieno lockdown, ma nessuno ci ha vietato di vivere la carità all’interno delle nostre famiglie, di pregare insieme, di leggere e meditare la Bibbia, di seguire attraverso i mezzi tecnologici messe, meditazioni, riflessioni e tante altre proposte che pure sono arrivate. Nessuno ci ha vietato di farci presenti agli altri attraverso messaggi, chiamate e videochiamate.
Parlando di fragilità, risuonano le parole di Gesù, quando – all’interno del discorso della montagna – parlava della casa costruita sulla roccia e di quella costruita sulla sabbia: Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande (Matteo 7,24-27).
A partire da quanto vissuto in questi mesi di limitazioni, sempre più risuona dentro di me la parola chiave «formazione». Formazione a tutti i livelli: per rendersi conto che si può vivere da cristiani anche quando non è possibile partecipare alla messa, e che la messa non esaurisce l’esperienza cristiana; per capire che il vangelo è una buona notizia se può essere messo in pratica nella vita di tutti i giorni. Oltre a questi aspetti che sono sorti nella contingenza del COVID-19, mi sembra che l’attuale situazione della Chiesa italiana (in particolare, il calo del numero di sacerdoti e il fatto che sempre più comunità parrocchiali vengono affidate al medesimo parroco) richieda anch’essa una riflessione e un’adeguata formazione, al fine di evitare per esempio di ritenere che la propria parrocchia sia da considerarsi morta nel momento in cui non c’è più un sacerdote che risiede nella canonica.
«Formazione» è allora l’urgenza che ha dato il via alla stesura di questo libro, il cui titolo Sei nella formazione? presenta una sorta di gioco di parole che scandisce idealmente la trattazione in due parti. Nella prima parte del libro, vorrei offrirti, caro lettore, alcuni strumenti che ti potranno permettere di entrare in campo con coraggio ed entusiasmo nella vita della tua parrocchia e del paese in cui vivi. Vorrei incoraggiarti a sentirti importante, un giocatore essenziale nella grande squadra che ha a cuore la vita della comunità parrocchiale e del paese. Vorrei che ti rendessi conto di quante possibilità di fare del bene e di rendersi utili sia ricca la vita del cristiano. Ci sono davvero svariati servizi che possono essere svolti all’interno delle nostre parrocchie, e nel contesto più ampio della nostra società. Ne segnalerò alcuni, senza pretesa di completezza. È importante inoltre vivere questi impegni nel modo giusto: con umiltà, generatività, capacità di lavoro di gruppo, capacità di sostenersi e accogliersi tra gruppi diversi. Vorrei spendere alcune parole su questi tratti che caratterizzano un buon agire nella comunione e nella cordialità.
Nella seconda parte vorrei, invece, offrire dei contributi per aiutarti a comprendere l’importanza della formazione, che riguarda proprio tutti, e non solo gli addetti ai lavori. Vorrei insomma fare tesoro della lezione che ci sta lasciando il passaggio del COVID-19: se nelle nostre comunità siamo cristiani formati, sapremo reggere meglio di fronte a tempeste come quella che è arrivata; se invece crediamo che basti vivere di rendita, lasciandoci trasportare da quello che si è sempre fatto, ma senza crescere sul piano personale nell’appartenenza e nel servizio alla comunità, allora la casa inevitabilmente sarà destinata a cadere al primo colpo di vento un po’ più forte degli altri. Di fronte al rischio, sempre presente, di lasciarsi trascinare in maniera passiva dai riti e dalle altre proposte che vengono fatte in parrocchia, sottolineo come sia ormai imprescindibile che ognuno si impegni a curare la propria vita spirituale e trovi le giuste motivazioni per partecipare in maniera attiva.
Ho scelto inoltre di sviluppare una riflessione su alcune tematiche di vita concreta legate alla realtà della parrocchia: la celebrazione della messa nei suoi vari momenti, la confessione e l’adorazione eucaristica; la giusta dinamica che dovrebbe caratterizzare il lavoro dei Consigli Pastorali; la collaborazione tra parrocchie, nella riflessione su come tenere insieme il rispetto delle specificità e la loro unione; la riformulazione del catechismo dei bambini e dei ragazzi, in relazione alla catechesi degli adulti. Sono soltanto alcuni dei temi che potrebbero venire affrontati; sono però quelli che – a partire dalla mia esperienza in parrocchia – più hanno bisogno al momento di un approfondimento e di una presa di coscienza da parte delle persone sensibili alla vita delle comunità cristiane. In tutto questo possiamo guardare con fiducia e coraggio al futuro, se sappiamo vedere, giudicare e agire di conseguenza, senza paura di trovare strade nuove per vivere e testimoniare il vangelo di sempre.
Gesù stesso ci raccomanda di osare qualcosa di nuovo, e ci avverte che certe operazioni di semplice restauro e con piccole variazioni sul copione che da anni stiamo seguendo, senza però andare a fondo e rivedere i fondamenti del nostro agire, non servono a nulla. Allo stesso tempo ci avverte che dentro di noi c’è un’insopprimibile nostalgia delle cose del passato, di quello che si è sempre fatto, che rende difficile anche solo il voler affrontare una discussione su questo o quel tema. Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: «Il vecchio è gradevole!» (Luca 5,36-39). Nonostante la tentazione di rimanere ancorati al passato, Gesù stesso ci sprona a muoverci. «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!» (Marco 1,38). Mi sembra che nelle attuali circostanze ciò che possiamo fare è muoverci per entrare in campo con il nostro contributo nella vita delle comunità cristiane e della società, e impegnarci a formarci alla vita cristiana.
*Introduzione al libro
“Sei nella formazione? Percorsi di allenamento per parrocchiani”
(Edizioni San Paolo 2021, pp. 192, euro 16)