Emergenza sanitaria, libertà di espressione e quel Leviatano senza catene…
OCCORRE VIGILARE SUL RISPETTO DELLA COSTITUZIONE CONTRO IL RISCHIO DI PERICOLOSE TORSIONI AUTORITARIE
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Di Vincenzo Baldini*
Si apprende da un quotidiano elettronico di un pensionato che, per avere criticato su un gruppo pubblico di Facebook l’uso degli strumenti sanitari per la prevenzione contro il contagio da Covid (mascherine definite “causa di lento ed inesorabile suicidio”, vaccini ritenuti “brodaglia” etc.) e insinuato dubbi sull’autenticità del numero dei decessi da Coronavirus, risulta ora indagato dalla Procura (di Cremona) per il reato di “istigazione alla disobbedienza delle leggi, di ordine pubblico, in vigore a tutela della salute pubblica nel periodo di emergenza pandemica da Covid-19”. All’inquisito sono contestate proprio quelle frasi che descriverebbero i metodi diagnostici della malattia “come bufale create da una medicina che prende in giro tutti gli italiani”.
La figura di reato di cui si discorre è prevista dall’art. 415 c.p., che sanziona con la reclusione fino a cinque anni chiunque pubblicamente istighi alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico, ovvero all’odio fra le classi sociali (nei casi, tuttavia, specificati dalla giurisprudenza costituzionale).
Va detto subito che una tale previsione ha manifestato non poche criticità nel quadro di una Costituzione che, invece, garantisce quale diritto fondamentale la libertà individuale di manifestare il proprio pensiero “con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” (art. 21, c. 1 Cost.), stante soprattutto la genericità della categoria delle leggi di ordine pubblico oggetto della ipotetica violazione.
Non è un caso che la giurisprudenza si è cimentata in un’esegesi adeguatrice della norma penale ritenendo, ad es., che l’art. 415 c.p. ha riguardo alle sole leggi “di natura cogente ed inderogabile” mirate precipuamente a tutelare la sicurezza pubblica (tra le quali, ad es., non si fanno rientrare, per es., le leggi fiscali in quanto non mirate nello specifico a garantire “la pubblica tranquillità”).
Sorprende, allora, la delineazione di tale figura di reato nel caso di specie, in considerazione della lievità della condotta svolta dal pensionato – una sequenza di frasi immotivate – e del fatto che è anche carente, invero, la sussistenza di un obbligo vaccinale che aiuti a intendere la normativa emergenziale come cogente e inderogabile.
Ma, al di là dell’evento specifico, tale episodio sollecita attenzione, nella fase presente, in quanto segmento di una sequenza di eventi che hanno, quale comune denominatore, la punizione della libera espressione del pensiero: basti ricordare, in proposito, i non pochi medici sottoposti a giudizio dai rispettivi Ordini professionali per aver espresso dubbi sull’efficacia dei vaccini (non soltanto di quelli relativi al Covid) o per avere preso parte (fosse stato pure a titolo di mera curiosità) ad una manifestazione di dissenso verso le certificazioni verdi o i vaccini.
Non di rado, tanto ha portato persino alla radiazione del professionista che si è visto così vulnerato nel proprio diritto fondamentale al lavoro (art. 4 Cost.) e alla garanzia di un’esistenza libera e dignitosa per sé e la sua famiglia (art. 36 Cost.).Un tale ricordo nutre il sospetto di un’esperienza, questa dell’emergenza sanitaria, caratterizzata dalla perversione di un pensiero unico che non trova alcuna forma di giustificazione nel dettato della Legge fondamentale del ‘48.
Invero, come i grandi costituzionalisti (L. Elia, V. Crisafulli) da sempre sottolineano, i diritti fondamentali sono sanciti a garanzia delle minoranze innanzitutto contro l’ingerenza dell’autorità (pubblica), fosse pure un’autorità legittimata democraticamente. In particolare, poi, la tutela della libertà di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.) – il cui esercizio – è bene ricordarlo – non è sottoposto dal Costituente ad alcuna limitazione espressa, se si fa eccezione per la manifestazione del pensiero a mezzo stampa – realizza il presidio giuridico più alto posto a tutela dei diritti della personalità individuale (art. 2 Cost.) ma anche del corretto funzionamento del sistema democratico.
Ogni autentica democrazia vive e si nutre del pluralismo di interessi, sociale, culturale, etico e politico che nella libertà individuale di espressione del pensiero trova un indispensabile punto di coagulo e di effusione. Libertà della comunicazione e libertà nella comunicazione sono prerogative costituzionali risalenti tanto al cd. status libertatis dell’individuo – vale a dire alla libera espressione della personalità individuale che impone, corrispettivamente, un’astensione all’ingerenza del potere pubblico nella sfera garantita dalla norma costituzionale; quanto al cd. status activus civitatis, inteso quale condotta funzionale alla realizzazione dell’interesse generale all’effettivo svolgersi dell’ordinamento democratico (Jellinek).
Lo Stato costituzionale democratico tanto più resiste anche nella temperie di un’emergenza strutturata nel tempo (come è il caso di questa emergenza sanitaria) quanto più la garanzia della libertà di manifestazione del pensiero opera come base di garanzia del pluralismo finendosi, in tal modo, per compensare o surrogare le debolezze del controllo parlamentare sull’azione del Governo.
In una fase di neocentralismo governativo il compito di vigilare sul rispetto della Costituzione contro il rischio di pericolose torsioni autoritarie non spetta unicamente agli organi dello Stato a cui lo commette la stessa Costituzione ma si estende, in forma diffusa, alla stessa comunità attraverso soprattutto il flusso pluralistico della comunicazione pubblica. Così, il controllo sociale affianca quello istituzionale nella preservazione dell’integrità della Legge fondamentale.
Nel caso di specie, poi, a sterilizzare la “carica sovversiva” della manifestazione di sfogo del pensionato basterebbe la certezza e pubblicità dei dati prodotti da noti organismi indipendenti di ricerca o contenuti in pubblicazioni di prestigiose riviste internazionali scientifica che attestano gli effetti benefici del vaccino. Ma la produzione di tale documentazione scientifica sembra essere ancora l’anello debole della comunicazione dominante, affiancata da un dibattito scientifico che non sembra approdato a posizioni univoche o largamente condivise su tali benefici.
In questo contesto, risulta alquanto problematico, sul piano costituzionale, ogni aggressione al pensiero minoritario, ad es. sanzionandosi penalmente le voci di dissenso verso la strategia intrapresa dall’Esecutivo o apostrofando con toni sprezzanti l’esercizio legittimo della libertà di autodeterminazione in materia sanitaria. Ciò significa, infatti, da parte dello Stato, accantonare di fatto ogni considerazione della personalità individuale per mostrare l’immagine devastante del Leviatano senza catene.
*Ordinario di Diritto Costituzionale
Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale