Vaccinazione di massa e Green Pass: i divieti irragionevoli metteranno in pericolo la ragion d’essere dello Stato
LA COMUNICAZIONE PUBBLICA SUI VACCINI ANTI-COVID, SALVO ALCUNE LODEVOLI ECCEZIONI, HA ORMAI ASSUNTO I TONI DI UN LINGUAGGIO ARROGANTE E SPESSO OFFENSIVO, “APPARECCHIANDO” L’INACCETTABILE DISCRIMINAZIONE TRA CITTADINI VACCINATI E NON-VACCINATI. DENIGRAZIONE E MONITI MINACCIOSI, ABBINATI A PROPOSTE ANTI-UMANE, COME AD ES. QUELLA DI FAR PAGARE AI “NO-VAX” OGNI GIORNO DI EVENTUALE DEGENZA OSPEDALIERIA POST-CONTAGIO, STANNO TRACCIANDO UNA PROFONDA SPACCATURA ALL’INTERNO DELLA SOCIETÀ, PRIVATA OLTRETUTTO IN MANIERA SUBDOLA DI DIRITTI FONDAMENTALI E (IN TEORIA) COSTITUZIONALMENTE GARANTITI
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Di Vincenzo Baldini*
La comunicazione pubblica sul vaccino e su quanto altro riguardi il Covid, salvo eccezioni, ha assunto ormai i toni del linguaggio protervo e spesso offensivo, nel quale traluce un approccio inaccettabile nella distinzione tra vaccinati e non vaccinati.
Denigrazione e moniti minacciosi, abbinati a proposte luciferine come, ad es., quella di far pagare ai no-vax (formula volutamente ingiuriosa) a carissimo prezzo ogni giorno di degenza ospedaliera (come se questi ultimi non versassero gli oneri fiscali per il mantenimento dello Stato sociale) o di risarcire i danni da contagio dagli stessi provocati (come se la condotta renitente al vaccino costituisse condotta illecita e non esercizio di libertà costituzionale) stanno tracciando una profonda spaccatura all’interno della società civile, tra cittadini eticamente virtuosi e altri, invece, eticamente irresponsabili.
Questa condizione suscita considerazioni e solleva interrogativi di vario genere mentre lascia seriamente dubitare che la Costituzione possa contenere gli anticorpi necessari alla difesa contro il virus mortifero del disconoscimento e della perdita effettiva di dignità sociale per i non vaccinati.
Nondimeno, qui si vuole porre l’accento sullo Stato come soggetto unitario preposto alla garanzia della pace attraverso l’efficacia pacificante, in primo luogo, delle regole procedurali e organizzative della Costituzione, oltre che attraverso la garanzia dei diritti fondamentali.
Nella vicenda dell’emergenza sanitaria le dinamiche del Politico, che incitano al contrasto e alla divisione sociale, trovano oggi un punto di effusione nella vicenda dell’obbligo vaccinale di fatto, a cui attende lo Stato anche attraverso – da ultimo – l’impiego generalizzato del Green Pass (art. 3, d.l. n. 105/2021).
A sorprendere – si badi bene – non è tanto la giuridica previsione in sé dell’obbligo di trattamento sanitario che la Costituzione senz’altro consente al legislatore nazionale nei casi in cui, rispetto alla libertà individuale di cura, risulti prevalente la preservazione della salute come interesse pubblico generale (art. 32 c.2 Cost.). Sorprende invece che lo Stato pur valutando la totale copertura vaccinale della popolazione come necessaria a superare la fase di emergenza rinunci ad ogni imposizione diretta dell’obbligo con la legge e “si accontenti” di sollecitare le coscienze individuali praticamente condizionando l’esercizio di ogni libertà di movimento al presupposto del Green Pass.
Com’è noto, diritto positivo ed etica viaggiano su binari differenti, così che l’apprezzamento etico della condotta individuale non deve interessare l’analisi giuridica. Nemmeno il richiamo alla solidarietà quale principio costituzionale (art. 2 Cost.) può valere in senso contrario giacché – vale ribadirlo – si tratta comunque di una norma di principio di cui destinatario è sempre e innanzitutto il legislatore ordinario, oltre agli altri poteri dello Stato, mai tuttavia la persona comune (il c.d. quivis de populo).
La sorpresa dell’inerzia parlamentare non può non indurre a chiedersi perché Governo e Camere eludano la possibilità – costituzionalmente prevista – di imporre con legge il trattamento vaccinale preferendo invece fare assegnamento formale sullo spirito etico soggettivo o inducendosi a sollecitarlo o incoraggiarlo con mezzi piuttosto discutibili, per non dire subdoli, quale appare oggi la previsione dell’esigenza su larga scala del Green Pass.
Una ragione astrattamente plausibile può essere legata ad un preciso calcolo politico sul “prezzo” da pagare in termini di consenso elettorale ad una decisione siffatta, che comunque si mostra nient’affatto condivisa del tutto a livello sociale e priva di chiari riscontri nelle legislazioni emergenziali comparate. Un’altra motivazione può essere legata alle tante incertezze scientifiche che accompagnano ancora gli effetti “medio tempore” dei vaccini, oltre al fatto che – come rivelano gli stessi scienziati – la copertura vaccinale non garantisce affatto l’immunità da contagio. Anche le differenti strategie seguite in materia dai vari Stati europei, del resto, possono rappresentare un freno all’obbligo vaccinale, gettando un’ombra sulla sicura efficacia di prevenzione recata da tali trattamenti.
Sul piano giuridico-positivo, alle Camere rappresentative spetta per Costituzione in via esclusiva la responsabilità della decisione circa la prevalenza tra istanza solidaristica e istanza di libertà individuale in materia sanitaria. La riluttanza effettiva di queste ultime ad approvare la legge istitutiva dell’obbligo vaccinale, oltre a lasciar lievitare la già corposa sfiducia della comunità verso la classe politica e l’efficienza del modello di democrazia parlamentare vigente, ha la conseguenza di lasciare impregiudicata l’efficacia del diritto costituzionale alla libertà di cura (art. 32 c. 1 Cost.).
In tal caso, la determinazione del Green Pass quale presupposto per lo svolgimento di certe attività che costituiscono attuazione di altre libertà costituzionali non può che sottostare a quei criteri di essenzialità/necessarietà/adeguatezza alla cui osservanza il giudice costituzionale condiziona la legittimità delle stesse norme legislative limitatrici di diritti fondamentali. Criteri che, nella specie, la nuova regolazione governativa sembra quanto meno ignorare o eludere, con chiaro pregiudizio per la garanzia costituzionale dell’uguaglianza.
Ma una società scomposta e disaggregata, divisa in cittadini di serie differente e con diritti differenti, come la storia insegna, nutre le conseguenze estreme del Politico come lo intende Carl Schmitt (1888-1985), generando l’antitesi di amico e nemico all’interno della comunità. Proseguire, dunque, con una strategia di divieti irragionevoli vuole dire mettere in pericolo la ragion d’essere dello Stato.
* Ordinario di Diritto costituzionale nel Dipartimento di Economia e Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale.