Idee per rimandare la fine del mondo

Idee per rimandare la fine del mondo

DALLE PICCOLE PATRIE AL GOVERNO MONDIALE?

Di Francesco Bellanti

Il modello di sviluppo occidentale, fondato sulla produzione incontrollata e sulla tecnica, è destinato a distruggere l’umanità. È un modello di sviluppo atroce, ormai sfuggito dal controllo anche di chi pretende di governarlo, che ci sta schiacciando tutti, uomini e donne di ogni parte del mondo. È un modello che ci sta portando al macello, che ha disgregato popolazioni, distrutto culture, identità, specificità, diversità, territori, ed ha generato un mondo privo di valori e di codici etici, tranne quelli fondati sull’accumulazione capitalistica, sulla finanza, sulla borsa. È un modello di sviluppo sbagliato che i politici favoriscono per esercitare forme di controllo esasperate, per omologare le popolazioni e indirizzare i consumi verso beni superflui che sono utili solo ai trust e ai grandi monopoli capitalistici. La società globalizzata è omologante, livella, massifica, toglie identità, è un sistema senza reale partecipazione politica e senza uguaglianza di diritti. Il progresso non consiste nella quantità di beni prodotta dalla società industriale e tecnologica, illuminismo, positivismo, modernismo, sono concetti astratti se non mettono come fine l’uomo e la sua felicità.

La tecnologia applicata al sistema industriale sta distruggendo l’umanità. Questo pianeta si è trasformato in un’infernale macchina di sfruttamento e di distruzione delle materie prime. La società capitalistica ha distrutto le società agricole e ha creato le masse anonime delle città, schiavi di apparati industriali e burocratici disumani, dove l’uomo è nulla, puro strumento di sfruttamento di una macchina infernale. Oggi viviamo in un mondo popolato di sterminate città piene di casermoni, di industrie inquinanti; è il mondo della borsa e delle speculazioni, della massificazione, dell’inurbamento selvaggio, del dominio della tecnica. Viviamo sempre più in spazi chiusi, angoscianti, vittime della corruzione, della delinquenza, o di virus sconosciuti.

La società capitalistico-liberale di oggi rappresenta la fine della storia solo nel senso che non si può abolire del tutto l’industrializzazione e le deviate forme di democrazia esistenti. Purtroppo, si può solo frenare e correggere – adesso – il processo degenerativo del capitalismo, attuare politiche economiche di un graduale ritorno alla campagna, alla natura, che non vuol dire propone il ritorno a regimi feudali o a un’economia di sussistenza, ma attuare forme di sviluppo sostenibile che salvaguardino l’ambiente. Il vecchio ordine del mondo è definitivamente tramontato, e forse non esisterà più un mondo totalmente arcadico, pastorale, romantico, dello spirito, dei sentimenti puri della natura, delle tradizioni, di una vita semplice, legata alla terra, ma senza un graduale ritorno alla natura, questo pianeta è destinato a morire. 

La risposta migliore a questa tragedia in corso è, a mio avviso, il ritorno a forme di autoproduzione, la produzione agricola locale, la democrazia diretta comunitaria, perché la democrazia non può essere imposta dall’alto, deve partire dal basso, dalle piccole comunità, dall’educazione, per costituire forme di aggregazione e di associazione sempre più complesse e mature, la progressiva riduzione dell’apparato finanziario e industriale. La società mondiale deve fondarsi sull’autodeterminazione dei popoli, sull’affermazione delle piccole patrie portatrici di valori autentici. Ogni popolo ha diritto a crearsi una propria cultura, una storia, una civiltà, purché esse non aggrediscano i valori delle altre civiltà. 

È un errore imporre alle altre culture e civiltà il modello di vita liberale occidentale con i suoi principi giuridici, economici, culturali, bisogna rispettare le diversità purché anch’esse, ovviamente, rispettino i valori della società occidentale. Bisogna rifiutare che l’idea che la nostra, quella occidentale, sia superiore a tutte le altre, bisogna rispettare tutte le culture, a condizione che queste ultime non pretendano di imporre i loro modelli all’Occidente, questo sia a livello nazionale che internazionale. Solo le piccole patrie – organismi politico-economici ristretti – possono concretamente creare una società  legata alla terra e a forme di produzione agricole più equilibrate, meno legate all’accumulazione capitalistica, e con un sistema di valori più autentico e saldo perché più legato alla tradizione, perché la tradizione economica prevalente dei popoli è agricola.

Hanno combattuto l’attuale sistema capitalista per una società essenzialmente legata alla terra solo tre ideologie, il fascismo, il nazionalsocialismo e il comunismo sovietico, ma poiché erano organizzazioni statali totalitarie, modelli autocratici, dittatoriali e nazionalisti che fondavano la loro esistenza sulla violenza, sull’imperialismo e sul colonialismo, sono stati condannati dalla storia. L’errore primordiale del marxismo, dei partiti che si rifanno a esso, è ancora oggi pensare che l’unica forma di organizzazione sociale è il capitalismo e che dunque esso sia l’unico nemico da combattere, per questo è destinato al fallimento. Sono certamente necessarie leggi ordinarie che promuovano importanti diritti civili e il miglioramento delle condizioni di vita delle persone, ma è tutto l’ordinamento capitalistico che nei vari Paesi deve essere gradualmente riformulato se non abbattuto.

La salvezza della Terra e il destino dell’umanità, comunque, devono dipendere da un governo mondiale perché tutti i problemi del pianeta sono interconnessi e la partita del mondo si gioca ai massimi livelli, perciò gli Stati e le grandi organizzazioni internazionali devono esistere. Gli Stati non si possono abolire, questa è un’utopia, purtroppo, ma gli Stati devono costituirsi a partire delle piccole comunità e con un portato di valori alti e forti, duraturi, legati alla tradizione, dunque alla terra. È necessario che ci sia un organismo sovrannazionale che controlli le politiche di tutti i Paesi, quelle che possono avere conseguenze nefaste nell’intera ecumène, nel pieno rispetto delle culture e delle storie nazionali purché esse diano sempre il proprio contributo al progresso e alla salvezza dell’umanità in ogni dispiegarsi del processo storico. Solo così, a mio avviso, è possibile controllare la tecnica che sta portando alla rovina l’umanità. Solo così è possibile controllare tutte le schegge impazzite dei fondamentalismi religiosi che, invece di affermare il loro diritto all’esistenza, sopprimono le libertà e il progresso civile e coltivano il loro rancore per la distruzione dell’Occidente.

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