I monaci, testimoni della fede e “rimedi” alle crisi spirituali e sociali
LA RIPRESA DEL MONACHESIMO OCCIDENTALE DOPO LA CRISI DEI GRANDI MONASTERI SORTI DALLA RIFORMA DI CLUNY È DOVUTA ALLA FONDAZIONE NEL XII SECOLO DI DUE NUOVI E DINAMICI ORDINI, QUELLO CISTERCENSE E QUELLO PREMONSTRATENSE. IERI CON LA FEDE E CON LE OPERE DI UN BERNARDO DI CHIARAVALLE (1090/91-1153), OGGI CON QUELLE DI TANTI NUOVI SANTI, LAICI E RELIGIOSI, LA CHIESA SAPRÀ SUPERARE LE CRISI E LE ROTTURE CHE NE STANNO NON POCO FIACCANDO LE FORZE SPIRITUALI E LE ISTANZE DI “RINNOVAMENTO NELLA FEDELTÀ”
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Di Sara Deodati
In tutti i tempi di prova è bene ricordare, come ha raccomandato Papa Francesco, «che non siamo soli, che qualcuno veglia al nostro fianco e ci protegge». La preghiera è e rimane quindi lo strumento indispensabile per chiedere e riprendersi la serenità dello spirito oltre che impetrare la salvezza personale e comunitaria. Lo sanno in particolare i monaci e le monache che, all’orazione, hanno dedicato come ben sappiamo tutta la loro esistenza.
Il monachesimo, soprattutto in Occidente, sta indubbiamente vivendo un periodo molto difficile ma, la storia della Chiesa insegna come in duemila anni ha dovuto affrontare prove anche più dure. Il Santo Padre, in una delle recenti catechesi dedicate alla preghiera, ha ricordato come lo stesso fondatore del monachesimo cristiano, sant’Antonio abate (251-356), ha dovuto affrontare momenti terribili in Egitto: «il suo biografo Sant’Atanasio, Vescovo di Alessandria, narra che uno degli episodi peggiori capitò al Santo eremita intorno ai trentacinque anni, età di mezzo che per molti comporta una crisi. Antonio fu turbato da quella prova, ma resistette. Quando finalmente tornò il sereno, si rivolse al suo Signore con un tono quasi di rimprovero: “Dov’eri? Perché non sei venuto subito a porre fine alle mie sofferenze?”. E Gesù rispose: “Antonio, io ero là. Ma aspettavo di vederti combattere” (Vita di Antonio, 10). Combattere nella preghiera. E tante volte la preghiera è un combattimento» (Papa Francesco, Il combattimento della preghiera, Udienza Generale del 12 maggio 2021).
La fase più profonda di crisi del monachesimo nel corso della bimillenaria storia della Chiesa si è avuta come noto durante i secoli centrali del medioevo. Anche in quel frangente, però, la fondazione nell’Europa del XII secolo degli ordini religiosi Cistercense e Premonstratense vi pose rimedio imprimendo un nuovo e grande rinnovamento a quella forma di vita spirituale di cui la cristianità non poteva e non potrà mai fare a meno. La costituzione dei due nuovi ordini religiosi si veniva a collocare in un contesto storico di pratico esaurimento dello slancio operato fino allora dal grande movimento monastico di Cluny. L’ordine cluniacense, infatti, giunto al suo massimo splendore all’inizio del 1100, con ben 1038 case in tutta Europa Occidentale, stava soffrendo di un progressivo declino soprattutto a partire dalla morte, nel 1109, dell’ultimo abate di Cluny, sant’Ugo.
Giudicato ormai dalle popolazioni troppo ricco, troppo fastoso e troppo mondano, l’ordine di Cluny lasciava quindi spazio all’affermarsi delle due nuove fondazioni che ebbero il merito di riproporre nella loro integralità il rigore e l’amore per il lavoro e per lo studio tipici del monachesimo benedettino delle origini, rappresentando così l’anello di congiunzione fra la riforma gregoriana e l’età degli ordini mendicanti.
