Miracolosa e da sempre invocata dalle partorienti
LA BASILICA DEI SANTI TRIFONE E AGOSTINO E LA MADONNA DEL DIVIN PARTO
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Di Paola Liberotti
Nei pressi di Piazza Navona, passando sotto un piccolo arco con una bella immagine della Vergine e subito dopo Corso del Rinascimento, a destra, si percorre la piccola Via di Sant’Agostino, per imbattersi nella basilica dei Santi Trifone e Agostino nel rione Sant’Eustachio, nell’omonima piazza.
La sua costruzione risale al XIV secolo, quando gli agostiniani, che già officiavano la chiesa di San Trifone in Posterula, decisero di costruire una nuova struttura per il loro convento e di dedicarla a Sant’Agostino. La chiesa venne edificata tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo e ultimata intorno al 1420. Fin dall’inizio, però, risultò piccola per le esigenze della comunità conventuale; inoltre, essendo posta troppo in basso rispetto al corso del fiume Tevere, soggetta anche alle sue piene. Così, grazie alla munificenza del cardinale Guillaume d’Estouteville, tra il 1479 e il 1483 fu edificata la nuova, attuale basilica. E’ Parrocchia fin dalla sua fondazione; qui, infatti, furono trasferiti i titoli e la cura d’anime di San Trifone in Posterula. Essa è inoltre sede dal 1587 del titolo cardinalizio di Sant’Agostino. Come già altri monumenti dell’Urbe, non è molto conosciuta dagli stessi romani: eppure merita, eccome, di essere visitata e ammirata.
Contempliamo, in primo luogo, la monumentale facciata, che si ispira alla chiesa di Santa Maria Novella di Firenze: è stata da alcuni attribuita a Leon Battista Alberti e venne costruita nel 1483 da Jacopo da Pietrasanta, utilizzando il travertino proveniente dal Colosseo. Le due volute laterali sono state aggiunte dal Vanvitelli, che tra il 1746 e il 1750 eresse anche il nuovo convento e il chiostro.
L’interno della basilica è a tre navate, suddivise da pilastri: con dieci cappelle laterali, transetto e abside, affiancata da altre quattro cappelle. Sull’altare maggiore, disegnato dal Bernini, è posta un’immagine miracolosa della Vergine col Bambino, proveniente dalla chiesa di Santa Sofia di Costantinopoli.
Nella Cappella Cavalletti, a sinistra, si ammira la Madonna di Loreto, detta anche Madonna del Pellegrino: uno dei più noti capolavori del Caravaggio, che la donò alla chiesa come ringraziamento per l’asilo concesso. Il pittore infatti vi si rifugiò per sfuggire all’arresto, dopo aver ferito a Piazza Navona un aiuto notaio. Esistono vari aneddoti riguardo tale vicenda, ma l’aspetto più interessante è, naturalmente, l’indiscutibile bellezza dell’opera: straordinariamente attuale per il suo incredibile realismo, tanto che all’epoca, come già altre opere di Caravaggio, destò un certo scalpore.
Oltre a questa celebre tela, è possibile ammirare un dipinto del Guercino con i Santi Agostino, Giovanni Battista e Paolo l’Eremita; il famoso affresco del Profeta Isaia di Raffaello; la Visione del beato Giovanni di San Facondo (1656) e l’Estasi di Santa Rita da Cascia (1660) di Giacinto Brandi. Notevole, inoltre, il gruppo statuario della Madonna con il Bambino e Sant’Anna di Andrea Sansovino, mentre, proprio nei pressi dell’entrata, non si può non ammirare la cinquecentesca statua in marmo, dalle dimensioni davvero notevoli, della Madonna del Divin Parto di Jacopo Sansovino. Secondo la tradizione popolare è considerata miracolosa e da sempre invocata dalle partorienti, come si legge nell’iscrizione “VIRGO GLORIA TUA PARTUS” e come testimoniano tuttora i numerosi ex voto.
Il tabernacolo marmoreo dell’altare maggiore, in stile tipicamente barocco, fu invece disegnato da Orazio Torriani. In fondo alla navata sinistra, la Cappella Bongiovanni mostra un ciclo di pitture di Giovanni Lanfranco, eseguite tra il 1613 e il 1616: sulla parete destra Sant’Agostino in meditazione sul mistero della Trinità; all’altare Incoronazione della Vergine tra i santi Agostino e Guglielmo; sulla parete sinistra San Guglielmo curato dalla Vergine. Sempre di Giovanni Lanfranco sono i grandi dipinti della Cappella di Sant’Agostino: a destra, Sant’Agostino abbatte le eresie (1639 circa); a sinistra, Sant’Agostino lava i piedi a Cristo (1639 circa). Un occhio di riguardo meritano anche le particolarissime acquasantiere, rette dalle stupende statue dei Santi Gabriele e Raffaele Arcangeli: opere in marmo secentesche di Cosimo Fanzago.
Infine, è da ricordare che questa splendida chiesa ospita, nell’ultima Cappella in fondo a sinistra, la tomba di Santa Monica, madre di Sant’Agostino, morta a Ostia nel 387 d. C. : esempio indimenticabile e luminoso di Fede, nonché rappresentante delle accorate preghiere e legittime preoccupazioni di tutte le mamme del mondo.
* Legio Mariae – Roma