Per molti l’umanità di Gesù è diventata un ostacolo a credere
VOX DEI (IN LATINO “VOCE DI DIO”), UN COMMENTO AL VANGELO DEL GIORNO DI DON RUGGERO GORLETTI
Domenica 4 luglio 2021
Dal vangelo secondo Marco 6, 1-6
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.
COMMENTO
Il brano di Vangelo che abbiamo appena ascoltato affronta il tema dell’incredulità. Gesù si trova nel paese dove è cresciuto, e dove è vissuto con Maria e Giuseppe fino a trent’anni. Arriva accompagnato dalla fama che si era guadagnato con il suo insegnamento autorevole (che spesso metteva in crisi i dottori della legge) e con i prodigi che aveva operato. Ma deve fare i conti con l’incredulità dei suoi concittadini. Il brano di Vangelo non parla, a dire il vero, di paese: parla di patria, che è un termine più ampio, e prefigura in qualche modo il rifiuto dell’intero popolo di Israele. A Nazaret si ha un anticipo di quello che era stato prefigurato dal prologo del vangelo di Giovanni: «venne tra i suoi, ma i suoi non l’hanno accolto».
I cittadini di Nazaret non rifiutano Dio in quanto tale, ma rifiutano l’idea che Dio abbia potuto incarnarsi in un uomo, in uno come noi, una persona normale, per di più di umili origini. Questo creava scandalo a Nazaret: scandalo nel senso proprio del termine greco, che significa ostacolo: l’umanità di Gesù diventava per quelle persone un ostacolo a credere. E diventa un ostacolo a credere anche per molti di noi oggi. Oggi molte persone non rifiutano l’idea di Dio in quanto tale, rifiutano Gesù. Rifiutano l’idea che Dio non sia un’entità che vive in una dimensione lontana, che sì, avrà creato il mondo in origine, altrimenti non si capirebbe proprio come possa esistere tutto quello che conosciamo, ma che con la nostra vita non c’entra nulla, non ci impone nulla, non ci chiede nulla, non verrà alla fine dei tempi a giudicarci.
Ma questo non è il Dio di Gesù Cristo. Anzi, questo non è Dio. Dio esiste o non esiste, ed esiste in un certo modo piuttosto che in un altro, indipendentemente da come la pensiamo noi. Non solo i cittadini di Nazaret, non solo gli Ebrei del tempo di Gesù sono stati increduli. Anche molti nostri contemporanei lo sono, anche noi, se vogliamo essere sinceri, in una certa misura lo siamo. E siamo increduli perché costa meno fatica essere increduli che credenti. Credere, abbiamo detto più volte, non è solo un’emozione del cuore. Non è neppure soltanto un’operazione dell’intelletto (ritengo che Dio esista e che le cose che sono scritte nel Credo siano vere). È un’operazione che riguarda tutta la nostra persona, e che ha effetti sul modo di pensare e quindi di agire. Se l’incontro con Gesù ci lascia come siamo, se non cambia il nostro modo di pensare e di vivere, allora semplicemente non abbiamo incontrato Gesù. Ci illudiamo di vivere una vita di fede, di credere, di essere cristiani, ma non lo siamo.
E per la nostra comodità, per la nostra testardaggine, rifiutiamo i segni che il Signore ci da continuamente, sia se guardiamo le grandi vicende della storia del mondo e dell’umanità, sia che guardiamo le piccole cose della nostra vita. È necessario però che le guardiamo con uno sguardo puro, libero da pregiudizi.
Senza la fede impediamo a Dio di operare in noi. Infatti Gesù, a Nazaret, non poté operare molti miracoli a causa dell’incredulità della gente. I miracoli non sono un’esibizione della potenza di Dio, ma un segno dell’amore di Dio, che si realizzano là dove Dio incontra la fede dell’uomo. Diceva Origene, un grande scrittore dei primi secoli della Chiesa, che «allo stesso modo che per i corpi esiste un’attrazione naturale da parte di alcuni verso altri, come del magnete verso il ferro […] così la fede esercita un’attrazione sulla potenza divina». (Commento al Vangelo di Matteo 10, 19)
Chiediamo al Signore di aumentare la nostra fede, sforziamoci di credere: infatti credere è un’operazione che richiede la nostra volontà, sia nel pensare che nell’agire. Allora il Signore sarà libero di operare nella nostra vita quei prodigi di bene che intende fare.