No al green pass. Centinaia di prof. universitari si fanno sentire!
CON UN DOCUMENTO DENUNCIANO LA NATURA DISCRIMINATORIA DEL PROVVEDIMENTO E RIBADISCONO CHE L’UNIVERSITÀ È UN LUOGO DI INCLUSIONE…
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A cura di Angelica La Rosa
Il professor Alessandro Barbero, celebre divulgatore della storia in TV, è tra i 600 accademici che hanno firmato contro l’obbligo del green pass nelle università italiane.
Il professore Barbero, ordinario di Storia Medievale all’Università del Piemonte Orientale, e divulgatore tv ospite fisso di Superquark, è intervenuto in un convegno della Fiom-Cgil lo scorso 4 settembre a Firenze. E si è scagliato contro “l’ipocrisia” del certificato verde anti-covid, pur essendo favorevole all’obbligo vaccinale. “Un conto è dire ‘Signori abbiamo deciso che il vaccino è obbligatorio’ perché è necessario e di conseguenza adesso introduciamo l’obbligo’, io non avrei niente da dire su questo. Un altro conto è però dire ‘no, non c’è nessun obbligo’, per carità, ma semplicemente non puoi più vivere, non puoi più prendere treni, non puoi più andare all’università. Però non c’è l’obbligo nel modo più assoluto… e il green pass serve per questo, non per indurre la gente a vaccinarsi col sotterfugio”, ha sottolineato nel suo intervento con tono sarcastico. “Io credo che Dante il girone degli ipocriti avrebbe trovato il modo riempirlo, fino a farlo traboccare scegliendo tra i nostri politici di oggi”.
A seguire l’appello integrale dei docenti universitari contro il green pass.
Dal primo settembre per frequentare le università italiane, sostenere gli esami e seguire le lezioni si deve essere in possesso del cosiddetto “green pass”. Tale requisito deve essere valido per docenti, personale tecnico, amministrativo e bibliotecario e studenti e ciò estende, di fatto, l’obbligo di vaccinazione in forma surrettizia per accedere anche ai diritti fondamentali allo studio e al lavoro, senza che vi sia la piena assunzione di responsabilità da parte del decisore politico. Molti tra noi hanno liberamente scelto di sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid-19, convinti della sua sicurezza ed efficacia. Tutti noi, però, reputiamo ingiusta e illegittima la discriminazione introdotta ai danni di una minoranza, in quanto in contrasto con i dettami della Costituzione (art. 32: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”) e con quanto stabilito dal Regolamento UE 953/2021, che chiarisce che “è necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono state vaccinate” per diversi motivi o “che hanno scelto di non essere vaccinate”.
Nello specifico della realtà universitaria, i docenti sottoscrittori di questo pubblico appello ritengono che si debba preservare la libertà di scelta di tutti e favorire l’inclusione paritaria, in ogni sua forma. Nella situazione attuale, o si subisce il green pass, oppure si viene esclusi dalla possibilità di frequentare le aule universitarie e, nel caso dei docenti, si è sospesi dall’insegnamento: tutto questo viola quei diritti di studio e formazione che sono garantiti dalla Costituzione e rappresenta un pericoloso precedente.
In sostanza, la “tessera verde” suddivide infatti la società italiana in cittadini di serie A, che continuano a godere dei propri diritti, e cittadini di serie B, che vedono invece compressi quei diritti fondamentali garantiti loro dalla Costituzione (eguaglianza, libertà personale, lavoro, studio, libertà di associazione, libertà di circolazione, libertà di opinione).
Quella del “green pass” è una misura straordinaria, peraltro dai contorni applicativi tutt’altro che chiari, che, come tale, comporta rischi evidenti, soprattutto se dovesse essere prorogata oltre il 31 dicembre, facendo affiorare alla mente altri precedenti storici che mai avremmo voluto ripercorrere.
Auspichiamo che si avvii un serio dibattito politico, nella società e nel mondo accademico tutto (incluse le sue fondamentali componenti amministrativa e studentesca), per evitare ogni penalizzazione di specifiche categorie di persone in base alle loro scelte personali e ai loro convincimenti, per garantire il diritto allo studio e alla ricerca e l’accesso universale, non discriminatorio e privo di oneri aggiuntivi (che sono, di fatto, discriminatori) a servizi universitari. Chiediamo pertanto che venga abolita e rifiutata ogni forma di discriminazione.