Il beato Rosario Livatino, un giudice “Sub Tutela Dei”

Il beato Rosario Livatino, un giudice “Sub Tutela Dei”

Rosario non passava dossier ai giornalisti, non parlava con alcuno del suo lavoro, rispettava le persone, indagati ed imputati, credeva nella sua indipendenza di giudizio

Di Diego Torre

IL GIUDICE RAGAZZINO verrà elevato all’onore degli altari domenica 9 maggio nella cattedrale di Agrigento.

La storia è nota. Uomo serio e zelante, giudice integerrimo, scrupoloso tanto da siglare dappertutto quanto scriveva con l’acronimo SBT (Sub Tutela Dei). Ma tante virtù non furono certamente apprezzate dalla “Stidda” siciliana che il 21 settembre del 1990 lo liquidò brutalmente, a colpi di pistola, a 37 anni, mentre si recava, senza scorta come sempre, a fare il suo lavoro in tribunale. Non aveva mai voluto la scorta perché «non voglio che altri padri di famiglia debbano pagare per causa mia».

Rosario non passava dossier ai giornalisti, non parlava con alcuno del suo lavoro, rispettava le persone, i diritti degli indagati ed imputati, credeva nella sua indipendenza di giudizio.

Così leggiamo un una sua relazione: “L’indipendenza del giudice non è solo nella propria coscienza, nell’incessante libertà morale, nella fedeltà ai principi, nella sua capacità di sacrificio (…) ma anche nella sua moralità, nella trasparenza della sua condotta anche fuori le mura del suo ufficio, nella normalità delle sue relazioni e delle sue manifestazioni nella vita sociale, nella scelta delle sue amicizie, nella sua indisponibilità ad iniziative e ad affari, tuttoché consentiti ma rischiosi, nella rinunzia ad ogni desiderio di incarichi e prebende, specie in settori che, per loro natura o per le implicazioni che comportano, possono produrre il germe della contaminazione ed il pericolo della interferenza; l’indipendenza del giudice è infine nella sua credibilità, che riesce a conquistare nel travaglio delle sue decisioni ed in ogni momento della sua attività. (…) Il giudice di ogni tempo deve essere ed apparire libero ed indipendente, e tanto può essere ed apparire ove egli stesso lo voglia e deve volerlo per essere degno della sua funzione e non tradire il suo mandato”.

E ancora nel 1986: “Il compito del magistrato è quello di decidere. Orbene, decidere è scegliere e, a volte, tra numerose cose o strade o soluzioni. E scegliere è una delle cose più difficili che l’uomo sia chiamato a fare. Ed è proprio in questo scegliere per decidere, decidere per ordinare, che il magistrato credente può trovare un rapporto con Dio”.

Emerge un autentico codice etico, quasi un giuramento d’Ippocrate per i magistrati, a cui Rosario si attenne sempre scrupolosamente!

Un giudice antimafia? No, ma un cattolico convinto e coerente! Dai pochi scritti lasciati si evince quanto la sua dirittura morale affondasse nella fede cristiana, negli anni dell’Azione cattolica e nella visita quotidiana al SS. Sacramento.

Leggiamo nel messaggio dei vescovi di Sicilia per la sua beatificazione che “occorre dare al discorso ecclesiale sulle mafie il suo il suo «timbro peculiare», per evitare di renderlo «più descrittivo che profetico». Ecco l’eredità di Livatino, di Puglisi e di innumerevoli altri fratelli e sorelle…”.

Bisogna ricercare le ragioni profonde della mentalità mafiosa e quelle della vita culminata nel martirio del giudice di Canicattì.

Leggiamo nel decreto sul martirio che Livatino era ritenuto “irriducibile a tentativi di corruzione proprio a motivo del suo essere cattolico praticante. Dalle testimonianze, anche del mandante dell’omicidio, e dai documenti processuali, emerge che l’avversione nei suoi confronti era inequivocabilmente riconducibile all’odium fidei (odio della fede)”, tanto che nel primo progetto l’omicidio era previsto “dinanzi alla chiesa in cui quotidianamente il magistrato faceva la visita al Santissimo Sacramento”.

Dice ancora il messaggio dei vescovi: «Il Signore ha benedetto ancora una volta questa nostra terra!». Sì, benedetta la Sicilia dal sangue di uno dei suoi figli. Ma che sia benedetta anche la magistratura italiana che vive il momento peggiore della sua storia, fra complotti, intrighi e favoritismi .

Che il beato Rosario Livatino ottenga da Dio tutte le benedizioni necessaria a restituircela integra e pura, come tanti uomini dello Stato che hanno versato il proprio sangue per la giustizia, l’hanno voluta e servita.

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