Si gridi non per correggere ma per abrogare le inique leggi contro Dio e l’uomo
IL PROGETTO DI LEGGE C.D. “ZAN-SCALFAROTTO”: QUANDO SI NEGA IL DIRITTO NATURALE
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Di Daniele Trabucco
Nell’opera “Trattato teologico-politico” del filosofo olandese Baruch Spinoza (1632-1677) si afferma che “il diritto naturale di ciascun uomo é determinato e definito non da una saggia razionalità, bensì dalla propria cupidigia e dalle proprie possibilità”.
Ora, Spinoza dimostra di non saper sollevare il diritto alle altezze del razionale e dell’etico, confondendo la necessità dell’accadere fisico con la necessità dell’accadere morale. Lo sostiene anche il neopositivismo secondo il quale é impossibile dedurre dalla natura un diritto, dal momento che non esiste alcun ponte per passare dal fatto d’essere (sein in lingua tedesca) al dover essere (il sollen).
La natura indica, non comanda, ed anche con mille indicativi non si fa un imperativo. Non esiste, allora, alcuna idea di giustizia poiché questa dipende, come sostiene Hans Kelsen (1881-1973), il “padre” della scuola normativistica, dall’ideologia prevalentemente proposta nelle democrazie “procedurali” o imposta dalla società.
Pertanto, se in un dato momento storico il legislatore avverte di dover punire penalmente (attraverso, ad esempio, la modifica dell’art. 604 bis del vigente Codice penale italiano) l’istigazione (lett. a)) a commettere atti discriminatori fondati anche sull’identità di genere (concetto vago e liquido il quale non può certo essere definito e tipizzato nell’art. 1 del progetto di legge “Zan-Scalfarotto”), è legittimato a farlo in nome di quella eguaglianza formale, di cui all’art. 3, comma 1, della Costituzione, che porta ad un livellamento di ogni possibile differenza, cancellando le peculiarità proprie di ogni ente.
La legge positiva, in questo modo, fondandosi solo sulla volontà di chi detiene il potere, arriva a rendere normativo ogni fatto, ogni impulso, ogni istinto. Ora, Kelsen non tiene conto che la deduzione del dover essere (della norma di comportamento che acquista giuridicità) dall’essere non avviene sul piano dell’esistenza, ma su quello dell’essenza (ció per cui una cosa é quello che é e non un’altra).
La legge di Hume, che esclude ogni rapporto di causa-effetto, eleva a dato inconfutabile la non esistenza di una concezione ontologica del reale. In questo caso, però, si finisce per cadere in contraddizione perché si esclude aprioristicamente che l’essere sia teleologicamente orientato, ossia volto a realizzare il fine conforme alla propria natura che é concetto ben diverso dall’appetito naturalistico.
Un esempio rende l’idea enunciata: l’atto sessuale tra un uomo e una donna é atto di natura che apre alla vita e, in alcuni casi, può essere patologicamente infecondo, mentre quello tra due persone dello stesso sesso é sempre naturalmente infecondo e ciò indipendentemente dal sentirsi maschio o femmina.
La Conferenza Episcopale italiana faccia sentire la voce della Veritá che grida non di correggere, ma di abrogare le inique leggi contro Dio e contro l’uomo.