La riforma religiosa originata da Cluny, abbazia sorta nel 910 in Francia sotto la guida dell’abate Bernone, ebbe nei suoi primi sviluppi indubbi effetti favorevoli tanto nella vita monastica in particolare quanto in quella della Chiesa cattolica in generale. La Regola cluniacense, infatti, contribuì a purificare e a risvegliare le vocazioni religiose, a eliminare la simonia, vale a dire l’acquisizione di cariche pastorali dietro compenso e, infine, a combattere l’immoralità che era nel X secolo piuttosto diffusa nel clero secolare. Collocati lontano dalle città in luoghi isolati, però, col tempo i monasteri cluniacensi persero il contatto con la pulsante vita delle comunità. Non sfuggì a questa situazione neppure Montecassino o il monastero di Bec, in Normandia, la sede resa illustre dalla presenza di Lanfranco di Pavia e di Anselmo d’Aosta. Dopo questi due grandi abati, infatti, nessun monaco raggiunse in quei luoghi analoghi livelli di santità ed esemplarità.
Oltre al venir meno nel XII secolo di grandi personalità carismatiche nel movimento di Cluny, fra i motivi della nascita e rapida affermazione dei nuovi ordini religiosi vi fu anche la ripresa del contatto con le popolazioni locali. A differenza di quello di Cluny, infatti, sia i monaci cistercensi sia quelli premonstratensi, provenendo per lo più dai ceti popolari, non mancarono di comunicare e farsi comprendere anche dagli strati più “bassi” della società. Se confrontiamo ad esempio la cultura di un Ildebrando di Soana, il futuro Papa Gregorio VII (1073-1085), che verso il 1047 fu monaco a Cluny, con quella di un Bernardo di Chiaravalle, constatiamo un evidente progresso qualitativo in quest’ultimo, a motivo della maggiore “inculturazione” della Regola di San Benedetto da Norcia nella società del tempo, nonché di un rinnovato approfondimento dello stile monastico benedettino delle origini.
Ulteriore motivo del successo dei nuovi ordini fu la maggiore sobrietà vissuta nei monasteri. La comunità monastica di Cluny, infatti, avendo avuto in origine molte vocazioni giovanili e nobiliari, aveva finito per assimilarne un certo stile di vita assieme ai relativi beni e ricchezze. Contro questa Chiesa ricca e immobile si contrappose l’idea che Cristo venne in terra povero e che la vera Chiesa avrebbe dovuto essere proprio la Chiesa dei poveri. La sorprendente e rapida diffusione nel XII secolo dei monaci Cistercensi e Premonstratensi, quindi, si spiega molto con la «convincente serietà del loro tenore di vita, in parte anche con il loro impegno pastorale e missionario, che hanno fatto di loro le forze storiche più importanti di questo periodo. Essi hanno plasmato profondamente la religiosità cristiana (anche del clero) e nei loro innumerevoli scritti hanno profuso motivi che rimasero vivi ben oltre il loro tempo» [Hubert Jedin (a cura di), Storia della Chiesa, vol. V/1, Civitas medievale, a cura di Hans Wolter e Hans-Georg Beck, Jaca Book, Milano 1993, p. 16].
Altro motivo dell’affermazione dei nuovi ordini furono le migliorie apportate alle loro costituzioni. Contrariamente alla congregazione cluniacense, infatti, che aveva un carattere prevalentemente personale (dipendenza dei priori e, in parte degli abati, dall’abate maggiore), Cistercensi e Premonstratensi riuscirono a dare alla loro comunità un più solido fondamento comunitario. Le singole abbazie, quindi, pur se autonome, erano organicamente articolate in “famiglie” secondo la loro affiliazione e corporativamente riunite nel capitolo generale composto da tutti gli abati. Tali nuovi principi diedero vita a un sistema organizzativo in cui erano garantiti sia il diritto dei singoli monasteri, sia l’interesse di tutto l’intero ordine. L’efficacia di questi statuti fu tale che anche altri fra gli ordini riformatori sorti in quell’epoca, come ad esempio i Certosini, li presero a modello.
