Il Cuore di Cristo, l’intimità che si svela a coloro che lo amano
“CUORE A CUORE”
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Di Enzo Vitale
Più passa il tempo e più mi rendo conto che la difficoltà più grande al mondo è quella di comunicare, di farsi capire, di ascoltare. Importante, fondamentale direi, perché la parola è vita, la parola è tutto. Se solo mi fermo a pensare che il Verbo si è fatto carne è il centro della vita della Chiesa, della vita di ogni cristiano, non posso che sostare nella contemplazione.
Per noi, poi, Famiglia del Cuore Immacolato di Maria, questa verità ha anche la controprova del fatto che, le nostre preghiere giornaliere inizino con la recita dell’Angelus: «…e il Verbo si fece carne…». Ci è stato insegnato, infatti che “Le preghiere devono sempre iniziare con l’Angelus… l’incarnazione è tutto!…».
Perché? Perché senza un corpo non si comunica o, ad esser più precisi, non si comunica tutto. E per comunicare tutto, non basta l’anima. L’arcangelo Gabriele, pur privo di un corpo, porta a Maria l’annuncio più importante della storia, ma lo fa perché il Signore della Storia potesse incarnarsi, prendere un corpo e – questo ci insegnano i santi! – avere un cuore di carne.
La devozione al Sacro Cuore di Gesù ci ricorda questo: Cristo ha un cuore di carne e in quel cuore c’è tutto il bene del mondo, tutto il bene per il mondo.
La tradizione biblica ci insegna che il cuore è il centro della persona, che il cuore è la persona. Non a caso noi usiamo espressioni del tipo “andiamo al cuore” quando vogliamo indicare la necessità di andare al centro del tutto, alla parte più importante.
Andare al cuore significa prendere ciò che c’è di meglio… e di peggio, nel nostro caso “umano”.
Nel cuore dell’uomo sono custodite le cose belle, ma il cuore è anche, purtroppo, la fonte del male, delle cattive intenzioni: ecco perché sul nostro cuore dobbiamo sempre vigilare.
Dal Cuore di Cristo, invece, sgorga sangue e acqua, quando è oramai, sul Calvario, morto in Croce: da quel Cuore sgorga la vita, tutto il bene necessario a cancellare il male del mondo. E da quel Cuore, ancora oggi, dopo duemila anni, continua a sgorgare quanto serve per lavare ogni impurità, ogni macchia, ogni peccato di chi, in verità, si accosta a Lui e come Giovanni, il discepolo che Gesù amava, è capace di chinare il capo sul Suo petto.
Cristo ha sentito, potremmo quasi dire, il bisogno di incarnarsi e di avere un cuore, perché grande il desiderio, in Dio, di comunicarsi, di raccontare il proprio Cuore.
“Cuore a cuore”: questa è l’espressione cara agli amanti, cara all’anima innamorata di Cristo, ma soprattutto, al Cristo che “ha perso la testa per gli uomini”.
E noi abbiamo bisogno di questa vicinanza. Sconvolge come, uno dei miracoli eucaristici più importanti al mondo, quello di Lanciano – ci dicono gli esperti – altro non sia che un pezzo di cuore…il miocardio.
Chi di noi non ha sentito dire: “mi strapperei il cuore dal petto”? E Cristo lo fa! Cristo lo ha fatto!
Lo fa spinto dall’amore grande per noi uomini. Ecco la necessità di avere un Cuore di Carne, un cuore che potesse raccogliere le fiamme forti dell’amore, il fuoco della Passione, lo zelo per la missione del Padre Suo, la compassione per coloro che mancano dell’essenziale.
Non c’è un punto preciso del Vangelo in cui noi troviamo descritto questo Sacro Cuore; ci sono però, tanti momenti, nel racconto evangelico che, a volte con chiarezza, altre volte con timidi accenni, ci svelano tutto il mistero racchiuso nel petto del Cristo.
Per un sacerdote, per ogni sacerdote, ancora più che nel Cuore Immacolato di Maria, in cui tutti possiamo rifugiarci, quel Cuore dovrebbe essere un punto di riferimento fermo, sempre presente nella quotidianità della preghiera, nella ricerca della consolazione per le proprie e altrui afflizioni, dimora per ritemprare le forze che mancano nel cammino del servizio alla Santa Chiesa, alloggio in cui ricevere l’olio della consolazione per le proprie cadute, porto certo quando il proprio cuore è in tempesta.
Quel Cuore, che dovrebbe e vorrebbe essere quanto di più intimo noi dovremmo avere, anela, soffre, piange, palpita nell’attesa di essere cercato, invocato, abbracciato e amato.
Non ne possiamo fare a meno. Mai potremmo servire il mondo, mai potremmo essere strumenti utili per gli uomini, se non entriamo nel mistero del Cuore che tanto amò il mondo.
Un Cuore fatto di carne, che ci invita ad amare attraverso la carne, per salvare la carne. Una carne che, sebbene appesantita dal peccato e ritratta come ciò che ci allontana dal Paradiso, in realtà, è ciò che può permettere l’esperienza mistica che ci regala il Paradiso.
I grandi santi, innamorati di Cristo, nella propria carne, attraverso il proprio cuore di carne, hanno portato i segni della loro unione con Dio.
Non tutti sanno, in questo senso, che la diffusione della devozione al Cuore Sacratissimo di Gesù, nacque anche in risposta alle eretiche correnti teologiche di matrice spiritualista che vedevano nella carne solo la sede del male, solo occasione di peccato, rischiando, in questo modo, di svilire la ricchezza del suo essere creata ad immagine e somiglianza di Dio e la bellezza dell’annuncio cristiano che proclama la Risurrezione del Cristo nel suo vero corpo.
Molto buono! I testi scritti da Enzo Vitale sono sempre profondi! Complimenti!