Cosa succede se passa il referendum radicale sull’eutanasia legale
SE GRAZIE AL FAVORE MEDIATICO E ALLA DEBOLEZZA DEI CATTOLICI DOVESSE PASSARE IL REFERENDUM RADICALE SULL’EUTANASIA LEGALE, IL NOSTRO ORDINAMENTO BRUCEREBBE UNA NUOVA TAPPA (NON L’ULTIMA, AL FONDO NON C’È MAI LIMITE!) DEL PENDIO SCIVOLOSO VERSO L’AUTO-DEMOLIZIONE DELLA SOCIETÀ. L’ABROGAZIONE DELL’ART. 579 DEL CODICE PENALE CHE PUNISCE L’OMICIDIO DEL CONSENZIENTE (IN PRATICA L’INTRODUZIONE DELL’EUTANASIA “ATTIVA”) È DEL RESTO LA CONSEGUENZA DIRETTA (E ANNUNCIATA) DELLA LEGGE N. 219 DEL 2017 SULLE DISPOSIZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO (DAT), CHE CRISTALLIZZA IL PRINCIPIO OBLIQUAMENTE INTRODOTTO NELLE SENTENZE FINALI DEL “CASO ENGLARO”
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Di Giuseppe Brienza
Ora che il quorum minimo di firme (750mila) è stato raggiunto dai 13mila volontari del Comitato Promotore del Referendum Eutanasia Legale guidato da Marco Cappato e dall’Associazione Luca Coscioni, bisogna chiedersi cosa può succedere se il quesito sarà ammesso dalla Consulta e dalla Cassazione e vinceranno i Sì.
Dal punto di vista strettamente giuridico, qualora il referendum abrogativo arrivasse alle urne e ricevesse il consenso dei cittadini grazie al “successo mediatico” di cui gode, avremmo nel nostro ordinamento una situazione mai vista nella storia del diritto occidentale, ovvero la legalizzazione dell’omicidio. Abrogando l’art. 579 del Codice penale, infatti, chi ucciderà una persona maggiorenne e cosciente di sé che glielo chiede (circostanza tutta da verificare), anche se in buona salute (attualmente per via giudiziaria aiutare a morire un malato “terminale” non è più reato), non rischierà più il carcere! Al momento, invece, chi “aiuta” qualcuno a morire incorre nelle sanzioni penali previste dall’articolo 580 del nostro codice che, in questo, non dovrebbe qualificarsi come “fascista” (argomento propagandistico utilizzato da Cappato e dai promotori del referendum), bensì conforme alla ragione e al diritto naturale. Diremmo pure prudente, perché una volta che l’ordinamento penale garantisca impunità al medico o al familiare o al sedicente “amico” di una persona che, per vari motivi, possa aver manifestato la “volontà” di morire (magari poi ritirata o inconsapevole), procurandogli il veleno (questa la parola vera, neutralizzata nel dibattito con quella meno efficace di farmaco letale), si aprirebbero tante di quelle situazioni-limite, tutte a detrimento degli individui più fragili, che la metà basta.
Ma, si obietta da parte dei sostenitori dell’eutanasia attiva (questa la fattispecie introdotta se il “referendum Cappato” passasse): perché punire chi uccide una persona sana che glielo chiede in quanto “stanca della vita”? Anzitutto perché il principio dell’indisponibilità della vita umana innocente è il fondamento di ogni sistema giuridico. Se venisse meno, potremmo dire addio allo stesso Codice penale, alla funzione della retribuzione e della rieducazione operato negli istituti di pena, alla difesa stessa organizzata dallo Stato nei confronti dei più deboli e di chi subisce ingiustizie e violazioni. Insomma, se passasse il quesito referendario, si attiverebbero dei processi (ideologicamente già in atto) che porterebbero una grande confusione non sono negli ospedali e nelle cliniche, ma anche nella società, all’insegna della demolizione di quel principio che, prima che giudaico-cristiano, è insito nella coscienza stessa dell’umanità, ovvero non uccidere.
Se passasse il referendum radicale sull’eutanasia legale le leggi penali non darebbero più certezze ai cittadini ed ai giudici nel momento più delicato della vita delle persone che è quello della morte.
Del resto, questa degenerazione l’ha già avviata la sentenza n. 242 del 2019 della Corte costituzionale, che di fatto oggi limita l’operatività dell’articolo 579 c.p. nel caso in cui il paziente rifiuti ogni tipo di cura o intervento e che inoltre è “indicata” dalla Consulta come possibile sede di una correzione dell’articolo 580 negli aspetti in cui esso è stato dichiarato parzialmente incostituzionale. Allo stato dei fatti, come ha giustamente indicato il presidente emerito della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick, «il tentativo referendario mette le basi di nuove ambiguità, nuove contraddizioni e nuove difficoltà interpretative in sede giudiziaria e costituzionale» (Caos giuridico in vista. Flick: «Eutanasia, un referendum ambiguo», intervista a cura di Marco Iasevoli, Avvenire, 21 agosto 2021).