Le carte private di Mario Agnes aggiungono fonti a 35 anni di storia della Chiesa
MARIO AGNES, UNA FIGURA CHE HA ACCOMPAGNATO DA PROTAGONISTA QUARANT’ANNI DI STORIA DELLA CHIESA
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Di Angelica La Rosa
Il 9 maggio del 2018, all’età di 86 anni, è venuto a mancare Mario Agnes, figura apparentemente defilata, mai sotto i riflettori, ma che in realtà ha accompagnato da protagonista quarant’anni di storia della Chiesa.
Già presidente dell’Azione Cattolica, di cui aveva raccolto la difficile successione di Vittorio Bachelet, dal 1973 al 1980 – gli anni della battaglia per il referendum sul divorzio e dello scontro sulla “scelta religiosa” dell’associazione – Agnes fu testimone e protagonista di tale stagione.
Nel 1976 Paolo VI lo chiamò a presiedere la società editrice del quotidiano Avvenire. Ma furono anche gli anni del suo impegno in politica, nelle file della Dc come consigliere comunale a Roma. Infine, nel 1984, inizia la ultra ventennale avventura alla guida dell’Osservatore Romano (fino al 2007), chiamato da Giovanni Paolo II.
Mario Agnes archiviava tutto, dalle minute delle lettere ai verbali delle riunioni, dalle bozze degli articoli agli auguri natalizi, e ha intrecciato rapporti significativi con molte figure del giornalismo, della politica e della Chiesa.
Nel libro “L’Osservatore. Trentacinque anni di storia della Chiesa nelle carte private di Mario Agnes” (Edizioni San Paolo 2021, pp. 192, euro 19), Ignazio Ingrao (vaticanista del Tg1) ha raccolto le loro voci e le loro testimonianze di chi è entrato in contatto con Agnes: da Walter Veltroni ad Andrea Riccardi, da Angelo Scelzo a padre Gianfranco Grieco, da Ciriaco De Mita a Fausto Bertinotti.
Un mosaico di voci che arricchiscono la ricostruzione fatta attraverso i documenti, gli scritti e i discorsi di Mario Agnes, lungo quarant’anni di storia della Chiesa e dell’Italia.
“È importante che Ignazio Ingrao abbia scritto questo libro su Mario Agnes, studioso di storia del cristianesimo, militante di Azione Cattolica e poi suo presidente, direttore de L’Osservatore Romano durante il pontificato di Giovanni Paolo II e, per qualche periodo, di Benedetto XVI. Agnes non ha mai fatto parlare di sé.
Come nota l’Autore, la riservatezza è stata una cifra importante della sua esistenza, fino alla distruzione di larga parte delle sue agende. Non credeva di avere un grande ruolo nella vita cattolica e in quella italiana, nonostante molti lo pensassero. La sua era la mentalità del militante, pronto al servizio nelle situazioni in cui veniva chiamato. Così si era formato, fin da giovane, a questa mentalità, che era una spiritualità, nelle file dell’Azione Cattolica nella diocesi di Avellino e poi in quella nazionale”, scrive nella Prefazione Andrea Ricciardi.
“La sua Azione Cattolica era stata sempre quella dei movimenti di massa, popolari, più che di ‘gruppi’, come i Laureati Cattolici. Tanto che, prima della sua elezione a presidente dell’Associazione, Bachelet e mons. Costa lo interrogarono sui suoi rapporti con Luigi Gedda. Agnes era un montiniano, non un geddiano: difendeva la ‘scelta religiosa’ di Bachelet, che aveva portato fuori l’Ac dal collateralismo con la Dc, individuando una sua missione specifica laicale alla luce dell’evangelizzazione.
Tuttavia Agnes non rinnegava la militanza di giovane cattolico, gli entusiasmi per Pio XII in un’Italia che usciva dalle rovine della guerra e nemmeno l’Azione Cattolica di Gedda. Tuttavia, il presidente dell’Azione Cattolica, anche dopo la scelta religiosa, era un personaggio importante nel mondo cattolico: i politici democristiani lo cercavano e lo informavano. Ma lui faceva soprattutto molta vita associativa di base. Anche da direttore, non compariva mai ai ricevimenti – ad esempio del corpo diplomatico accreditato in Vaticano – cui era puntualmente invitato. Fu consigliere comunale di Roma per invito del Cardinal Vicario Ugo Poletti, dopo aver lasciato la presidenza. Con Poletti si trovava bene e ne amava lo stile pastorale e semplice alla guida della diocesi di Roma. Non si identificava con i politici. L’azione di Andreotti a Roma, sia nella Chiesa sia in politica, non incontrava il suo favore (e su questo la pensava come Poletti). Voleva tener distaccato il mondo della Chiesa dalla politica, anche se seguì con preoccupazione la crisi e la fine della Dc, che per lui – nonostante le critiche e le cadute – era un perno della democrazia italiana”, aggiunge Ricciardi.
“Era un cattolico papale”, ricorda Ricciardi. “Con Paolo VI, poi con Giovanni Paolo II. Per lui il cattolicesimo italiano aveva nel Papa una grande risorsa. Verso i cosiddetti cattolici democratici, sia nell’Azione Cattolica sia in politica, aveva scarsa simpatia”.
Ascolta QUI Ignazio Ingrao intervistato dalla Radio Vaticana