San Bernardo fu il protagonista assoluto della ripresa del monachesimo europeo nel XII secolo. Dottore della Chiesa, di nobile famiglia, entrò nel monastero di Cîteaux nel 1112, presentandosi accompagnato da una trentina di persone. Il suo esempio fu così trascinante che, in breve tempo, tale monastero risultò piccolo così da rendere necessaria la fondazione di altri cenobi tra cui quello stesso di Clairvaux (1115), del quale “l’ultimo Padre della Chiesa” divenne abate.
Più che come teologo Bernardo si palesò come inarrivabile oratore e mistico asceta, soprattutto con i notevoli sermoni in lode della Vergine Maria, dai quali sono tratte molte delle lezioni liturgiche delle feste della Madre di Dio. L’influsso da lui esercitato giunse anche a Roma perché, uno dei suoi tanti discepoli, Bernardo di Pisa, fu eletto al Soglio Pontificio con il nome di Eugenio III (1145-1153). Quest’ultimo Papa, che sarà proclamato Beato da Pio IX nel 1872, compose in onore del suo maestro e della sua spiritualità ben cinque lettere che diedero origine ad un trattato assai diffuso dal titolo De Consideratione (Della considerazione).
Bernardo non solo fu intransigente difensore dell’ortodossia ma fu anche abile diplomatico. Riuscì infatti a far rientrare il conflitto tra le famiglie nobiliari dei Pierleone e dei Frangipane in competizione fra loro per il Papato, ricomponendo così il dissidio in atto in favore del Pontefice legittimo e riconducendo quindi il Vicario di Cristo a Roma. Pose anche i fondamenti teologici della giustificazione della guerra contro gli infedeli predicando la seconda crociata che, partita sotto i migliori auspici, finì per rivelarsi la più infruttuosa. Scrisse infine i regolamenti dei nuovi ordini religiosi-militari sorti nel suo tempo all’insegna dell’ideale della cavalleria messa al servizio del Regno di Cristo. Con il De laude novae militiate ad milites Templi (Elogio della cavalleria nuova), dedicato ad Ugo di Payens, primo maestro dei Templari, l’abate di Clairvaux promosse questo nuovo Ordine del quale ancora oggi si parla, affidandogli la missione di difendere la Terra Santa dai ritorni offensivi degli islamici.
Venendo ora specificamente all’ordine Cistercense, diciamo subito che le sue origini storiche sono purtroppo avvolte in una nube di oscurità. Gli unici fatti storicamente sicuri sono ritenuti la fondazione di Cîteaux nel 1098 ad opera di Roberto di Molesme (1024-1111), la direzione di questa importantissima abbazia dapprima da parte dell’abate Alberico e dopo la sua morte – probabilmente nel 1109 – da Stefano Harding (1109-1133), e, infine, l’istituzione nel 1113, nelle vicinanze di Cluny, del primo monastero cistercense affiliato, vale a dire quello di La Ferté, cui seguirono nel 1114 Pontigny e nel 1115 Chiaravalle e Morimondo.
Insieme a quello di La Ferté, i primi monaci cistercensi formarono il gruppo di quelle che più tardi vennero chiamate le “abbazie primarie” dalle quali, in una serie di filiazioni fittamente ramificate, trassero la loro origine tutti i successivi monasteri sorti dall’ordine. Nel 1119, quest’ultimo giunse già a contare dieci case, nel 1123 venti e, infine, ben ottanta alla morte di Stefano Harding. La rapida crescita dei monasteri pose quest’ultimo e gli altri abati cistercensi di fronte al problema di come mantenere l’unità nella molteplicità delle fondazioni. Dalla bolla di approvazione di Papa Callisto II (1119) risulta che già allora era stato presentato al Pontefice un primo progetto di costituzione, di cui tuttavia non si conoscono i particolari. Si trattò certamente di un abbozzo della cosiddetta Carta caritatis che, fino alla bolla di Alessandro III del 5 agosto 1165, subì diverse modifiche. Ma anche dopo lo sviluppo della costituzione cistercense continuò ad essere affinata, sino a trovare la propria espressione nei decreti dei capitoli generali, poi raccolti e pubblicati a grandi intervalli di tempo fra il 1202 e 1212 (Libellus definitionum) e intorno al 1256 (Institutiones capituli generalis).
