Nel nome della Regina! FATIMA è… coscienza della carne e del sangue assunti in Cielo
LA GERUSALEMME CELESTE È REALE, CONCRETA
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Di Pierluigi Pavone
L’espressione “carne e sangue” è usata da Gesù, per indicare che Pietro Lo ha riconosciuto come il Figlio del Dio vivente, in virtù della Grazia dall’alto.
Ma la carne e il sangue non indicano il mondo, né il disprezzo del mondo. Non sono il peccato. Indicano – in questo caso – l’umanità nella sua integrità, una umanità che in Pietro, si dà però ferita e bisognosa di redenzione. Come in tutti noi. Tranne che in Maria, l’Immacolata concezione, la quale, proprio perché non corrotta dal peccato originale non ha conosciuto la morte (il male fisico conseguente al peccato di Adamo).
La carne e il sangue di Maria sono diventati, per il mistero dell’Incarnazione, anche il sangue e la carne di Dio. Il Corpo incorrotto di Maria non è un simbolo né un fantasma. Ma è il corpo della Madre di Dio, lo stesso corpo di donna e madre, che aveva portato nel Suo grembo il Figlio di Dio e lo aveva partorito.
Un corpo (e un’anima) su cui Satana – in modo assolutamente unico ed esclusivo – non ha mai vantato nessuno proprietà, originata dal peccato di Adamo. Il Corpo incorrotto di Maria – assunta in cielo – è un corpo trasfigurato, glorificato come Regina del cielo e della terra, cioè di tutto il creato (l’espressione è quella del primo versetto di Genesi 1).
È vero che in altri contesti “sangue e carne” indicano la mentalità del mondo: san Paolo contrappone i desideri della carne allo Spirito Santo. E il sangue è sia simbolo di vita, sia simbolo di impurità. Una sorta di lebbra discriminatoria, come per l’emorroissa. Eppure proprio l’emorroissa viene guarita solo toccando Gesù, ovvero il suo mantello, considerando che il mantello – biblicamente parlando – non è una veste, ma indica l’identità di chi lo porta.
Quando Cristo dice di non rifiutare la tunica a colui che ti leva il mantello (Mt 5), non sta affatto spiegando un semplice gesto di elemosina o paradossale giustizia. È la descrizione sostanziale del sacrificio: Lui per primo ha fatto questo nella obbedienza al Padre. Sulla Croce Gesù è spoglio delle vesti, fino a spogliarsi della stessa vita. L’emorroissa non conosce ancora la profondità del mistero, ma il suo toccare non è una superstizione popolare. Lei non cerca fortuna, non specula sul futuro, non vuole un’arte divinatoria. Lei vuole guarire.
Il sangue deve fermarsi in modo concreto e semplicemente materiale e fisiologico. La guarigione della donna è avvenuta solo per mezzo della onnipotenza di Dio, che però passa dalla materia (come per i Sacramenti, in cui c’è sempre un realismo fisico): Gesù non parla alla donna, non la vede neppure. È lei che si fa spazio tra la folla, avendo maturato da tempo non una idea, ma una fede. La fede della donna è una fede rielaborata: riceve un miracolo istantaneo (subito le si fermò il flusso di sangue) colei che aveva meditato e sofferto lungamente.
Le fa da contro-altare la figlia del capo della sinagoga. Don Fabio Rosini, in L’arte di guarire, ha dedicato profondissime pagine di meditazione proprio sull’intero episodio tratto da Marco (5, 21-43), mettendo in relazione i dodici anni che legano la fanciulla con la donna: per quest’ultima i dodici anni sono il tempo della sua malattia e della sua conseguente emarginazione sociale; per la fanciulla, i dodici anni sono tutto ciò che ha e che è, ma è, socialmente, una bambina che rischia di non arrivare neppure all’età matura. È una bambina malata che forse non diventerà mai né nubile (vergine), né donna (madre). Il capo della Sinagoga – non uno qualsiasi – ricorre a Gesù: è il passaggio dall’ebraismo nella sua missione di consegnare il Messia atteso e il Cristianesimo, la rivelazione della Trinità, della divinità di Cristo, nella sua onnipotenza di perdonare i peccati e di guarire e di redimere.
Gesù allontana tutti, anche quelli che si dimostrano falsi seguaci, falsi parenti. Si aggiungeranno pure i falsi medici, complici – con le loro false religioni – della malattia dell’emorroissa. Vuole con Sé gli stessi della Trasfigurazione e i genitori della fanciulla, che ad essere precisi, Gesù chiama “bambina” cioè piccolina che ancora non ha avuto il primo ciclo mestruale. Quindi non arriva all’età di dodici anni o vi arriva appena. Dodici anni, come il tempo della malattia della seconda donna. Sconosciuta e anonima quanto caparbia. Altro che cristianesimo anonimo: l’emorroissa vince il principio di estraneità che la sua condizione comportava, vince l’opinione di altri medici, vince persino le intenzioni della folla e dello stesso Gesù. È l’unica a toccare le vesti di Gesù non come la folla anonima e casuale, ma con l’intenzione di guarire. Lei vuole Cristo e null’altro. E vuole la sostanza, la persona. Non si onnubila la mente per domare il desiderio, come una “buddha di se stessa”. Lei desidera Gesù. Il Corpo di Gesù. Vuole toccarlo, come Tommaso (Didimo), dopo la Resurrezione. L’emorroissa, per la sua fede, vuole toccare il Corpo di Gesù; Tommaso fa dipendere la sua fede, dal dito messo tra le piaghe del Corpo di Gesù; entrambi sono redenti per mezzo della prima goccia di sangue offerta da Cristo in Croce.
E Gesù continua ad essere presente nel Tabernacolo, in corpo, sangue, anima e divinità. Il sangue e la carne sono proprio ciò che il Logos eterno di Dio assume, perché quella carne, inchiodata alla Croce, diventi sigillo di sangue per la Nuova Alleanza. Chi non mangia del Suo corpo non potrà far parte del Suo Regno. Certamente non significa che in ognuno di noi si è incarnato Dio. Né si tratta di un regno “millenarista”, cioè terreno e successivo al Giudizio Universale. Ma non è neppure un regno spirituale, nel senso di non-materiale. La Chiesa è il corpo mistico di Cristo, che vive nel corpo e nell’anima dei fedeli, nell’azione reale e materiale dei Sacramenti, nella Messa che è la riattualizzazione del Sacrificio di espiazione del Golgota, a tal punto che la Santa Eucarestia è letteralmente il corpo e il sangue di Cristo (come secondo la consacrazione del sacerdote).
La Gerusalemme celeste è reale, concreta: la Chiesa trionfante dei giusti in Paradiso attende la resurrezione della carne; cosa che avverrà materialmente anche per le anime dei dannati: proprio quelle anime, fisicamente mostrate dalla Madonna a Fatima.