Prevenzione e repressione della corruzione? Si può… e si deve!
ANTICORRUZIONE E REFERENDUM GIUSTIZIA
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Di Matteo Impagnatiello, Daniele Trabucco e Augusto Sinagra
Dal primo luglio (e per novanta giorni a seguire) Lega e Radicali hanno promosso una raccolta firme per chiedere un referendum con sei quesiti riguardanti la Giustizia, peraltro in un contesto di riforma della stessa la cui approvazione della relativa legge potrebbe vanificare l’eventuale effetto abrogativo. Ai due partiti si sono aggiunti Forza Italia, Udc, Nuovo Psi, Psi e Unione Monarchica Italiana.
Alcune di queste formazioni politiche -Lega e Forza Italia- sono parte organica della maggioranza parlamentare e dell’Esecutivo Draghi, non disdegnando così di mostrarsi con un doppio volto, di partito di governo e nel contempo di lotta. L’ultimo dei quesiti proposti, il numero 6, riguarda l’abrogazione della legge Severino, approvata in passato con i voti dell’allora Pdl, Udc e Lega Nord. L’obiettivo politico-referendario è quello di dare “più tutele per sindaci ed amministratori”, poiché la legge de qua prevede la sospensione e la decadenza automatica di sindaci e amministratori condannati anche in via non definitiva. Ma si rischia di buttare il bambino con l’acqua sporca.
La legge 6 novembre 2012, n. 190 ha recepito, infatti, l’esigenza di una normativa apposita per la prevenzione e repressione della corruzione. E sono tante le misure contemplate nella norma, certamente perfezionabile.
Tra le principali, ricordiamo la creazione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione; la tutela della figura del whistleblower, cioè il dipendente pubblico che denuncia condotte illecite occorse durante l’orario di lavoro; l’obbligo di rotazione dei dirigenti preposti agli uffici dove vi è un potenziale e maggior rischio di corruzione; è dettata una disciplina più stringente delle incompatibilità e incarichi che possono essere affidati a pubblici dipendenti.
Il fenomeno corruttivo si è affermato lungo tutta la storia italiana, tanto da diventare un elemento costitutivo e fisiologico. Se l’Italia è l’ottava potenza mondiale in termini di Prodotto interno lordo (Pil), essa si piazza al 52° posto nella graduatoria mondiale sulla corruzione.
Dal 2016 al 2019, secondo l’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione), sono stati ravvisati 152 episodi di corruzione; un caso a settimana, per un totale di 117 arresti. Nell’anno appena trascorso, la situazione non è migliorata. Anzi. L’Italia si piazza, rispetto all’anno scorso, retrocedendo di una posizione. Per la prima volta dal 2012, il Paese non segna un risultato positivo nella classifica degli Stati meno corrotti, che vede svettare gli stessi Paesi del 2019, cioè Danimarca e Nuova Zelanda.
La pandemia da Coronavirus e la pesante crisi economica che ne è seguita hanno influito sull’indice di percezione della corruzione nell’ambito pubblico. Non è azzardato considerare che la crescente dipendenza del settore economico-privato dalla domanda pubblica di beni e servizi induca a percepire la corruzione in termini più ampi. Una cosa è certa: dato il contesto sociale e sanitario italiano, il tema dell’anticorruzione non ha più il posto in prima fila che aveva negli anni precedenti e che aveva trovato nella legge Severino una sua codificazione.
Nel mese di luglio è previsto l’arrivo di una prima parte delle risorse economiche del Recovery Fund (il 13%, corrispondente a più di 25 miliardi), il fondo europeo per arginare e superare la crisi aggravata dalla pandemia e che sosterrà la ripresa.
Per il rilancio economico italiano sono stati stanziati complessivamente 191,5 miliardi di euro. Considerata l’importante cifra – che sarà utilizzata secondo le previsioni del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza – è necessario irrobustire l’anticorruzione, piuttosto che spazzare via gli strumenti giuridici contenuti nella legge Severino. Le disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione vanno, semmai, affinate.
In questo momento storico, caratterizzato da sconfortanti parametri economici, spendere correttamente il denaro pubblico diventa un imperativo categorico. Un’Italia migliore – e finalmente liberata dalla endemica corruzione – da consegnare alle nuove generazioni, è possibile.