I Cistercensi si caratterizzarono fin dall’inizio per la ferma volontà di osservare la Regola benedettina nella sua originaria purezza, con la dedizione innanzitutto ad una rigorosa povertà. Poiché il nuovo ordine voleva liberarsi dai legami feudali in vigore a Cluny, esso rifiutò i benefici e introdusse di nuovo il lavoro fisico. L’abito bianco, il rigoroso isolamento dal mondo (come mostra l’insediamento in luoghi deserti), la durezza del tenore di vita (nel nutrimento, nell’abitazione e nel vestiario), la semplicità della liturgia fecero ben presto raggiungere all’ordine un alto prestigio nella Chiesa e fra le popolazioni.
Secondo gli storici i Cistercensi accentuarono comunque il tema del ritorno all’antico e alle fonti monastiche benedettine anche per sfuggire al rimprovero di voler introdurre “innovazioni”. In realtà, quella cistercense si può definire una “innovazione nella tradizione”, non avendo a stretto rigore prodotto un’osservanza alla lettera della Regola di San Benedetto. Nei nuovi monasteri, per esempio, furono soppressi gli oblati, fu consolidata l’istituzione dei fratelli laici e, ulteriore rilevante elemento innovativo fu la limitazione dell’autorità degli abati sancita dalla costituzione dell’ordine. Nuova fu anche l’istituzione del Capitolo generale annuale cui erano tenuti a partecipare tutti gli abati. Sotto la presidenza dell’abate di Cîteaux esso deteneva ed esercitava tutto l’intero potere dell’ordine (legislativo, amministrativo e giurisdizionale), ma lasciava alle abbazie piena autonomia amministrativa sia finanziaria sia per le faccende interne del monastero. La visita annuale svolgeva tutti i controlli anche per quanto riguardava le direttive del Capitolo generale. Nei monasteri affiliati essa veniva eseguita dall’abate della rispettiva abbazia madre, mentre Cîteaux limitava la sua ispezione alle quattro abbazie primarie.
Il contributo cistercense al rinnovamento e allo sviluppo della cultura spirituale della Chiesa, oltre a San Bernardo, si deve in Francia ad altri eminenti rappresentanti dell’ordine come Guglielmo di Saint-Thierry († 1148), Guerrico di Igny († 1157) e Isacco della Stella († 1169).
Quanto alle principali caratteristiche dell’Ordine Premonstratense, va sottolineato che il loro rapido successo a seguito della fondazione nel 1120 da parte di san Norberto di Xanten (1080-1134), fu dovuto anzitutto allo sforzo di evangelizzazione impresso dal fondatore con le missioni avviate in Pomerania e Lusazia (Polonia). Allo stesso tempo, ulteriore motivo di diffusione consistette nell’intensa opera di colonizzazione che i nuovi monaci operarono nei territori dell’est europeo. Ai loro monasteri più importanti, divenuti in pochi decenni alcune centinaia in tutta Europa, si deve quel metodo di operare razionalmente che, diversi storici, hanno attribuito all’origine delle decisioni di tipo aziendale che configurarono la prassi del primo capitalismo (o, meglio, “economia d’impresa”). Di fatto, le comunità Premonstratensi furono in grado di organizzarsi in modo tale da potersi proteggere meglio dei contadini dagli effetti periodici delle carestie, vendere i loro prodotti su più mercati compresi anche lontani, ottenere nel complesso profitti maggiori della maggior parte delle attività agricole allora condotte. I monaci si attrezzarono per conservare il vino di loro produzione, e le relative scorte, in modo più efficiente dei contadini dell’epoca, così da praticare perfino servizi di una banca di “depositi e prestiti”.
