Perché i discepoli di oggi sono tristi?
Le frustate e la prigione erano serviti per convertire qualcuno: ecco la gioia del vero apostolo!
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Di Padre Giuseppe Tagliareni
A Filippi non tutto andò liscio. Una schiava che aveva uno spirito di divinazione, dava fastidio a Paolo ed egli la esorcizzò, facendo così svanire i guadagni dei suoi padroni.
Infuriati questi trascinarono Paolo e Sila davanti ai magistrati e li fecero fustigare e gettare in prigione. Con i piedi nei ceppi e incatenati, essi cantavano inni a Dio.
Nella notte ci fu un terremoto, caddero le catene e si aprirono le porte della la prigione. Il custode, credendo che i prigionieri fossero fuggiti, sfoderò la spada per uccidersi.
Paolo lo salvò gridandogli che erano tutti lì e nessuno era fuggito. L’uomo rimase sbalordito e chiese: “Signori, che cosa devo fare per essere salvato?”.
Risposero: “Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia” (At 16, 30-31). Ascoltò, credette e si fece battezzare con tutta la sua famiglia; poi ne lavò le piaghe delle frustate ricevute e li fece rifocillare, “pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio” (v.34).
Le frustate e la prigione erano serviti per convertire qualcuno: ecco la gioia del vero apostolo!
Era necessaria la Passione e la Morte di Gesù per ottenere il dono dello Spirito. Egli avrebbe dato testimonianza, anche per convincere il mondo del peccato di aver rifiutato il Cristo, della sua morte redentrice e della condanna del principe del mondo, il diavolo, che presto sarebbe stato cacciato fuori.
Anche oggi è così, ma i discepoli sono tristi. Perché?