1992-93: da allora la politica italiana è stata pilotata da giudici faziosi e/o corrotti
I REFERENDUM DI LEGA-PARTITO RADICALE-FORZA ITALIA-UDC SULLA GIUSTIZIA GIUSTA POTRANNO FORSE METTERE FINE AGLI ABUSI DI QUELLA PICCOLA MA DOMINANTE PARTE DELLA MAGISTRATURA ITALIANA CHE SI SENTE AL DI SOPRA DI TUTTI GLI ALTRI CITTADINI. FRA I 6 QUESITI REFERENDARI, DA QUESTO PUNTO DI VISTA, MERITA UN PARTICOLARE RISALTO A QUELLO CHE INSTAUREREBBE FINALMENTE NEL NOSTRO ORDINAMENTO IL PRINCIPIO DELLA RESPONSABILITÀ DIRETTA DEI MAGISTRATI: CHI SBAGLIA PAGA! ANCHE IN PROCURA…
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Di Giuseppe Brienza*
A partire dalla rivoluzione politico-giudiziaria del 1992-93 che ha praticamente azzerato un’intera classe dirigente, quella non di sinistra che ha guidato fra alti e bassi nell’ultimo mezzo secolo il nostro Paese, la magistratura politicizzata si è progressivamente eretta a guida e custode (a modo suo) del tessuto democratico nazionale. Grazie alla sinergia fra il maggiore partito della sinistra (Pds–Ds–Pd) e le correnti “progressiste” del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), questa cricca che rappresenta solo una parte marginale benché predominante della magistratura italiana è stata in grado di condizionare potentemente gli altri poteri dello Stato, facendo assumere persino da propri esponenti o emissari gli incarichi più importanti nei vari dicasteri, da quelli di capo di gabinetto a consigliere giuridico, da capo ufficio legislativo a capo dipartimento et similia. Insomma, chi guidava la maggior parte delle procure era anche “coordinato” con chi le leggi era chiamato a scriverle od interpretarle al vertice dell’amministrazione italiana, essendo state (ed essendo ancora oggi) le poltrone sopra elencate ricoperte quasi esclusivamente da appartenenti all’ordine giudiziario, sia ordinario, sia speciale, soprattutto del Consiglio di Stato e della Corte dei conti.
Se esaminiamo tutti i recenti scandali che hanno colpito la magistratura italiana risalta che, la cricca delle correnti, oltre che faziosa era in parte non irrilevante anche corrotta. Esito forse determinato anche dalla sensazione di impunità che, una volta neutralizzata la classe politica, parte dei membri di questa “corporazione” ha avvertito e, a sua volta, coltivato. Uno status diverso, insomma, da quello dei comuni magistrati o degli ordinari rappresentanti e funzionari dello Stato, derivante dal fatto di sentirsi superiori ed immuni rispetto a tutti gli altri cittadini.
Ecco perché fra i 6 referendum sulla “giustizia giusta” per i quali Lega, Partito Radicale, Forza Italia e Udc stanno dal 2 luglio raccogliendo le firme, quello sulla responsabilità diretta dei magistrati merita un rilievo particolare.
I magistrati, infatti, pur essendo funzionari dello Stato, che dovrebbero rispondere dei loro atti, come gli altri cittadini, sono gli unici, fuorché il Presidente della Repubblica (che deve essere messo sotto accusa da un voto delle Camere), che non possono essere evocati in giudizio personalmente e direttamente per gli atti contro la legge (contra legem) da essi compiuti.
Ma questo aspetto di impunità, che ha permesso fra le altre cose a parte della magistratura italiana di mettere sotto sequestro una nazione a partire dal biennio terribile 1992-93, è solo uno dei risvolti, o delle rendite di posizione se vogliamo, dell’autentica «cabina di regia» della dittatura giudiziaria che è divenuto il CSM. Il Consiglio superiore della magistratura, infatti, pur costituendo l’organo di «autogoverno dei giudici», dotato di poteri istruttori e disciplinari per quanto attiene le condotte dei singoli magistrati, controllato dalle correnti “progressiste” è riuscito in vere e proprie campagne politiche disattendo sistematicamente la propria competenza dinanzi al reclamo di operatori, amministratori e cittadini di provvedimenti che avessero potuto sanzionare gli abusi perpetrati da alcuni giudici.
Tale organo costituzionale, è diventato a tutti gli effetti uno strumento di potere deputato a gestire le dinamiche e le conflittualità interne alla magistratura medesima, con la spartizione delle nomine, come ampiamente confermato dagli ultimi casi Palamara e Amara.
Nonostante la velleità di aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, gli esponenti del Movimento 5stelle che si sono succeduti al Governo negli ultimi tre anni hanno prodotto poco o nulla in termini di riforma della giustizia italiana. Nel progetto che, durante il Governo Conte 2, era intenzione del ministro della giustizia Bonafede di proporre, nonostante la partenza «lancia in resta», i contenuti alla fine ne sono risultati molto ridimensionati.
Le varie correnti della magistratura hanno, qualora la riforma Bonafede fosse passata, sarebbero rimaste “al coperto”, poiché il CSM sarebbe sostanzialmente rimasto così come è, e così come sono sarebbero restati i suoi metodi di elezione. Ma dal progetto Cartabia possiamo aspettarci la tanto agognata abolizione delle correnti? Neanche a parlarne, perché per chiunque si sieda sulla poltrona più alta di via Arenula è meglio evitare di entrare in conflitto con il più pericoloso potere forte d’Italia. È abitudine della magistratura politicizzata, infatti, come dimostra da ultimo la vicenda di Matteo Salvini ed i processi che sta sopportando per atti politici esercitati in piena consonanza con il Consiglio dei ministri durante il Governo Conte 1, farla pagare a chiunque metta in discussione equilibri consolidati fra politica e giustizia ed evochi argomenti scomodi….
Ci sono, tuttavia, ulteriori opportunità per fare strada, a livello popolare, alla riforma della giustizia, la cui corretta impostazione costituirebbe una delle premesse per la riconquista dello Stato di diritto e la riconciliazione della comunità nazionale con il suo Stato. Sono i 6 referendum sulla giustizia giusta… Il popolo italiano ha bisogno, infatti, di sapere che l’organismo giudiziario si pone a garanzia delle regole, comprese quelle dettate dalla democrazia…
* Seconda parte di un’inchiesta che continuerà ad essere pubblicata su Informazione Cattolica domani e dopodomani.
Leggi la prima parte QUI