Gli inizi dell’ordine, come detto, dipesero per lungo tempo dall’influsso decisivo del fondatore, tanto più che Norberto fin dal 1126 divenne arcivescovo di Magdeburgo. In quello stesso anno egli ricevette da Papa Onorio II (1060-1130) l’approvazione solenne del nuovo ordine. L’amicizia del fondatore con Bernardo di Chiaravalle ha sicuramente contribuito a far sì che nei più antichi statuti dell’ordine, risalenti al 1140, vi siano notevoli riferimenti alla Carta caritatis cistercense. Si aggiunga inoltre che sotto l’abate Ugo di Fosses (1093-1163) anche la tendenza fino ad allora caratteristica dei canonici regolari, di prendere parte alla cura d’anime, venne limitata e accentuata invece con maggior forza la vita contemplativa. La costituzione Premonstratense riconosceva, ad imitazione di quella di Cîteaux, un capitolo generale e una direzione unitaria, ma non il sistema di filiazione. L’ordine era infatti suddiviso in province (circarie), a cui era preposto un circator (più tardi: vicario generale). Poiché San Norberto volle per il Magdeburgo una subordinazione al vescovo, un rapporto analogo si affermò anche in molte delle nuove fondazioni. I Premonstratensi, quindi, poterono godere dell’esenzione dall’ordinario relativamente tardi rispetto ai coevi Cistercensi (1409).
Originariamente, come aveva voluto il fondatore, tutte le fondazioni premonstratensi ospitavano membri di ambedue i sessi. Le monache premonstratensi, però, pur indipendenti, dovevano insediarsi per lo più nelle vicinanze di un convento, che doveva curare necessariamente la loro direzione spirituale. Nella Germania il numero dei conventi femminili superò ben presto quello delle abbazie e, tale circostanza, ha contribuito forse più di altre alla più ampia affermazione dell’ordine nei territori germanici, seguita solo poi in Boemia, in Belgio e in Francia, nonché in Inghilterra e in Spagna.
In conclusione, si conferma pienamente come la storia occidentale, pur segnata nel corso dei secoli da crisi e rotture, è sempre in grado di generare forze spirituali capaci di creare idee ed istituzioni originali e innovative. Forze nuove che, con l’aiuto della Grazia, sono state origine di profondi cambiamenti politici, economici e sociali. Il venir meno della stabilità con i propri monasteri da parte degli ordini Cistercense e Premonstratense, in favore di una nuova flessibilità, restituì alla Chiesa il dinamismo missionario ma, anche, alle comunità civili del tempo un nuovo impulso di crescita.
Grazie all’opera di rinnovamento religioso e civile dei nuovi ordini religiosi, la società del XII secolo conobbe così una importante ripresa demografica e agricola, accompagnata da un’intensa attività di colonizzazione delle pianure europee. Dai nuovi monasteri derivarono inoltre gli ordinamenti “democratici”, poiché i monaci si consideravano fratelli, qualunque fosse il loro ceto di origine. Furono questi esempi che suggerirono la formazione dei comuni con la ripresa dell’economia di mercato e la circolazione monetaria per facilitare gli scambi di merci.
Oltre al ruolo economico e civile i nuovi monasteri divennero dei veri e propri centri di cultura, isole di irradiazione del sapere che ebbero il merito di salvare e tramandare la tradizione culturale classica in un’età in cui non esistevano forze capaci di fare altrettanto. Nei monasteri si concentrarono numerose benemerenze da questo punto di vista, una delle quali fu la cura di biblioteche col compito di ricopiare i libri che si sciupavano con l’uso, avere a disposizione una varietà di testi destinati all’istruzione dei monaci, collezionare opere antiche di contenuto profano che servivano per imparare il latino. Altra novità delle nuove fondazioni monastiche del XII secolo fu l’apertura europea, opposta all’isolamento degli antichi monasteri.