L’origine divina della persona e gli errori opposti del Deismo e dell’Antropomorfismo
POICHÉ OGNI PERSONA UMANA, COME INSEGNA LA BIBBIA, HA LA SUA IMMAGINE E SOMIGLIANZA IN DIO, RICONOSCERNE I CORRETTI ATTRIBUTI CONSENTIREBBE DI SCORGERE, SIA PURE IN MANIERA PARZIALE E LIMITATA, LA NATURA E L’IDENTITÀ DEL CREATORE. LE PIÙ NOBILI DIMENSIONI DELL’UOMO (RELAZIONE, INTELLIGENZA, AMORE) PERMETTONO INFATTI DI GIUSTIFICARE, A CERTE CONDIZIONI, L’AMMISSIONE DI UN “DIO COME PERSONA”, SENZA RAPPRESENTARLO COMUNQUE CON ASPETTI E CARATTERISTICHE ESCLUSIVAMENTE E RIDUTTIVAMENTE UMANE (=ANTROPOMORFISMO)
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Di Sara Deodati
La Teologia classica insegna che, l’intelletto umano, può giungere alla conoscenza dell’esistenza di Dio avvicinandosi a Lui attraverso un cammino che ha come punto di partenza il mondo creato e come itinerari due versanti, le creature materiali e la persona umana. Quest’ultima, infatti, si dice che è via verso Dio perché esistono percorsi consolidati che conducono alla Sua conoscenza a partire dall’esperienza esistenziale umana. «Con la sua apertura alla verità e alla bellezza – afferma a tal proposito il Catechismo della Chiesa Cattolica –, con il suo senso del bene morale, con la sua libertà e la voce della coscienza, con la sua aspirazione all’infinito e alla felicità, l’uomo si interroga sull’esistenza di Dio. In queste aperture egli percepisce segni della propria anima spirituale» (n. 33).
Così come dall’uomo si può arrivare alla conoscenza di Dio, entro certi limiti, è possibile anche percorrere l’itinerario “inverso”. Nel senso che è possibile, in qualche modo, cercare degli attributi personali di Dio, sebbene nelle creature questi si trovino in modo imperfetto o partecipato. L’argomento che permette di giustificare la ricerca, tra le proprietà della persona umana, di quelle che, esprimendo una perfezione pura, possono a certe condizioni fornire una informazione positiva sull’identità e natura divina, è, in sintesi, il seguente: «poiché esse [cioè le creature] hanno la loro origine in Dio, possiamo essere sicuri che preesistono in Lui, e non solo in modo virtuale, cioè, in quanto le può creare» (Miguel Pérez de Laborda, La ricerca di Dio. Trattato di teologia filosofica, Edusc, Roma 2011, p. 271).
Visto che, fra tutte le creature, la persona umana è l’unica che sia ad immagine e somiglianza di Dio e, perciò, sia dotata di una connotazione e vocazione alla perfezione, è logico che, nel percorso conoscitivo volto alla individuazione del Dio come Persona, si cerchino quelle caratteristiche ed operazioni umane che, in modo eminente, sono attribuibili a Dio. Si tratta della Vita-relazione, dell’Intelligenza, e dell’Amore che, assieme, conferiscono all’uomo quella preminenza nel creato che si manifesta nella superiorità delle sue attività ed opere razionali e spirituali.
Anche le vie conoscitive che, dall’uomo, portano a Dio, così come quelle che, all’inverso, dal creato permettono di risalire al Creatore, non sono aliene da rischi ed errori teoretici. Questi ultimi si possono identificare storicamente nelle concezioni, agli antipodi fra loro, della “spersonalizzazione assoluta” di Dio, compiuta dal Deismo, e nella sua riduzione razionalistica ad aspetti esclusivamente umani, operata dall’Antropomorfismo.
Nel primo caso, i deisti finiscono per identificare un Creatore che è non Padre, bensì Divinità impersonale fredda e lontana (ad es. il c.d. dio “orologiaio” o “architetto” del mondo della Massoneria), assolutamente «incapace di preoccuparsi dei singoli individui umani, un dio che ispirerebbe sì un certo timore, magari anche rispetto, ma che non sarebbe qualcuno con il quale si possano stabilire rapporti interpersonali, al quale valga la pena di affidare la propria vita, pieni di fiducia nella sua amorevole bontà» (M. Pérez de Laborda, La ricerca di Dio. Trattato di teologia filosofica, op. cit., pp. 271-272). Dio non è lontano dal mondo, dalla natura, dall’uomo, estraneo a ciò che in esso succede.
L’errore dell’Antropomorfismo, che ha origine dall’antico paganesimo ma ha avuto (ed ha) anche manifestazioni moderne, è all’opposto riflesso di un pensiero immaturo, che non ha capito che non è Dio ad essere creato ad immagine dell’uomo. Ad esempio, gli dèi della filosofia greca e di molte religioni orientali, anche se sono separati dal mondo e possiedono le perfezioni in un modo eminente, vengono presentati con un forte carattere antropomorfico, fino al punto di poter essere considerati super-uomini o esseri straordinari.
