L’antifascismo non marxista dello storico Angelo del Boca
di Andrea Rossi
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DEI LIBRI DELLO STORICO, GIORNALISTA E SAGGISTA PIEMONTESE ANGELO DEL BOCA (1925-2021), MORTO IL 6 LUGLIO SCORSO NELLA SUA CASA DI TORINO, NON SONO STATI RICORDATI IN QUESTI GIORNI ALCUNI “ANGOLI OSCURI”. VALE A DIRE ASPETTI POCO NOTI DELLE SUE RICERCHE STORICHE NON GRADITI A CHI HA SEMPRE INTESO OMETTERE DETERMINATI PASSAGGI E RICOSTRUZIONI DELLA NOSTRA VICENDA NAZIONALE, A PARTIRE DAL “RISORGIMENTO” FINO ALLA SECONDA GUERRA MONDIALE
Difficile tracciare una biografia esaustiva di Angelo del Boca (1925-2021), forse il maggiore storico italiano delle nostre vicende coloniali, scomparso a Torino martedì scorso, 6 luglio. Nella sua vita, infatti, fu molte cose diverse: alpino della divisione Monterosa dell’esercito della Repubblica Sociale Italiana (RSI) e poi disertore e partigiano delle formazioni Giustizia e Libertà (GL), giornalista, intellettuale spesso polemico ma mai ideologicamente fazioso nel suo antifascismo non marxista, studioso di vicende coloniali autodidatta e non accademico, talvolta più documentato di tanti (e più titolati) docenti e ricercatori universitari.
Se fosse possibile riassumere in una frase quello che fu il leit motiv dei suoi studi per oltre mezzo secolo, forse la si potrebbe individuare nella domanda presente nel titolo di un volume che ancora oggi resta un classico: Italiani brava gente? (Neri Pozza, Vicenza 2005, pp. 560).
Un quesito che ancora oggi, ripercorrendo le pagine di del Boca sulla storia italiana del XX secolo, resta di difficile risposta. Molti studiosi di orientamento marxista, infatti, hanno rimarcato anche in questi giorni come lo studioso piemontese fu forse il primo ad affrontare in modo scientifico i crimini commessi dal nostro Esercito durante la guerra e l’occupazione dell’Etiopia (1936-1941), culminati con il peggiore eccidio di componenti del clero cristiano compiuto da forze armate straniere in Africa, ossia la strage di Debra Libanos del maggio 1937. In questo monastero collocato nel cuore dell’Etiopia, come di recente ricordato anche da Andrea Riccardi sul quotidiano L’Avvenire, furono massacrati in esecuzioni sommarie, spesso compiute da “ascari” libici musulmani, non meno di quattrocento fra monaci, seminaristi, e laici. Tutti appartenenti al maggiore monastero della chiesa ortodossa copta etiope, quale rappresaglia per l’attentato al Generale Rodolfo Graziani (1882-1955), allora viceré di Etiopia.
Sempre del Boca, però, riguardo alla nostra presenza in Libia ammetteva che, nel periodo in cui Italo Balbo (1896-1940) fu governatore della colonia, la comunità ebraica fu sempre rispettata e protetta dalle prepotenze della maggioranza araba la quale, come ricordava lo studioso, attese l’occupazione britannica per compiere, nel 1945, un grande “pogrom” nel quale morirono decine di cittadini ebrei (a guerra ormai conclusa) e centinaia decisero di trasferirsi in Italia, non avendo più a Tripoli la protezione del nostro Paese. A nostro avviso, quindi, dipingere Angelo del Boca come un semplice accusatore del colonialismo, non rende giustizia ad un ricercatore che, della precisione e della puntualità delle ricostruzioni storiche, aveva fatto un suo punto di forza, senza sconti per nessuno.
Al riguardo, desta meraviglia come pochi abbiano ricordato, nelle tante commemorazioni di questi giorni, le pagine durissime da lui dedicate alla repressione del cosiddetto “brigantaggio”, che in realtà fu una disperata ribellione popolare e generalizzata contro la spietata occupazione piemontese del Mezzogiorno.
Ampiamente documentata nel suo volume “Italiani brava gente?”, questa pagina nera del Risorgimento italiano veniva, nei primi anni duemila, finalmente svelata senza parzialità e senza versioni di comodo, in tutta la sua crudezza, con le esecuzioni sommarie disposte dal Generale Enrico Cialdini (1811-1892) e il tragico corollario di incendi, saccheggi, e brutalità di ogni tipo ai danni di popolazioni innocenti, che proseguì per almeno un decennio dopo il 1861. Del Boca, anche in questo, non conosceva l’autocensura ideologica di molti suoi colleghi i quali, oggi, preferiscono ricordare solo il ricercatore antifascista e anticolonialista, senza comprendere tutte le sfaccettature di uno studioso che molto ha dato per meglio conoscere la nostra storia, compresi gli angoli oscuri. Quei risvolti scomodi delle vicende personali e collettive che sono non di rado oscurati da tutti coloro che non vogliono raccontare la verità per intero. Un lato dell’animo umano che, correttamente, il grande scrittore Joseph Conrad (1857-1924) chiamava il nostro “cuore di tenebra”.