L’eutanasia della Scuola e i migranti del sapere…
GLI STUDENTI, A FURIA DI PEREGRINARE TRA SCUOLA E DAD, SONO DIVENTATI I NUOVI MIGRANTI DEL SAPERE
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Di Antonella Paniccia
Da tempo molti segnali indicavano il declino, lento ma inesorabile, della scuola italiana. Così l’abbiamo vista scivolare, come su un piano inclinato, e lentamente trasformarsi in altro da ciò che era in passato, da come era stata sempre concepita: centro di alfabetizzazione, di cultura e di preparazione alla vita, luogo privilegiato per la formazione, lo sviluppo e il potenziamento delle capacità degli allievi, fucina delle menti, palestra delle intelligenze multiple. Poiché, infatti, non bastava la tristissima esperienza della DAD (o DDI), mortificante per gli alunni e per i professori, ecco giungere – come un fulmine a ciel sereno – una nuova “edificante” proposta: sostituire la parola “Scuola” (ritenuta forse troppo vintage e ormai superata) con “maison della cultura” per caratterizzare un luogo destinato solo a proporre attività culturali, biblioteche o altro, ove il sapere non dovrebbe affatto avere l’apparenza del dovere.
“…Piantamola di trasformare il sapere in un dovere”…così, infatti, ha dichiarato la psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi in un articolo apparso su “Orizzonte Scuola” il 3 settembre 2021. Ella, già membro del Comitato ONU sui diritti del fanciullo, docente e scrittrice italiana, vanta – fra innumerevoli riconoscimenti – anche il Premio Internazionale Cartagine (anno 2008) “per aver contribuito, in Italia e all’estero, allo sviluppo della cultura in diversi settori”.
Dunque, per sentirsi à la page con le nuove tendenze pseudoculturali, la priorità dovrebbe essere quella di trasformare la scuola in una sorta di rilassante salotto, aperto dalla mattina alla sera, che possa offrire tante belle e divaganti opzioni e dove, come appare evidente, l’obiettivo non sarebbe certo quello di considerare il sapere un dovere finalizzato a migliorare se stessi attraverso lo studio e la conoscenza. Inoltre, nel decalogo suggerito dalla psicologa, al punto 4 è previsto di “responsabilizzare i ragazzi attraverso autorità sanitarie e legali durante le ore di lezione, affinché i nostri ragazzi crescano da protagonisti”. Quindi una sorta di educazione sanitaria che avrebbe forse la preminenza su qualsiasi altra educazione!
Sua è pure la proposta di una scuola dove gli alunni, per non essere traumatizzati, potranno scegliere di stare con o senza mascherina (mentre, secondo il premier Draghi, dovrebbero toglierla per tornare a sorridere) e dove sarà naturale creare ambienti particolari, “ad hoc”, per quegli alunni destinati a diventare “i nuovi diversi” della nostra sciagurata epoca: i bambini non vaccinati. Dice infatti la dottoressa Maria Rita Parsi: “Escluderei l’idea di dad per i non vaccinati, per evitare l’internet addiction ma i dirigenti scolastici potrebbero adottare spazi ad hoc per i ragazzi che non lo sono. Certo si crea una ghettizzazione. Ma se non ti vaccini ti auto-ghettizzi”.
Verrebbe qui da ricordare che le classi differenziali furono abolite con la legge 517 del 4 agosto 1977 (art. 7 comma 10). Ma le innovazioni non sono mica finite perché, come tratta da un cilindro magico, ecco scaturire l’idea di sostituire l’ormai forse vecchio e odioso termine “Scuola” con quello – ritenuto sicuramente più adeguato – di “centro di grande accoglienza”. D’altronde, non è forse vero che ora gli studenti, a furia di peregrinare tra Scuola e DAD, sono diventati i nuovi migranti del sapere?