Il razionalismo (ed immanentismo) delle concezioni antropomorfiche non ha lasciato indenni anche certi ambienti filosofici contemporanei, compresi alcuni d’estrazione cattolica, influenzati dal pensiero cartesiano e dall’illuminismo. Basti pensare a quegli autori che, in contrasto con l’impostazione di S. Tommaso d’Aquino, hanno presentato nel tempo le sue originarie “5 vie verso l’esistenza di Dio”, alla stregua di “prove” assimilabili a quelle conosciute nelle scienze matematiche o naturali. Questo tipo di errore, condannato anche dal Catechismo della Chiesa cattolica, discende con chiarezza dal fatto stesso che Dio non è minimamente assoggettabile ad una conoscenza di tipo sperimentale ed empirico. La ricchezza e l’incommensurabilità divina, infatti, sono tali che nessuna delle “5 vie” e, allo stesso modo, anche nessuno dei percorsi filosofici di identificazione del Dio Persona, possano giungere ad una immagine personale circoscrivibile in modo esaustivo di Dio ma, piuttosto, a qualche singolo e limitato aspetto di essa, come la sua esistenza, intelligenza, provvidenza, ecc.
Per enucleare le operazioni dell’uomo che, in modo eminente, sono attribuibili a Dio, cioè la Vita-Relazione, l’Intelligenza e l’Amore, occorre premettere (almeno) due considerazioni di principio.
La prima: Dio non si distingue dagli attributi che si possono predicare di Lui. Attribuendogli l’Eternità, l’Onnipotenza, la Vita, non si può quindi parlare di qualcosa che è in Lui, ma di Lui stesso.
In secondo luogo, per accingerci al percorso verso il Dio Persona, è necessario riconoscere che, la “natura” divina, come insegna la Bibbia (cfr. Gen 1,26-27, 5,1-3, 9,6; Sal 8; Sir 17,1-3; Sap 2,23) è riflessa in qualche modo nella natura umana. Poiché Dio è immateriale, è possibile affermare che Egli è anche di natura spirituale. Così, la sua creatura per eccellenza, cioè la persona umana, ha una costituzione materiale ed una spirituale. La natura spirituale, però, non è tale nel senso di una essenza ideale o astratta, perché Dio, così come l’anima immortale dell’uomo, è realmente esistente, come una realtà vivente, appunto, di carattere personale. Per questo la teologia filosofica definisce Dio anche come un Essere vivente spirituale.
La creatura più perfetta è la persona umana che, secondo la definizione classica del filosofo romano Boezio, s’identifica in una “sostanza individuale di natura razionale”. Solo gli uomini, infatti, sono in grado di porre in essere attività superiori. Per questo possiamo affermare che Dio è Persona (o, meglio “SovraPersona”) e attribuirgli, appunto, operazioni come la Vita, L’Intelligenza e l’Amore.
Per quanto riguarda quindi la prima delle operazioni divine partecipate dall’uomo, la Vita-Relazione, con essa s’intende il modo di essere proprio di ciò che ha spontaneità, auto-movimento, attività autonoma. Negli organismi viventi, a differenza che in Dio, la vita si realizza in modi molto limitati, essendo legata alla corporeità, dalla quale è anche circoscritta. Inoltre, essa ha avuto un inizio e avrà una fine e non è, come nel Creatore dall’eternità, compiuta fin dall’inizio.
Nelle creature la vita non è autonoma perché dipende dal Creatore nella sua origine e nella sua finalità, poiché è Lui che stabilisce il nostro fine ultimo. Quando però pensiamo al concetto di Vita non considerando esclusivamente la vita corporea, ma quella eterna e dopo la morte per cui, la nostra definizione esprime una perfezione pura che, in senso analogico, può essere attribuita anche a Dio, che la possiede in un grado massimo. Dio, essendo immateriale, non è soggetto ai condizionamenti propri dell’universo fisico.
Per quanto concerne le altre due operazioni, cioè l’Intelligenza e l’Amore, esse si qualificano come immanenti e transitive (produzione o trasformazione di qualcosa). A Dio, invece, si possono attribuire operazioni vitali non legate al corpo: conoscitive e appetitive. Egli, infatti, è Spirito capace di attività spirituali.
Per quanto riguarda l’Intelligenza, va rilevato che anche chi non accetta l’argomento teleologico può accettare che Dio sia intelligente, in quanto lo si può provare in diversi altri modi.
In primo luogo, nell’uomo c’è una conoscenza spirituale irriducibile alla materialità. L’intelligenza è una perfezione pura e, pertanto, essendo Lui l’Essere, tale operazione non può mancare a Dio.
Inoltre, poiché i gradi di perfezione nella conoscenza dipendono proprio dalla immaterialità (che implica una maggiore capacità di ricevere le forme delle altre cose), essendo Dio massimamente immateriale, Egli è massimamente intelligente. Coloro che attaccano il dio dei deisti come ad es. l’etologo e biologo Richard Dawkins, si fondano proprio sul fatto che un universo tanto complesso richiede una Intelligenza complessa.
Veniamo infine all’Amore. Se nel Dio Creatore c’è Volontà, l’atto proprio della volontà è appunto l’amore e, perciò, possiamo dire che Dio agisce per Amore e, quindi, in modo morale. Anche se occorre precisare che Dio ama tutte le cose e tutti gli uomini ma non dipende da essi. Come Padre Egli ama tutto in sé. Non ama le cose distinte da sé per esse ma come mezzi (non necessari) verso l’unico fine che è Lui stesso.
L’amore di sé di Dio, inoltre, non è chiuso in sé stesso ma aperto all’amore di tutte le cose distinte da Lui. Le ha create per effondere il proprio Bene e non perché ha bisogno di loro. In conclusione, non le ama perché sono buone ma le cose sono buone perché Lui le ama. L’Amore di Dio non è desiderare ciò che non ha, ma amare ciò che ha: è fruizione e non desiderio.
Detto questo, proprio per evitare di cadere nell’antropomorfismo, non è possibile, così come attribuirgli l’amore, identificare nelle operazioni di Dio anche la sofferenza alla stregua dell’uomo. Non si tratta di parlare di insensibilità o indifferenza di Dio (il discorso su Cristo uomo e Figlio di Dio è, naturalmente, diverso) perché, a differenza di quanto sostiene la Teologia della Sofferenza di Dio di teologi come il tedesco Jürgen Moltmann, Egli ama e compatisce. Dio, però, non subisce passioni corporee o animiche. Non soffre come noi, come sostiene l’Antropomorfismo. Vuole il nostro bene e odia il male e si prende cura di noi con più affetto della più tenera delle madri. Ma non ha passioni, non resta turbato dalle nostre sofferenze.
Alla luce di quanto visto finora, appare possibile dedurne che Dio, essendo Spirito sussistente, cioè totalmente spirito e totalmente essere è, come afferma il padre saveriano Battista Mondin (1926-2015), “necessariamente” persona: «Alle qualità dello spirito (apertura, comunicazione, dedizione, libertà, pensiero, ecc.), la persona aggiunge la proprietà della sussistenza, cioè il possesso di un proprio atto di essere, il quale fa sì che lo spirito esista non come una qualità più o meno importante ma per conto proprio, godendo di perfetta autonomia nell’essere» (Dio chi è? Elementi di teologia filosofica, Massimo, Milano 1990, cap. 10, sez. 3).
La persona, dunque, è un essere che sussiste nell’ordine dello spirito e, per questo, è possibile indicare schematicamente le precisazioni “in negativo”, che permettono l’ammissione di un Dio personale, senza che sia rappresentato con aspetti e caratteristiche riduttivamente umane:
– anche se è infinitamente Buono, non si possono attribuire a Dio tutte le virtù: non Gli si possono attribuire le virtù che implicano una mancanza di perfezione (es. obbedienza a qualcuno superiore) o quelle che riguardano passioni o appetiti (es. castità, temperanza, mansuetudine);
– anche se non possiamo attribuire passioni a Dio dobbiamo dire che c’è un fondo di verità nel farlo (la collera contro il male, la tenerezza per l’uomo), con modi imprecisi di esprimersi ma utili per indicare la pienezza con cui in Dio si trovano l’Amore e le altre perfezioni;
– anche se è infinitamente misericordioso, in Dio la misericordia non si contrappone alla giustizia (come accade per l’uomo): è piuttosto un compiere qualcosa oltre i limiti della giustizia: come nel caso apportato da san Tommaso d’Aquino (nella Summa Teologica) del dare 200 denari dei propri a qualcuno a cui sono dovuti 100 denari.
In conclusione, per addivenire all’identità di un Dio Persona non si deve cercare di far entrare la natura divina in una dimensione che non gli sia conveniente (cioè affermando che può peccare, può perdere la vista, ecc.).
Infatti, dal punto di vista teologico-filosofico, è necessario affermare che:
- Dio non è corporeo ma immateriale: infatti, ciò che è corporeo è composto da parti e quindi divisibile (in potenza), limitato nello spazio e mutevole;
- in Dio non ci sono parti essenziali: non può essere incluso in alcun genere e poi specificato per differenza, altrimenti si dovrebbe ammettere che in Lui c’è una qualche composizione di atto e potenza;
- in Dio non ci sono accidenti che possano completarlo, essendo Atto Puro;
- Dio non è diverso dalla sua Essenza: essendo immateriale, la sua sostanza individuale coincide con la sua Essenza;
- in Dio non c’è composizione di essere ed essenza: essendo Atto Puro, la sua Essenza non può essere un principio potenziale che limiti il suo Essere.
Dopo aver riconosciuto questi assunti, è possibile quindi rilevare che Dio non può neanche essere eventualmente composto in un modo Suo, diverso da quello delle creature, perché ogni composto è causato ed Egli è Incausato. La sua è la massima semplicità: è semplice sotto tutti gli aspetti e, per questo, le attività che si possono attribuire a Dio, possono essere compiute anche da quell’essere vivente che, a differenza di tutte le altre creature, Dio ha visto essere “molto buono”, cioè l’uomo.